Il superuovo. 8 giugno 2018. Un articolo di introduzione a Auroville. Tra l'esperimento sociale e il sogno, la città è stata fondata nel 1968. Virtuosa da molti punti di vista, l'insediamento è più vicino a una riserva che a una città. (i.b.)
Cinquanta anni fa un gruppo di giovani fondò la città di Auroville nello stato del Tamil Nadu, in India. L’idea fu di Mirra Alfassa, nota con il nome di “Mère” (“La Madre”), collaboratrice e seguace de filosofo indiano Sri Aurobindo. La “città dell’aurora” funziona in modo autosufficiente grazie all’energia solare e si fonda sull’agricoltura biologica ed il riciclaggio della quasi totalità dei materiali. Si struttura sulla proprietà collettiva, senza leggi e forze dell’ordine e coltiva l’arte spontanea, la quiete e la meditazione.
Dal sito auroville.org |
Fin dai suoi albori è stata definità come la “città utopica“, tralasciando il fatto che, in quanto tale, è impossibile realizzarla concretamente. La città può crescere e sopravvivere grazie ai finanziamenti dell’Unesco, della Comunità Europea e del Governo Indiano. Il loro largo investimento nel progetto garantisce un bilancio annuale complessivo di circa cinque milioni. Ed ecco che vediamo decadere i maggiori motivi di prestigio e vanto dei cittadini dell’aurora: l’autosufficienza e la pace. I due valori sono strettamente legati tra loro e intrattengono una relazione triadica con l’elemento fondamentale: i soldi. Non possiamo non considerare questo fattore e tralasciare il triangolo che Renato Zero non aveva considerato: è naturale che con la disponibilità pressochè infinita di risorse i motivi di conflitto all’interno della comunità vengano meno; la città, nata da un impulso spontaneo e dalla volontà di meditazione, è diventata praticamente un mero esperimento sociale in cui l’artificialità fa da padrone.
Dal sito auroville.org |
Il modo di vivere all’interno di Auroville ricorda la “città dei maiali” descritta da Platone nel secondo Libro della Repubblica: è una città giusta e ben funzionante ma emergono chiaramente due differenze rispetto alla città “sana” costruita mentalmente da Socrate: questa pone le sue fondamenta sul bisogno degli individui che può essere meglio soddisfatto all’interno di una comunità che vive all’insegna dell’okeiopragia ossia il principio di specializzazione. In un secondo momento Platone–Socrate introduce la moneta ed ecco la seconda differenza con Auroville: la città dei maiali è una città economica che intrattiene scambi commerciali con l’esterno pur mantenendo la sua autonomia ed autenticità. La città dell’aurora, invece, è quasi rinchiusa in una bolla, i suoi abitanti sembrano vivere un estraniamento dalla realtà poichè non costretti a guadagnarsi da vivere, ma sovvenzionati come cavie di un bell’esperimento che devono starsene buone, coltivare la terra, pregare, volersi bene e vivere felici e contente. L’esperimento è sicuramente riuscito, ma non può essere considerato come un modello esportabile e universale proprio poichè pecca di totale dipendenza da fonti esterne. E’ un ibrido tra un angolo di paradiso ed un inferno potenziale a rischio implosione nel caso si dovessero fermare i sovvenzionamenti. Una città che manca di specializzazione tra i suoi membri, inoltre, è probabilmente condannata a restare ferma e a non progredire, totalmente estraniata rispetto ad un mondo che forse il progresso lo rincorre in modo troppo vorace.
Tornando a Platone e procedendo nella lettura del dialogo emerge ulteriormente l’inadeguatezza di una città come quella di Auroville: Glaucone, interlocutore di Socrate e signore del dialogo, evidenzia come l’uomo non può essere solo bisogno: l’uomo è desiderio e nella città dei maiali lo spazio per il desiderio non c’è; l’appellativo “suino” non è da intendere in senso dispregiativ, ma indica coloro che si accontentano di poco.
Ovviamente la città del desiderio tanto lodata da Glaucone è Atene ed i problemi non mancano anche qui: una città desiderante è facilmente portata alla degenerazione ed è su questo filo conduttore che Platone porterà avanti i restanti otto Libri dell’opera.
Nonostante tutti i suoi limiti è importante evidenziare che la città dell’aurora, pur essendo artificiosa, pur essendo poco realistica, pur essendo a tratti moralmente ingenua e quasi perbenista, offre lo spaccato di un mondo alternativo, non realizzabile,ma alternativo. I valori dell’uguaglianza, del rispetto della natura e del prossimo, della gentilezza, della riflessione, se attualizzati potrebbero costituire un punto di partenza per una riflessione meno sognante e più concreta sulla nostra realtà di uomini desideranti in un mondo altrettanto desiderante.