Campania, inquinati 1.760 chilometri quadrati
Simona Brandolini – Corriere del Mezzogiorno, ed. Napoli, 16 maggio 2007
Perché il governo ha emanato in tutta fretta un decreto per l'emergenza rifiuti che agisce anche in deroga alle leggi sulla tutela dell'ambiente e del territorio? E, soprattutto, perché il commissario Guido Bertolaso nei giorni scorsi ha lanciato l'allarme diossina? Ora è tutto chiaro. A leggere i dati ufficiali che a più riprese e in diverse sedi sono stati elaborati si comprende la gravità della situazione igienico sanitaria in Campania. A metterli insieme emerge un quadro a dir poco inquietante.
Partiamo dalle rilevazioni dell'Apat, l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente ( braccio operativo del ministero).
Sul totale del territorio nazionale ( esclusa la Sardegna) la Campania è prima per aree contaminate. In altre parole, il 43 per cento dei siti avvelenati in Italia è concentrato in Campania: in termini assoluti equivale a 1.763 km quadrati. Di aree inquinate il Piemonte industrializzato ne ha solo il 24 per cento. La Liguria, tanto per fermarci alle prime tre, solo l' 11 per cento. Il Litorale Domizio e l'agro aversano detengono il record negativo di 163 mila 887 aree inquinate, intendendo per tali sia il terreno sia lo specchio d'acqua. A Taranto, dove regna, città nella città, l'Ilva, ce ne sono 11mila 374; a Porto Marghera ( polo dell'industria chimica alle porte di Venezia) appena 5mila 790. In questi ultimi sono presenti dosi massicce di amianto. Ma, tornando alla Campania, da cosa viene contaminata? Soprattutto nella zona tra Caserta e Napoli in questi anni una miriade di inchieste ha portato alla luce un traffico esteso di rifiuti tossici. Una tra tutte l'inchiesta Cassiopea della Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal pm Donato Ceglie, che ha accertato come un'organizzazione criminale abbia smaltito illecitamente un milione di tonnellate di rifiuti pericolosi. L'ultima è di pochi giorni fa: sette aziende del casertano sono state messe sotto sequestro per la presenza di diossina nel latte bufalino destinato al settore caseario.
Siamo arrivati ad un altro capitolo: diossina. Anzi le diossine che derivano da tutto quello che viene trattato col cloro e che hanno capacità cancerogene, ma anche mutogene. Nel rapporto presentato il 12 aprile scorso proprio da Bertolaso emergevano due dati su tutti. « Quelli che noi diciamo da anni e ci dicono che siamo pazzi — dice il tossicologo oncologo del Pascale, Antonio Marfella — . E cioé che nel famoso triangolo della morte Acerra Marigliano Nola si sono registrate l' 84 per cento in più di malformazioni e ci si ammala di tumore sino al 20 per cento in più rispetto a tutto il resto d'Italia, zone industriali comprese » . Sono proprio i dati dell'Oms, l'organizzazione mondiale della sanità, a dimostrare quanto siano correlate la presenza di discariche, la concentrazione di ecomafie, con l'incidenza e la mortalità per cancro. Ma chi controlla e fa le analisi? È un altro aspetto quasi paradossale della vicenda.
Per rilevare la diossina ci sono doppie responsabilità. L'Arpac, l'agenzia regionale per l'ambiente, effettua i prelievi sull'erba e sul terreno. Ma non può elaborarli, li spedisce a società specializzate del Nord. Per ora. Il laboratorio di Agnano non è ancora in funzione, necessita ancora di nove mesi per aprire i battenti.
Da un paio di giorni poi per Acerra ( e solo per Acerra) è stato nominato commissario straordinario per il rischio diossina il sindaco Espedito Marletta. Quanto infine agli esami sugli animali e sull'uomo la competenza è dell'assessorato regionale alla Sanità. Anche in questo caso vengono spediti fuori regione. (1 continua)
In Campania 250 mila persone avvelenate dai rifiuti
Simona Brandolini – Corriere del Mezzogiorno, ed. Napoli, 17 maggio 2007
È come scoprire l'acqua calda. Tutti sanno che esiste, ma nessuno lo dice ( tanto esiste). Il disastro in Campania è evidente, è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno che lo ammetta apertamente. «Certo che i dati dell'Apat li conosco — afferma l'assessore regionale all'Ambiente, Luigi Nocera — . Ma mi sembra doveroso fare qualche precisazione».
Secondo i dati dell'Agenzia nazionale di tutela dell'ambiente ( riferiti al 2003 ed escludendo la Sardegna) in Campania ci sono il 43 per cento dei siti contaminati d'Italia: 176 mila ettari, 1796 chilometri quadrati di territorio e mare. Un'enormità.
Partiamo da qui.
