Parte l’assalto al verde del Parco Sud. Ci si lavora dal 2006, e da oggi i Piani di cintura urbana iniziano il loro iter amministrativo. I Pcu sono cinque progetti urbanistici che riguardano aree del parco Sud, vincolate alla destinazione agricola, in territorio perlopiù di Milano e marginalmente dell’hinterland. L’accordo fra la Provincia (ente gestore del parco Sud), e il Comune di Milano prevede che poco più dell’8% di questi terreni, originariamente inedificabili, venga costruito, per reperire i soldi necessari a salvaguardare il resto. Ancora non si sa, però, quale sarà l’indice di edificabilità concesso. La Provincia calcola che, se anche Milano fissasse un tetto minimo, il nuovo costruito non potrebbe essere contenuto nell’8% reso edificabile.
Più cemento nel Parco Sud si costruirà nell’8% dell’area
di Stefano Rossi
Non ci sono solo l’Expo e le grandi infrastrutture. A delineare il volto futuro di Milano concorrerà in modo decisivo l’assetto delle ultime aree agricole della città, in discussione oggi di fronte al direttivo del Parco Sud. Il direttivo raccoglie i Comuni inclusi nel parco e deve dare un parere sui Piani di cintura urbana (Pcu), cinque grandi progetti che coinvolgono Milano e, in parte, l’hinterland per 4.800 ettari, oltre un decimo dei 46.000 dell’intero Parco Sud. Il protocollo concordato fra il parco, governato dalla Provincia, e i Comuni, prevede che l’82% del territorio rimarrà verde: agricolo, naturalistico, parco pubblico; un 8% sarà destinato a impianti ricreativi e sportivi (possibile ad esempio l’ampliamento del parco Acquatica a Quinto Romano); un altro 8,15% sarà destinato a edilizia e infrastrutture.
Il braccio di ferro si esercita su questo 8,15 per cento. Per gli ambientalisti è una perdita secca, poiché si parla di aree già vincolate a verde. Milano sostiene invece che sia l’unica strada, poiché il Parco Sud, ripete spesso l’assessore all’Urbanistica, Carlo Masseroli, «oggi è solo degrado». Nel mezzo sta la Provincia: «Edificare ci permette di finanziare la costruzione del verde, altrimenti l’agricoltura è conservata solo sulla carta», spiega Ugo Targetti, architetto già vicepresidente della Provincia nella giunta Tamberi e ora consulente sui Pcu.
In pratica gli oneri di urbanizzazione delle nuove case pagherebbero il verde: i filari lungo i canali, i boschi, insomma gli abbellimenti elencati fra i doveri degli agricoltori che coltivano i terreni. Va però messo a punto - con successivi accordi di programma fra il parco Sud, la Provincia e i Comuni - il meccanismo di scambio con i grandi proprietari immobiliari. La Provincia punta alla compensazione: per ogni metro quadrato di cemento, 10 metri quadrati di area agricola ceduta in proprietà al parco. Oppure 20 affittati all’agricoltura con contratti almeno ventennali, perché il degrado è dovuto in buona parte al fatto che ai conduttori dei fondi ottengono solo contratti brevi, che scoraggiano gli investimenti.
Il Comune di Milano crede invece nella perequazione, criterio guida del Piano di governo del territorio che sostituirà il Piano regolatore e andrà approvato entro il marzo 2009. Vuol dire assegnare un indice edificabile anche alle aree agricole (e dunque non edificabili, come quelle nel Parco Sud) e cumularlo con l’indice di altre aree, a loro volta invece edificabili. In cambio, le aree non edificabili passano in proprietà al Comune. «Per noi è il sistema più efficace», scommette Masseroli. Targetti replica «che la cessione al parco di singole aree rischia di bloccare qualunque intervento, fino a che non si realizza una certa continuità del territorio. Il rischio è che non si veda progredire il parco mentre le case vengono su».
Nel direttivo del Parco Sud, Milano ha il coltello dalla parte del manico: forse per la prima volta, con le ultime elezioni la maggioranza delle amministrazioni in provincia è passata al centrodestra. Ma non ci si può nascondere che anche diversi Comuni di centrosinistra sono insofferenti dei vincoli ambientali.
Il valore del paesaggio
di Paolo Hutter
Di nuovo è a rischio il Parco Sud, il territorio agricolo nella periferia meridionale di Milano che ha finora - faticosamente - resistito all’avanzata del cemento. L’opposto anche geografico della via Gluck, un esempio di sostenibilità, di possibile inversione della tendenza.
Recentemente Carlin Petrini lo ha candidato a luogo di sperimentazione della filiera corta, ovvero di quella vicinanza tra produzione e consumo dei prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento che viene indicata come la soluzione del buon tempo antico alla crisi global dell’energia fossile. La candidatura sarebbe di particolare attualità perché l’alimentazione sarà tema centrale dell’Expo. Se non fossero rimasti terreni agricoli fin nel cuore della periferia Sud di Milano bisognerebbe inventarli, decementificare qualche pavimento di fabbrica dismessa. E invece siamo qui a fare il tifo, temendo che dal direttivo del Parco possa venire un qualche via libera al sacrificio di pezzi del Parco Sud, magari col pretesto di renderli più fruibili.
