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Francesco Erbani
Antonio Iannello il partigiano dell’ambiente
3 Maggio 2018
Antonio Iannello
la Repubblica, Napoli, 28 aprile 2018. Ricordando un vigoroso "Partigiano dell'ambiente", combattivo precursore di quanti da allora combattono per difendere storia e natura del mondo in cui abitiamo. Uno dei fratelli e maestri dei fondatori di eddyburg. Con postilla

la Repubblica, Napoli, 28 aprile 2018. Ricordando un vigoroso "Partigiano dell'ambiente", combattivo precursore di quanti da allora combattono per difendere storia e natura del mondo in cui abitiamo. Uno dei fratelli e maestri dei fondatori di eddyburg. Con postilla

«Amici e studiosi ricordano l’urbanista che difese la bellezza e guidò Italia Nostra»

L’incontro è promosso da Istituto italiano per gli studi filosofici, Assise Città di Napoli e Italia Nostra. Partecipano Franco Barbagallo, Alessandra Caputi, Rosanna Cioffi, Vezio De Lucia, Guido Donatone, Francesco Erbani, Marta Herling, Massimiliano Marotta e Giuliana Tocco.Vent’anni fa moriva Antonio Iannello, architetto, presidente di Italia Nostra a Napoli, poi segretario generale dell’associazione. È stato un tecnico, un militante, un intellettuale, un politico. Ma non è semplice identificare un tratto prevalente: la fondatezza delle sue osservazioni ai piani di recupero dei paesi dell’Irpinia dopo il terremoto oppure la lettura degli idealisti napoletani, di Benedetto Croce, dei classici del meridionalismo – più Fortunato di Salvemini – che lo facevano poi riflettere sulla forma dello Stato repubblicano e maturare un’avversione verso “l’inganno federalista”?
Iannello è stato certamente un ambientalista. Ma neanche questa definizione coglie gli aspetti della sua personalità e della sua storia.

Forse l’incrocio fra la dimensione militante e quella intellettuale rende non solo la complessità del personaggio, ma spiega le forme in cui la sua presenza, per tanti aspetti dirompente, agisce sulla scena napoletana e campana e poi su quella nazionale per oltre un trentennio. Contro il Grand Hotel Amalfitana, il mostro di Fuenti, studia accuratamente le norme paesaggistiche, usa le denunce penali, gli esposti amministrativi, le campagne di stampa; prova a convincere amministratori locali, parlamentari e dirigenti politici; tallona un ricco signore che vive accanto all’albergo, trascina nell’agone intellettuali come Elena Croce. E quando si accorge che le vie percorse non bastano, durante un’assemblea minaccia di indossare una cintura carica di dinamite e di farsi saltare davanti all’albergo.

Ha condotto tantissime battaglie per l’integrità del centro storico napoletano e nelle stanze del ministero dei Lavori pubblici ha riscritto, d’accordo il direttore generale dell’urbanistica, Michele Martuscelli, il piano regolatore – siamo nel 1972 – che prevedeva demolizioni e ricostruzioni nei Quartieri Spagnoli, attraversati poi da una strada che sarebbe corsa parallela a via Toledo. Fra le modifiche imposte quella per cui i confini del centro storico sono allargati “a tutto l’organismo urbano realizzato fino ai primi anni del Novecento”.

Negli ultimi anni di vita riprenderà questi temi lavorando a una proposta di legge, promossa da Walter Veltroni, per una tutela ope legis dei centri storici nella loro interezza. Della legge non si è fatto più nulla.

Si è impegnato affinché l’arenile di Bagnoli si liberasse dall’Italsider, e poi, da funzionario della Soprintendenza, ha scritto il vincolo sull’area. Ha messo sotto accusa l’abusivismo, ha battuto alcune delle zone più pregiate di Napoli e della Campania afflitte da questa piaga, ha fotografato gli illeciti, ha sfidato energumeni minacciosi. E quando è diventato segretario generale di Italia Nostra ha sfidato le coperture politiche degli abusivi, ha attaccato i dirigenti comunisti che offrivano alibi a chi costruiva illegalmente. Difficile sintetizzare in poche righe le iniziative svolte sul piano nazionale. Basti segnalare che si deve a lui gran parte del lavoro che porta al decreto e alla legge Galasso.