«Prima precisazione — prosegue Nocera — la maggior parte delle competenze ce l'ha proprio l'Apat. Infatti si parla di siti di interesse nazionale. Quanto al problema della diossina è sempre l'Apat con l'Arpac che fa i rilievi. La Regione per ora è impegnata a spegnere gli incendi dei rifiuti per evitare dispersione di diossine nell'ambiente. Esiste poi un commissario straordinario per le bonifiche alle dirette dipendenze del ministero. Questo è il quadro, non faccio a scaricabarile. Ma questo è il quadro delle competenze» . Allora qual è la responsabilità di Palazzo Santa Lucia? «Uno dei punti della nostra programmazione europea futura è proprio dedicato al settore delle bonifiche, dai Regi lagni in giù — ancora l'assessore — . Da cittadino capisco e non ho problemi a dire che la situazione è drammatica, da politico dico che il problema ambientale in Campania sconta un periodo di gestione ambientale disastrosa se non inesistente. Da due o tre anni stiamo facendo la messa in sicurezza dei siti dei rifiuti. L'unica cosa che posso assicurare è che nella prossima programmazione grande attenzione e risorse saranno destinate alle bonifiche». Ma allora chi deve tutelare il territorio? «Tutti, nessuno escluso — termina Nocera — e quando dico questo mi riferisco ai primi responsabili, i comuni. Chi fa i controlli? L'Arpac fa il piano, ma sono i comuni che devono fare richiesta di analisi. Se c'è una discarica abusiva come faccio a saperlo se non me lo dice il sindaco? Chi me lo dice che ci sono i copertoni nel Vesuvio? Gli organi preposti sul territorio, cioé i comuni».
Siccome la responsabilità è anche dei comuni val la pena cacciare da un altro cassetto altri dati. Per carità anche questi conosciuti, ma forse troppo spesso dimenticati. Quelli sull'incidenza dei tumori maligni nel territorio dell'Asl Napoli 4, la più vasta e quella più colpita: 550mila 665 abitanti, 496 chilometri quadrati e 35 comuni a cavallo tra Napoli e Caserta. Una prima curiosità: il report è stato pubblicato ( dall'Organizzazione mondiale per la sanità, l'Istituto superiore di Sanità, dal Cnr e dalla Regione Campania) nel dicembre del 2006 ma si riferisce al periodo 1997 2002 e i dati sono stati confrontati con quelli nazionali. Per alcune patologie l'incremento registrato è pari al 400 per cento in più.
Parliamo di tumori maligni al polmone, alla laringe e alla vescica nei maschi e al fegato in entrambi i sessi. Si parla di almeno 250 mila persone «avvelenate» in vario modo da sostanze inquinanti.
Nel dossier, finito sulle scrivanie di Strasburgo nel 2006, ci sono anche le relazioni di Mauro Mazza del Cnr di Pisa e della ricercatrice britanni ca Kathryn Senior. Secondo gli studiosi, per il cancro al fegato l'indice di mortalità su centomila abitanti è, tra gli uomini, pari al 14 per cento in Italia, al 15 per cento in Campania, mentre svetta al 38,4 nel territorio dell'Asl Napoli 4 e al 35,9 per cento nel triangolo della morte Nola Acerra Marigliano. Per le donne, il tasso di mortalità è del 20,8 nell'Asl Napoli 4 e del 20,5 nel triangolo, contro il 6 della media italiana e l' 8,5 della Campania. C'è poi un'ulteriore elaborazione dei dati fatta dall'Oms in cui si evince che il tasso di mortalità negli uomini è aumentata del 19 per cento nei comuni della provincia di Caserta e del 43 per cento nella provincia di Napoli; per le donne del 23 per cento nel Casertano e del 47 per cento nell'hinterland partenopeo.
A chiusura della relazione si legge: «Le zone a maggior rischio identificate negli studi sulla mortalità e sulle malformazioni congenite in buona parte si sovrappongono e sono interessate dalla presenza di discariche e siti di abbandono incontrollato di rifiuti» . Un caso? Difficile da credere. La pensa così anche il professor Giuseppe Comella, direttore della Terapia medica del Pascale, che dice nella sua relazione al Parlamento europeo: «Il mancato intervento sul degrado ambientale verificatosi, potrebbe portare nei prossimi anni all'acuirsi di tali fenomeni con ancor più serie ripercussioni sulle condizioni di vita e salute della popolazione». ( 2 continua)
Campania, 2.550 aree contaminate ma nemmeno una è stata bonificata
Simona Brandolini , Fabrizio Geremicca– Corriere del Mezzogiorno, ed. Napoli, 18 maggio 2007
Per comprendere fino in fondo il disastro ambientale campano, di cui pare che solo ora si inizia ad avere contezza, c'è un ultimo capitolo: le bonifiche. Nell'annuario dell'Apat 2006 ci sono gli aggiornamenti sulla stato di inquinamento delle regioni. In Campania vengono indicati come siti potenzialmente contaminati 2551 aree ( in Lombardia 1237). Tra i siti da bonificare inseriti o inseribili in anagrafe ce ne sono 23 con sola indagine preliminare, 20 con il piano di caratterizzazione approvato, 3 con progetto preliminare approvato, 2 con progetto definitivo approvato. Alla voce bonificati compare uno zero spaccato. Lo stesso discorso vale per i cinque ( perché dal 2005 oltre a Bagnoli, Napoli Orientale, Litorale domitio e agro aversano, il litorale vesuviano è stato inserito anche il bacino del Sarno) siti di interesse nazionale avvelenati. Per intenderci quelli che da soli rappresentano il 43 per cento del totale nazionale del territorio inquinato. Alla voce bonifica ancora una volta c'è uno zero.