Nei mesi scorsi dal Comune di Milano erano venute anche affermazioni esplicite sul «degrado» che deriverebbe da zone agricole non presidiate da attività e da edilizia. Fatto sta che oggi invece la partita si gioca attorno a concetti complicati, cose da addetti ai lavori come la «perequazione» urbanistica. In sostanza il Comune dice: «Non preoccupatevi se diamo un indice di edificabilità alle aree agricole, poi lo trasferiamo altrove». Ovvero aumentiamo ulteriormente le cubature in altre parti della città, il verde complessivo resta sempre lo stesso, e se necessario mangiucchiamo anche qualche pezzo di parco Sud, tanto si tratta di sterpaglie, non di parchi pubblici con le panchine. Questo è dunque il pericolo. I Comuni vengono indotti a rendere edificabili nuovi terreni dalla sete della moneta sonante degli oneri di urbanizzazione, che rischiano di diventare indispensabili addirittura per la spesa corrente. Ma se concordiamo sul valore «inestimabile» dell’agricoltura, del paesaggio, della sostenibilità proviamo ad alzarne il valore reale. Tanto più che il passato mica tanto passato delle influenze ligrestiane induce a una saggia diffidenza.
E Ligresti pregusta un’altra vittoria sull’asse via Ripamonti-Cerba
di Stefano Rossi
Milano ricomincia a costruirsi. Altro che saturazione degli spazi, l’assalto alle ultime aree libere -aree pregiate, ai margini della città edificata, 3-4 chilometri dal Duomo - riparte. È questo il quadro presente, e più ancora, futuro, che si sta preparando. Oggi il Parco Sud è considerato degradato.
Degradato perché nelle aree tutelate si sono insediati abusivamente discariche e sfasciacarrozze. Impossibile un recupero, meglio rinunciare a quei terreni. Ma questo impasse vale il sacrificio di oltre l’8% di territorio già vincolato che forse - è la critica - si poteva proteggere meglio? No, secondo Legambiente: «Non siamo per principio contro la perequazione, ovvero lo scambio di indici di edificabilità ai privati contro la cessione delle aree inedificabili dai privati al Comune di Milano - spiega il presidente lombardo Damiano Di Simine - il punto vero è quale indice di edificabilità concederà il Comune».
Per altri motivi, anche i grandi proprietari di aree nel Parco Sud stanno cercando (e ci stanno riuscendo), di moderare la perequazione. L’assessore comunale all’Urbanistica, Carlo Masseroli, vuole estenderla ai Pcu perché ne ha fatto il cardine del suo Piano di governo del territorio, gli immobiliaristi chiedono che sia facoltativa. In altre parole, l’assegnazione di un indice virtuale di edificabilità su aree agricole non obbligherebbe alla perequazione e alla cessione delle aree stesse al Comune.
Il perché di questa scelta dei grandi proprietari (ma soprattutto di uno, Salvatore Ligresti) lo spiega bene l’esempio del Cerba, il Centro europeo di ricerca biomedica del professor Umberto Veronesi. Sorgerà, con 30 ettari di padiglioni ospedalieri e 30 di parco, su un’area di Ligresti. Ma è di Ligresti anche il terreno non distante su cui è sorto lo Ieo, l’Istituto europeo di oncologia, sempre di Veronesi. E mentre l’ingegnere di Paternò comunicava all’assessore azzurro Masseroli le sue perplessità sulla perequazione, la giunta provinciale di centrosinistra stralciava il Cerba dal Pcu 3, sottraendolo alle norme vincolistiche e aprendo un fronte di crisi in maggioranza con i Verdi.
Commenta proprio un verde, il consigliere comunale Enrico Fedrighini: «Ligresti costruisce a CityLife, dove con Impregilo partecipa pure agli scavi della Linea 5. Ha una quota minoritaria, rispetto a Hines, di Garibaldi-Repubblica. Farà il Cerba. È l’ultimo grande pianificatore rimasto, peccato che non si preoccupi della crescita della città ma dei suoi affari. Del tutto legittimo, ma se riesce a condizionare le scelte strategiche della città è perché la politica glielo consente».
A giugno la Mm ha ricevuto l’incarico per uno studio di fattibilità della Linea 6 lungo via Ripamonti con capolinea al Cerba. Significa superare il limite della città e raggiungere il nuovo avamposto edificato del Cerba. Che fine potrà mai fare la campagna che ci sta in mezzo? La ricostruzione castastale di Fedrighini rivela come tutto l’asse a est di via Ripamonti, a sua volta da raddoppiare, appartenga alla Immobiliare Costruzioni di Ligresti. Saper aspettare, a volte, vale davvero la pena.
