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(red.)
Cambiano le cose, sulla via commerciale
5 Settembre 2006
Il territorio del commercio
Un editoriale del Guardian, 10 marzo 2006, e una inchiesta nazionale sul ruolo sociale della grande distribuzione (f.b.)

Titolo originale: Change on the high street – Traduzione per Eddyburg Mall di Fabrizio Bottini

Lo Office of Fair Trading [autorità per la libera concorrenza] ha fatto benissimo ieri a raccomandare una nuova indagine sul potere di mercato dei supermercati britannici, anche se essi sono stati analizzati solo nel 2000. Sono successe tante cose da allora – come la marcia inarrestabile di Tesco e l’esplosione dei negozi di beni di prima necessità posseduti dalle grandi catene nei centri città – che una nuova inchiesta era più che necessaria da tempo. Anche l’atteggiamento della politica rispetto al mondo commerciale si è modificato, il che appare dal fatto che sia i Liberaldemocratici che i Conservatori hanno accolto con favore la decisione: i Tories hanno richiesto addirittura una indagine più approfondita sul futuro delle high streets, auspicio ripreso dalla New Economics Foundation che descrive i negozi di quartiere come “il collante sociale delle nostre comunità”.

Secondo lo OFT, il settore dei beni di prima necessità è cresciuto del 31% negli ultimi cinque anni (contro il 24% del commercio alimentare in genere) con i quattro giganti – ma principalmente Tesco e Sainsbury's – che hanno spinto i propri punti vendita a un’esplosione da 54 a 1.306. I supermercati ne escono molto bene. Lo OFT ha rilevato che c’è stato un significativo incremento nella varietà di prodotti venduti (il che non ha impedito che godessero di un boom i piccoli negozi di cibi naturali). Più in particolare, è emerso che i prezzi, al netto dell’inflazione, sono diminuiti del 7,3% negli ultimi cinque anni, a prima vista quindi nessun segno di abuso di monopolio. Ma questa è solo una parte della cosa, perché i supermercati sono accusati di price flexing (prezzi più alti dove la concorrenza è più debole) e vendite sottocosto per acquisire quote di mercato. Le imprese locali, che già trovano impossibile concorrere col sistema globale di approvvigionamento di entità come Tesco, non meritano di subire anche questi tagli di prezzo predatori. Lo OFT ritiene anche che il sistema di pianificazione urbanistica agisca contro i nuovi ingressi nel settore e che i grandi supermercati con le loro scorte di terreni rendano difficile l’insediamento a nuovi soggetti. I supermercati rispondono che le proprie scorte di terreni sono vaste solo perché i pubblici poteri non li lasciano crescere.

Cosa succederà ora? Il governo deve accogliere queste raccomandazioni, ma ampliare il campo. I supermercati non sono solo negozi alimentari, vendono un ventaglio sempre più ampio di prodotti di consumo, elettronici, farmaceutici, servizi finanziari, giornali, che stanno colpendo la vitalità di altri negozi delle vie commerciali. I poveri sono i soggetti colpiti più duramente, dato che non possiedono automobili per raggiungere i nuovi superstores. La questione centrale è se gli indubbi benefici e popolarità dei superstores siano superati dai gravi effetti che essi hanno su modi di vita che, una volta persi, saranno persi per sempre.

Nota: su queste pagine, anche estratti dal citato rapporto del New Economics Forum sulla "morte della diversità" e le Città-Clone, indotti dai monopoli della grande distribuzione in Gran Bretagna (f.b.)

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