Merita invece segnalare lo stile di Iannello, la sua etica radicale, lontana però da ogni forma di estremismo, una professione di fede laica che lo porta a coltivare un profondo ideale repubblicano. Dall’etica alla morale: Iannello combatte, alterna tattiche legali e pratiche più militanti, ma non scade mai nel protagonismo, al presenzialismo preferisce l’elaborazione dietro le quinte.

Questo atteggiamento è una delle conseguenze dell’assoluto disinteresse di sé, dell’incapacità di formulare un pensiero, di praticare un’azione badando a un tornaconto personale. Iannello ha fama di irregolare, e questa gli costa l’isolamento persino dentro Italia Nostra, difeso però da Antonio Cederna (ma la condotta scapigliata è anche un pretesto: non convincono la sua opposizione alle operazioni immobiliari della Piana di Castello e dell’area di Novoli a Firenze e all’insediamento turistico di Baia Sistiana, vicino a Trieste).

Niente meglio di una lettera del 1983 fornisce la misura dello stile di Iannello. A Pozzuoli, dopo un episodio di bradisismo, l’allora ministro Vincenzo Scotti promuove la realizzazione di un nuovo quartiere, a Monteruscello. A Iannello il ministro propone un incarico come collaudatore. Non accetto, risponde Iannello. Che aggiunge: «Gli inderogabili doveri che un professionista ha verso la collettività mi inducono però ad offrirLe la mia consulenza assolutamente disinteressata e a titolo gratuito per collaborare con Lei al fine di scongiurare un errore storico contro l’incomparabile patrimonio culturale dei Campi Flegrei».

postilla

Voglio ricordare qualche episodio delle battaglie di Antonio Iannello, che ho vissuto con lui. Vi accenna Francesco Erbani nel suo libro
Uno strano italiano. Antonio Iannello e lo scempio dell’ambiente (Laterza, Roma-Bari 2002). Antonio era povero in canna, sempre sovraffaccendato e fuggitivo con mille battaglie da condurre contemporaneamente. Ed era una miniera di informazioni utili alla lotta per la buona causa. All’epoca mi occupavo delle riviste dell’Inu (Istituto nazionale di urbanistica). Stava scrivendo per la rivista Urbanistica un articolo nel quale svelava le torbide vicende di un piano regolatore di Napoli. Doveva finirlo, ma passavano i giorni e lui non concludeva mai l’articolo. Per fortuna in quei giorni era mio ospite. Una mattina uscii di casa mentre lui ancora dormiva, portai via con me con me le sue scarpe. Non potette uscire, nel suo borsone stracolmo di carte non aveva neppure le ciabatte. Gli toccò rimanere a casa e concludere, finalmente, l’articolo.

Qualche anno dopo esplode a Firenze lo scandalo delle aree di proprietà della Fiat e della Fondiaria, che la giunta di sinistra vuole rendere edificabile in deroga al Prg vigente (che destina l’area a parco pubblico). Un nostro amico, Manlio Marchetta, aveva appena pubblicato un articolo sulla rivista Edilizia popolare nel quale denunciava il fatto. Parlo della cosa con Antonio e chiedo, con lui, un incontro al responsabile dell’urbanistica della direzione del Pci, cui porto l’articolo con la critica di Marchetta. Intanto a Firenze l’assemblea cittadina del Pci sta discutendo della questione, con una forte propensione all’accordo. Mentre stiamo raccontando la vicenda al responsabile degli enti locali per ottenere il suo intervento Antonio, per nulla tranquillizzato dall’atteggiamento del funzionario del Pci si precipita nello studio di Achille Occhetto, allora segretario nazionale del Pci, lo convince e lo induce a telefonare al Pci fiorentino e a bloccare la decisione.

Così era Antonio Iannello, il Partigiano dell’ambiente. Del tutto privo di “rispetto umano” quando si trattava di far rispettare una buona causa, pronto a mettere in gioco la sua faccia, le sue povere risorse finanziarie e le sue ricchissimo risorse dialettiche quando si trattava di far prevalere, contro la forza degli interessi privati, quelle della tutela degli interessi pubblici e dei beni comuni

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