«’a munnezza è oro». La sapeva lunga il boss Nunzio Perrella. Nel 1988 fu lui uno dei primi a rivelare all’Antimafia di Napoli gli «appetiti» della Camorra sui rifiuti urbani del centro nord Italia. Di tempo n’è passato da allora, l’Ecomafia ora è una holding capace di muovere in un anno montagne di scorie industriali illegali. Legambiente le mette una sopra l’altra nel suo ultimo rapporto sulla criminalità ambientale e il naso, necessariamente rivolto all’insù, tocca quota 3100 metri. Tutto nel solo 2008, «quasi quanto l’Etna» ma qui la vetta è in mano alle cosche. «Un business di 20,5 miliardi di euro», si legge nel dossier presentato ieri. La Campania guida la classifica dell’illegalità, poi Calabria, Sicilia e Puglia. Ma il Lazio preoccupa sempre più e Lombardia e Piemonte seguono troppo in fretta.
Se prima, sottolinea il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, «i rifiuti del nord finivano al sud, nei cosiddetti tombamenti», ora veri e propri crateri tossici sono stati scoperti nel milanese grazie all’operazione Star Wars: 178mila metri cubi di rifiuti industriali gestiti da esponenti della ‘ndrangheta compromettono 6 ettari e mezzo di terreno.
Gli affari «sporchi» nella «munnezza» certo, ma anche nel cemento, oltre al racket degli animali, alle agromafie e alle aggressioni ai danni del patrimonio culturale. L’abusivismo edilizio infatti dilaga. spuntano 28mila nuove case illegali. Il Lazio supera la Sicilia e conquista il terzo posto nel cemento selvaggio. «Il territorio è gestito in modo criminale» sottolineò la procura di Tivoli. Ma il caso più singolare arriva da Ischia dove gli abusivi, torna a denunciare Legambiente, «hanno incontrato un alleato d’eccezione nel vescovo che ha lanciato un appello alla procura perché si eviti il «legalismo esasperato». Se poi il cemento si unisce ai rifiuti, come sembra accadere a Crotone, meglio ancora. Lì, secondo un’inchiesta della procura, le scorie tossiche dell’ex Pertusola Sud miscelate alle polveri dell’Ilva di Taranto sarebbero state utilizzate non solo come fondi stradali ma anche per la realizzazione dell’aeroporto di Reggio Calabria, per l’acquedotto locale e i cortili di tre scuole della provincia. Di scuole parlano anche due boss della ndrangheta. È il 7 marzo di due anni fa. A Bova, nel reggino, si lavora alla costruzione di un liceo. Uno vuole sempre meno cemento e più sabbia nel calcestruzzo. L’altro si infastidisce, «Così si brucia una pompa idraulica da 300mila euro». Alla sicurezza del nuovo edificio non ci si pensa.
I controlli passano dai numeri della magistratura e delle forze dell’ordine: quasi 26mila ecoreati accertati nel 2008. Tre ogni ora, poco meno di 71 al giorno. E ancora: 221 arresti (più 13,3% rispetto al 2007), oltre 9600 sequestri. «Un risultato eccezionale data l’assenza di risorse e strumenti giuridici ma non basta» denuncia il procuratore nazionale antimafia. È preoccupato, Pietro Grasso. Il ddl sicurezza in discussione alla Camera «limitava gravemente le funzioni di impulso e coordinamento per le indagini patrimoniali in sede di Antimafia assegnate da un decreto legge poi ratificato». Il ministro Alfano corre ai ripari e promette un passo indietro sul punto, ma Grasso sbotta ugualmente. I poteri «o mi si danno tutti o mi si tolgono». «Oltre ai mafiosi - incalza - ci sono i tecnici di laboratorio, i trasportatori. Le procure ordinarie accertano i reati, ma non riescono a vedere cosa c’è dietro, dobbiamo aggredire il fenomeno».