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Dario Di Vico
Alberghi prefabbricati a basso prezzo Ikea e Marriott cominciano da Milano
6 Marzo 2013
Territorio del commercio
La mamma dello sprawl è sempre incinta se non si sta attenti: l'ingresso della grande distribuzione nel mercato oggi coperto dal bed & breakfast familiare e i rischi impliciti di dispersione.

La mamma dello sprawl è sempre incinta se non si sta attenti: l'ingresso della grande distribuzione nel mercato oggi coperto dal bed & breakfast familiare e i rischi impliciti di dispersione. Corriere della Sera, 6 marzo 2013, postilla (f.b.)

La notizia è stata lanciata addirittura dalle colonne del Wall Street Journal: gli americani della Marriott e gli svedesi dell'InterIkea hanno deciso di lanciare insieme una nuova catena di hotel economici. L'obiettivo è di aprirne in Europa 50 in cinque anni (che potrebbero diventare 150 in 10 anni) e il primo ad essere inaugurato sarà quello di Milano, già nel corso del 2014. La catena si chiamerà Moxy e l'investimento di InterIkea — che fa capo alla famiglia Kamprad, quelli di Ikea, attraverso la Interlogo Foundation — sarà di 500 milioni di dollari. I nuovi alberghi non avranno mobili o design della compagnia svedese ma usufruiranno di nuove tecniche di costruzione (camere prefabbricate) con l'intenzione di abbassare i costi

Non si punterà ai centri storici ma Marriott e InterIkea dicono di preferire per la loro nuova creatura siti vicini ad aeroporti e stazioni. Il costo al cliente per la camera dovrebbe aggirarsi attorno ai 60 euro. Nell'anticipazione di stampa non si usa il termine low cost ma di fatto il formato alberghiero che si vuole lanciare assomiglia a una Ryanair degli hotel. «Vediamo grandi opportunità di espandere la nostra quota di mercato in Europa» ha commentato Amy McPherson, presidente di Marriott Europe.

Con la scelta dell'Italia come debutto Ikea va a battere di nuovo «dove il dente duole». Gli scandinavi sono stati, infatti, i protagonisti dello più straordinario contropiede commerciale che si sia visto dalla nostre parti. Il Belpaese è fiero dei mobili che costruisce in Brianza e in tanti altri distretti ma ha completamente sottovalutato il tema della grande distribuzione, gli svedesi hanno fatto il contrario e hanno costruito una multinazionale delle vendite al dettaglio che ci ha dato la paga. Noi italiani abbiamo dei prestigiosi negozi monomarca ma le nostre catene, come Mondo Convenienza, faticano, per dirla con eufemismo, a reggere l'urto dell'Ikea. Che, adesso, ci vuole insegnare anche come si aprono alberghi per i giovani. Si ripeterebbe per certi versi quello che è successo dopo i mobili anche nel caffè, dove gli italiani vanno famosi per la qualità della bevanda nera ma gli americani hanno creato una grande catena come Starbucks.

Eppure anche nella specialità delle vacanze a basso costo l'Italia ha una tradizione nobilissima, che riporta agli anni '60 e al miracolo della Riviera romagnola capace di vendere all'estero (ai tedeschi) pacchetti vacanze a prezzi competitivi con standard di buona qualità. Non c'era nessuna multinazionale dietro quel miracolo ma solo tante imprese familiari che agivano come una rete sistemico-organizzativa e riuscivano in questo modo a collegarsi con tutti i servizi aggiuntivi (dal posto in spiaggia alla balera).

Oggi l'Italia conta 34 mila alberghi, il doppio della Spagna, ma molti di essi sono, per dirla con il linguaggio degli economisti, «marginali». Ovvero non sono in grado di rivolgere al mercato un'offerta competitiva per prezzo e soprattutto moderna. «Detto che l'Italia deve puntare strategicamente a un turismo di fascia alta come ha fatto la Francia — commenta Massimo Bergami, coordinatore del piano strategico elaborato dal ministero del Turismo — si possono tranquillamente fare delle operazioni intelligenti per coprire gli altri segmenti di mercato, proprio a partire dall'ampio patrimonio di strutture alberghiere di cui disponiamo». In sostanza si tratterebbe di favorire l'uscita/rottamazione dei piccoli operatori, ammodernare il format e aggregare a rete nuovi soggetti imprenditoriali aiutati da una dotazione comune di strumenti (a cominciare da un unico centro prenotazioni).

«Penso alla Puglia — continua Bergami —. Fatta eccezione per alcune masserie di extralusso tutte le altre potrebbero organizzarsi come rete di imprese capace di fare al mercato un'offerta combinata». E i bed and breakfast? Non dovevano rappresentare proprio loro quell'offerta «democratica» rivolta ai giovani che oggi manca? «Lo sviluppo di questa formula dimostra una vivacità imprenditoriale nel settore — spiega Bergami —. Ma c'è troppa frammentazione, come dimostra l'assenza di un rating (le stelle, ndr) comune a tutte le Regioni. Il risultato è che il sistema dei nostri bed and breakfast oggi non si presenta sul mercato internazionale come un'offerta competitiva».

Postilla

Allora, un breve riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: entra un nuovo operatore, grande e potente e organizzato, in un settore finora dominio di imprese a dimensione locale, micro, familiari ecc. Cos'è successo sinora? Che la pura contrapposizione tra vecchio e nuovo abbia prodotto da un lato una simpatia per i deboli, che chiedono vantaggi competitivi in varie politiche pubbliche (pensiamo ai NO anche violenti dei commercianti alle pedonalizzazioni nei centri storici), dall'altro un relativo degrado del territorio con le localizzazioni in luoghi non presidiati da una concentrazione sufficiente di questi piccoli operatori, ovvero nello sprawl mertropolitano. Dato che prevenire è meglio che curare, le amministrazioni pubbliche prima di accettare come gran novità o respingere per lo stesso motivo il modello albergo low cost dovrebbero valutarne appunto i non troppi low costs sociali, economici, ambientali, insediativi. Speriamo in una non-riedizione delle battaglie di retroguardia (perché quelle avevano un segno di fatto reazionario) contro i fast food solo perché facevano concorrenza alle pizzerie (f.b.)

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