Beninteso, nei Piani di cintura urbana (Pcu) ci sono anche previsioni di sicuro valore ambientale. Nel Pcu 4 si potrebbe collegare l’Idroscalo con le cave (trasformate in laghetti) di San Bovio a Paullo, a 3 km di distanza, e aumentare del 50% lo specchio d’acqua complessivo. Si starebbe in barca per ore, mentre la costruzione della rete di collegamento dei canali si ripagherebbe con l’escavazione della ghiaia dal fondo dei nuovi canali. Il Pcu 5 vuole recuperare il rudere dell’albergo dei Mondiali per il ‘90. Il Pcu 1 ha buone potenzialità naturalistiche, le aree sono al margine del Boscoincittà e del parco delle Cave. Il Pcu 3 mira a fare della cava Pecchione, a sud dell’abbazia di Chiaravalle, un centro balneare e sportivo. «I Pcu - dice l’assessore provinciale all’Ecologia, Bruna Brembilla - sono una grossa opportunità di riprogettare aree marginali attraverso la partecipazione e condivisione dei Comuni e di ambientalisti, agricoltori e cittadini».
Sull’altro piatto della bilancia, però, se pure Milano limitasse l’indice di edificabilità a, diciamo, 0,15-0,20 metri quadrati di costruito per un metro quadrato di terreno, secondo la Provincia sarebbe autorizzato tanto cemento che la quota dell’8,15% di aree agricole riconvertite alla edificabilità dai Pcu non basterebbe a contenerlo. A meno di non tirare su dei gran grattacieli. Nel frattempo, la proprietà di aree spezzate e discontinue, impossibili da trasformare in un vero parco fino a che non fossero riconnesse, permetterebbe facilmente ai famosi sfasciacarrozze, conclude Di Simine di Legambiente, di «spostarsi 300 metri più in là». E di replicare il degrado. Al quale ovviare magari con nuovi palazzi.
Monguzzi: "Così si cede ai grandi costruttori"
Carlo Monguzzi, consigliere regionale verde, cosa pensa dell’idea di costruire l’8% delle ultime aree agricole milanesi?
«Il clima generale, specie dopo l’abolizione dell’Ici, è questo. L’unico gettito consistente per i Comuni sono gli oneri di urbanizzazione, così è impossibile opporsi ai grandi costruttori».
Avete criticato lo stralcio del Cerba dai Piani di cintura urbana.
«Il Cerba è una funzione nobile, ma non va messa lì. Il mio sogno, ripreso da Carlo Petrini di Slow Food, era trasformare il parco Sud entro i confini di Milano, con i suoi fontanili e le sue cascine, in una zona di agricoltura biologica di qualità. Va bene la vicinanza allo Ieo, ma il Cerba non è nemmeno servito dai mezzi».
Nei Piani di cintura però ci sono anche progetti interessanti.
«Certamente. E aggiungo che destinare le aree trascurate all’edificazione e recuperare quelle di pregio non è sbagliato in sé. Ma un simile meccanismo oggi non dà garanzie. Occorre vigilare, come faremo sul Piano territoriale regionale in gestazione, la madre di tutti gli strumenti di pianificazione».
Non ci sono troppi strumenti urbanistici? Sullo stesso territorio il Piano di governo del territorio dei Comuni, le aree vincolate dal parco, il piano delle aree agricole della Provincia, ora il Piano regionale...
«No, ma vanno collegati bene. Il grosso guaio è quando si vuole mettere il parco all’ultimo gradino della scala, come vuole fare la Regione».
postilla
In effetti da un certo punto di vista si potrebbe anche concordare con chi sostiene che in fondo siamo in area metropolitana, la crescita è un dato ineludibile ecc. ecc. Ma.
Ma se vogliamo guardare le cose in una prospettiva giusta, ovvero di medio-lungo termine, forse è il caso di ricordare almeno due cose:
1) siamo al terzo, forse quarto ciclo di attacchi su più lati al medesimo sistema della greenbelt in pochi mesi, e con la prospettiva dell'Expo le cose sono destnate a peggiorare;
2) là dove le medesime forze che ora spingono per "modernizzare il verde" hanno agito liberamente, è lo stesso sistema ambientale ad essere molto vicino all'artificializzazione completa. Basta dare un'occhiata al disegno della Dorsale Verde che con fatica la Provincia di Milano sta cercando di portare a termine, per salvare almeno il salvabile. Che non è molto, e potrebbe facilmente diventare nulla.
Poi è probabile che come già successo in passato, le grandi città e aree metropolitane italiane seguano a ruota il mirabile esempio. In fondo gli operatori sono sempre gli stessi (.b.)
Nota: di seguito un pdf (spero leggibile) estratto dalle norme del Piano Territoriale Parco Sud con l'art. 26 oggetto della discussione sui Piani di Cintura (f.b.)