Passiamo alla Regione Campania al suo piano di bonifiche ( che per carità esiste ed è già una buona notizia) approvato nel 2005, completato nel 2006. Per 7 siti pubblici sono previsti 6 milioni di euro. Ma siamo nella fase di progettazione. Si tratta delle discariche di Serre, Sala Consilina, Benevento, Montesano sulla Marcellana, San Bartolomeo in Galdo e di Napoli piazzale Tecchio e del torrente Fenestrelle di Monteforte irpino. Con un ulteriore stanziamento di 4 milioni di euro sono stati previsti interventi in 256 siti. Dopo due indagini 151 sono risultati contaminati.
Nel frattempo la cifra prevista per la bonifica è passata da 4 milioni a 6 milioni 485 mila euro. Ora i comuni dovranno fare i piani di riqualificazione. Ma siamo ancora a zero bonifiche. Perché tra i piani e l'applicazione degli stessi ci passa il mare.
La conferma amara arriva il 3 aprile scorso. In quella data il professor Arcangelo Cesarano, subcommissario alle bonifiche viene ascoltato in commissione Ambiente. Sul sito del Senato c'è il resoconto stenografico di quella audizione. Cosa dice Cesarano in quella occasione? Che finora non è partita nessuna bonifica e soprattutto che mancano i fondi.
Facciamo un esempio. Ricordate Agrimonda? È la rivendita di fitofarmaci distrutta 12 anni fa da un incendio, a Mariglianella. Estate 1995 ma è come se il tempo si fosse fermato. Quei 4000 metri cubi di rovine materiale edile, ma pure sostanze chimiche sono ancora lì. « Non è stata effettuata neppure la caratterizzazione per capire quale sia il livello di inquinamento del terreno » , è una delle tante cose che dice Cesarano. La normativa prevede che la effettui il proprietario, a sue spese.
La ditta che gestiva la rivendita di fitofarmaci risulta però fallita. Il 19 dicembre 2006 Cesarano ha chiesto l'inter vento dell'Arpac per analizzare il liquido rinvenuto nel sottoscala degli uffici. Agrimonda non è un caso isolato, tutt'altro. Rientra nel sito di interesse nazionale del Litorale Domitio e agro Aversano.
Dovrebbero essere in corso interventi di radicale disinquinamento dei terreni, delle acque, del sottosuolo. In realtà mancano i soldi, nonostante nel 1997 fossero stati stanziati dallo Stato 174 milioni di euro. Sono stati dirottati sull'emergenza rifiuti. « Ho chiesto alla Regione di ripristinare le somme distolte — ha riferito ai parlamentari Cesarano — . Fino ad ora sono stati però recuperati solo 50 milioni di euro di fondi ordinari » . Meno di un terzo della cifra iniziale. Altri 53 milioni di euro sono arrivati con i fondi Por 2000 2006: 27 per l'Area orientale, 17 per il Litorale domizio, 9 per Bagnoli.
Insufficienti. Nel Litorale Domitio e Agro aversano, per esempio, sono state rimosse solo 1.400 tonnellate di ma teriale, prevalentemente inerti dell'edilizia. Briciole, perché nei 77 comuni del sito il commissariato stima che vadano portate via 800 mila tonnellate di materiali, almeno il 10 per cento dei quali sono rifiuti tossici e nocivi. « Non abbiamo neanche una conoscenza adeguata della situazione della falda sotterranea » , ancora Cesarano ai senatori.
Materialmente, le operazioni di bonifica sono affidate alla Jacorossi, una società che opera sulla base della convenzione che stipulò, sei anni fa, col ministero dell'Ambiente, con la Regione e con il commissariato alle Bonifiche.
Tre senatori di Rifondazione Franco Russo Spena, Raffaele Tecce e Tommaso Sodano hanno presentato un anno fa un'interrogazione parlamentare sull'operato della società. « Da verifiche effettuate dalla provincia di Caserta e di Napoli — si legge — emergerebbero gravi irregolarità a carico di Jacorossi spa, relative allo smaltimento di diverse decine di migliaia di tonnellate di rifiuti » . Denunciavano, inoltre, che le bonifiche erano praticamente ferme, nonostante alla Jacorossi fossero state trasferite già risorse per 65 milioni di euro. Tredici mesi più tardi poco è cambiato. Certo, sta per essere assegnata la gara di appalto per la realizzazione di due stazioni di pompaggio dell'acqua di falda inquinata ad Acerra e sono state condotte alcune operazioni di messa in sicurezza provvisoria, per esempio alla discarica So. Ge. Ri. Interventi parziali.
Ma tanto per non farsi prendere da un pessimismo cosmico, ci conforta che il piano regionale ci sia. Ci conforta che ci siano tante istituzioni sul campo ( ministeri, regione, agenzie, comuni, commissariati e così discorrendo). Ora vorremmo vedere anche qualche ruspa in azione. ( 3 fine)