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Valentina D'Amico
Bufala & monnezza
29 Dicembre 2009
Rifiuti di sviluppo
Dietro gli annunci sulla fine dell’emergenza rifiuti si nasconde una realtà molto diversa. E inquietante. Su Il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2009 (m.p.g.)

“È finita l’emergenza rifiuti in Campania”, ha dichiarato in conferenza stampa il sottosegretario Guido Bertolaso il 17 dicembre scorso al termine del Consiglio dei ministri che ha emanato un decreto legge in materia. È vero, se fine dell’emergenza significa il formale passaggio delle competenze dal Commissario straordinario a Regione e Province, come prevede il decreto. Ma questi lunghi 15 anni hanno provocato un tale disastro al territorio campano cui difficilmente, Regione e Province, riusciranno a rimediare.

FORMAGGI E RIFIUTI.

Basta andare nelle campagne del casertano per capirlo. E nessuna storia lo chiarisce meglio di quella dell’azienda bufalina “Cesare e Giulio Iemma”, di Pastorano, provincia di Caserta, patria del caratteristico formaggio filante. La famiglia Iemma vanta due primati: quello di gestire il primo caseificio al mondo ad aver trasformato il latte di bufala in mozzarella, ricotta, provola e burro; e quello di prima azienda ad aver introdotto la mungitura meccanica. Un’azienda che esporta in tutto il mondo, con standard di qualità massimi certificati dall’americana Food & Drug Administration, e un fatturato di quasi 8 milioni di euro al 30 novembre 2009. Un’azienda che in altri Paesi e contesti verrebbe trattata con i riguardi che spettano all’eccellenza. Ma in Italia, e in Campania, invece di essere valorizzata e protetta, è costretta a sorvegliare pezzo pezzo il territorio confinante, per evitare che vi installino impianti di stoccaggio di rifiuti, anche speciali (e quindi più pericolosi) che possono inquinare il terreno, l’aria, l’acqua.

L’ASSEDIO.

Fra le tante battaglie intraprese, una dura ormai da un anno e mezzo. Da quando gli Iemma hanno scoperto che un sito per l’assemblaggio di pannelli fotovoltaici era stato trasformato in stoccaggio di rifiuti speciali con il beneplacito di Regione e Provincia e la benedizione della chiesa locale. La storia comincia nel 2000, quando su un terreno vicino, la Curia di Capua ottiene la concessione edilizia per realizzare i capannoni per i fotovoltaici, che nel 2005 cede alla società Esogest Ambienti srl, di Casapulla, che si occupa invece della gestione integrata dei rifiuti liquidi e solidi. La società chiede e ottiene senza tanto penare le autorizzazioni per convertire l’attività. Regione e Provincia infatti esprimono parere favorevole di compatibilità ambientale, senza compiere “alcun sopralluogo tecnico necessario per acquisire una più approfondita cognizione del contesto”.

Lo dice il Tribunale amministrativo regionale al quale diciotto mesi fa si sono rivolti gli Iemma insieme ad altri imprenditori bufalini della zona, una volta smascherato l’inganno, ben coperto. Il decreto regionale di autorizzazione dell’impianto, infatti, dopo mesi dall’adozione e fino al ricorso al Tar, non era stato ancora pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione. Il “contesto” di cui parla il tribunale è quello di “un territorio sin dall’antichità definito felix per la fertilità del terreno” spiega Giuseppe Messina, agronomo, funzionario del ministero dello Sviluppo economico, negli anni Novanta vicesindaco di Caserta.

Una zona che ospita più dell’80 per cento del patrimonio bufalino italiano, prima per la produzione di fragole, di nettarine, seconda per la produzione di ciliegie. Conta ben 13 prodotti fra Igp, Dop e Doc, tre marchi di acque minerali conosciute in tutto il mondo” dice Messina. Il Tar ha dato ragione agli imprenditori annullando i decreti istituzionali, ma per un anno e mezzo (la sentenza del tribunale è del 6 febbraio 2008) è rimasto tutto bloccato al Consiglio di stato che solo l’11 dicembre scorso ha ascoltato la Esogest che aveva proposto appello insieme alla Regione. “La nostra terra – dice Manuela Vigliotta – è preda di continui attacchi concentrici. Qui non è solo un fatto di camorra, ma anche di mala politica, di interessi industriali. Come si fa a competere?”.

QUINDICI CHILOMETRI.

L’obiettivo è scongiurare che si estenda anche a queste terre delicatissime quella invasione di ecoballe e di tonnellate di rifiuti sversati appena 15 chilometri più in là, nei vari impianti eredità del quindicennio dell’emergenza. Fino alle ultime discariche previste dal governo nel 2008 “per legge, quindi senza alcun accertamento tecnico preventivo – afferma Lorenzo Tessitore del Coordinamento regionale rifiuti (Co.re.ri) – per far fronte proprio all’emergenza, così ci è stato detto”. “Per capirsi – dice l’agronomo Messina – il tutto sta in due Comuni, San Tammaro e Santa Maria La Fossa. Si dice, in un Comune abbiamo fatto un impianto, poi faremo una discarica in un altro. Ma si presuppone che gli impianti distino fra loro centinaia di chilometri”. Invece sono appena 320 metri quelli che separano il sito di stoccaggio di Ferrandelle nel Comune di Santa Maria La Fossa, da quello di compostaggio di San Tammaro che è affiancato alla discarica “Maruzzella 1” e al sito di stoccaggio “Maruzzella 2”.

Alle spalle c’è la nuova discarica “Maruzzella 3”, da un milione 600mila metri cubi. È la più grande in regione, aperta con un’ordinanza del presidente del Consiglio nel 2008, la stessa che sempre a San Tammaro ha previsto anche un sito di stoccaggio delle ecoballe da bruciare nel costruendo inceneritore di Santa Maria La Fossa, su cui la magistratura avrebbe scoperto la longa manus del clan dei Casalesi. Un chilometro e mezzo più avanti ci sono altre due discariche, “Parco Saurino 1” e “2”, e la vasca di “Parco Saurino 3” mai utilizzata. Alle spalle, lo Stoccaggio di ecoballe di Pozzobianco. “Insomma, nel ventricolo sinistro della produzione di elezione dell’agricoltura casertana – afferma Messina - sono state allocate 6-7milioni di tonnellate di rifiuti che costituiscono un bubbone gravissimo per l’economia, il territorio e l’ambiente”. “È evidente - dice Tessitore - che l’emergenza non è stata affatto risolta, solo spostata dalle città alle campagne”.

L’emergenza mai risolta dell’immondizia campana

La crisi dei rifiuti in Campania è iniziata nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del primo commissario di governo con poteri straordinari a causa dello “stato di emergenza” relativo allo smaltimento ordinario dei rifiuti solidi urbani (Rsu). L’11 febbraio 1994 l’allora presidente del Consiglio dei ministri, Carlo Azeglio Ciampi, ha emanato un decreto. Con quel provvedimento il governo italiano prendeva atto dell’emergenza ambientale che si era venuta a creare nelle settimane precedenti in numerosi centri campani, a causa della saturazione di alcune discariche. Si individuava nel prefetto di Napoli l’organo di governo in grado di sostituirsi a livello territoriale a tutti gli altri enti locali coinvolti a vario titolo e, quindi, preposto a esercitare i poteri commissariali straordinari. Lo stato di emergenza in Campania è cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, in conseguenza di un decreto legge approvato dal governo il 17 dicembre 2009, che ha fissato il 31 dicembre 2009 come il termine dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario.

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