Attenzione. In questi giorni nella Casa della libertà e in Forza italia è avvenuto un fatto nuovo, c'è stata una svolta. Non pensiamo ai sondaggi che indicano una ripresa del partito di Berlusconi. I sondaggi, quando sono fatti bene, fotografano al massimo uno stato d'animo, una richiesta. Non pensiamo neppure all'ordine che pure il capo di Forza Italia è riuscito a fare nel suo schieramento e fra i suoi alleati. Quel che è avvenuto in queste settimane, da quando, per intenderci, è stata decisa la riduzione fiscale, è molto più importante e profondo. Per la prima volta, dopo la sconfitta delle elezioni europee e dopo la evidente crisi del berlusconismo, il Cavaliere ha dimostrato di potere uscire dalla stretta. Per la prima volta, dopo il messaggio del 1994, ha inviato un altro messaggio "rivoluzionario", capace, cioè di ricompattare il suo elettorato e di ricostruire un progetto, un immaginario, una idea forte di società.
A Mestre Berlusconi ha chiarito quel che già altre volte aveva detto, ma questa volta con la forza di chi le cose le può fare. La riduzione delle tasse è un fatto strategico. L'obiettivo è che nessuno, neanche i più abbienti, paghino allo Stato più di un terzo del loro reddito. Questo - ha affermato - è un diritto naturale. Non lo ha detto solo per lisciare il pelo a chi ha di più. Lo ha detto per chiarire una idea di società e di Stato molto simile - per intenderci - a quella del "paese dei proprietari" espressa da George W. Bush, cioè di uno Stato con confini ben circoscritti e limitati, che si ritira da molti dei suoi compiti, che si affida ai singoli, alla loro libertà. La stessa idea che Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia e ora vicepresidente di Forza Italia, aveva erspresso in una nota intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della sera. «Il tema fiscale - aveva detto - non è tema economico, è il tema politico per eccellenza… è il confine fra proprietà e libertà, tra privato e pubblico».
Berlusconi non ha annunciato un programma di macelleria sociale (questa seguirà, se mai, nei tempi dovuti) ma una visione della società sulla quale spera di avere il consenso dell'elettorato, non vuole parlare di tagli anche se di tagli ne farà e ne farà fare molti, ma di battaglia di lungo periodo di cui ha individuato le tappe e i fini per cambiare valori e assi portanti del vivere sociale.
Non è detto che il progetto riesca. Ma non è un progetto di basso livello, non è un progetto tattico, non è solo a fini elettorali.
Esso ha ovviamente molte incognite. La prima: gli alleati, l'Udc e An, che sono gran parte di quel "partito della spesa" tanto, ostacolato da Tremonti, seguiranno Forza Italia in questa idea di ritirata dello Stato? Non è detto, e nuove contraddizioni possono aprirsi.
La seconda, forse più importante, è la seguente: quando si passerà dalle parole ai fatti e lo Stato inizierà effettivamente la sua cura dimagrante e alcuni servizi non verranno più assicurati quale sarà la reazione dei cittadini? Gli italiani, per fare un esempio, hanno espresso in tutte le ricerche, i sondaggi, (vedi ultimo rapporto Censis) un alto gradimento per il servizio sanitario pubblico. Che cosa avverrà quando lo Stato, ritirandosi, spingerà fette crescenti di cittadini verso forme di assistenza privata, lasciando al pubblico, secondo il modello americano del "Medicare", l'assistenza ai meno abbienti?
La terza incognita riguarda la capacità delle opposizioni. E qui si apre un capitolo molto complicato perché la strategia di Berlusconi riapre i giochi. Finora gran parte delle opposizioni ha puntato il dito e le sue speranze di rimonta sulla crisi economica, sul disagio crescente del ceto medio, sull'impoverimento drastico della parte meno abbiente del paese, sulla riduzione del potere di acquisto, sulla crisi di competitività. Ha puntato - si può dire - a un meccanismo automatico che portasse dalla crisi economica e dai suoi riflessi sociali alla necessità del cambiamento politico. Ha ragione Giuseppe Caldarola quando sul Riformista spiega che questa connessione automatica non è detto che funzioni. Ricordiamo le elezioni americane? Bush ha vinto con i voti popolari. Per lui hanno votato anche gli operai dell'Ohio colpiti in massa dalla disoccupazione. Forse - aggiungiamo - quel meccanismo automatico su cui pare voler puntare gran parte della Gad aveva qualche possibilità in più di funzionare in assenza di una strategia, di una proposta di società e di stato, della riproposizione di un immaginario di libertà, di proprietà, di efficienza; ma adesso Berlusconi pare poter riproporre tutto questo. E allora? Lo sappiamo bene. Il sogno una volta si è infranto e si può infrangere una seconda volta. Ma non è detto. Alle elezioni politiche mancano diciotto mesi, a quelle regionali meno di quattro. Quale è il progetto di società che le opposizioni propongono alle italiane e agli italiani, quale rapporto fra pubblico e privato, quale welfare? Ma anche quale idea di libertà, di libertà personale e collettiva? Quale idea dello Stato e dei servizi?
Veniamo da un periodo non troppo lontano in cui gran parte del centrosinistra è caduta in un innamoramento irresponsabile per le privatizzazioni e per la flessibilità. Oggi non sono pochi quelli che si sono ricreduti. Veniamo da un periodo non troppo lontano in cui un governo di centrosinistra ha appoggiato e fatto una guerra (Kosovo). Oggi le voci critiche e di condanna per la guerra irakena sono molte. Veniamo da un periodo in cui la politica di sinistra pareva aver delegato alla magistratura i grandi temi della libertà dei singoli. Oggi c'è più prudenza.
Ma autocritica, prudenza, dubbio, non bastano. Ci vuole il coraggio di fare una proposta sociale alternativa. E di esempi se ne potrebbero avanzare molti. Uno per tutti. Non basta dire che c'è la crisi economica ed abbracciare la Confindustria che, a sua volta, lo dice con forza. Bisogna dire che i salari sono del tutto inadeguati e proporre "contro" la Confindustria un aumento generalizzato di salari, stipendi e pensioni. E dare su questo terreno segnali veri di affidabilità. Allora le cittadine e i cittadini potranno scegliere fra una riduzione delle tasse minima e solo per i ricchi che porta alla riduzione dei servizi e un aumento reale del proprio reddito.
Abbiamo l'impressione che su questa strada la Gad sia in ritardo. Ma è una strada ineludibile per vincere. Non solo le elezioni.