Il manifesto, 6 aprile 2014
La Gallura come Eldorado degli evasori fiscali. Sul paradiso turistico sardo si abbatte una tempesta giudiziaria che promette di avere sviluppi clamorosi. La notizia è stata data ieri in esclusiva dal quotidiano la Nuova Sardegna. «In Gallura 2500 ville, con tanto di giardini, dependance e ampie terrazze con vista sul mare — scrive la testata sarda — sono risultate appartenenti, come proprietà immobiliari, a società estere registrate in paradisi fiscali, mentre a sfruttarne il loro altissimo potenziale economico o utilizzarle per le vacanze a cinque stelle, sono in gran parte sconosciuti cittadini italiani con denunce dei redditi da operai metalmeccanici. Per stanare il foltissimo gruppo di persone iscritte alla «Anonima Proprietari Ltd» dalle loro dimore di lusso è stata allestita, ed è entrata in piena attività già da alcuni mesi, una imponente e ipertecnologica task force coordinata dal procuratore capo della Repubblica di Tempio, Domenico Fiordalisi. Il quale ha aperto un fascicolo che racchiude l’inchiesta avviata alla fine dello scorso dicembre per accertare se siano riscontrabili reati di carattere penale oltre a violazioni in ambito fiscale o amministrativo». Le zone fiscali «free» nelle quali le società coinvolte nell’inchiesta hanno registrato le ville sono sparse un po’ in tutto il mondo: Repubblica di San Marino e principato di Monaco, Lussemburgo e Liechtenstein, Andorra e Gibilterra, Cipro e Barein, Antille e Polinesia francese. L’indagine è condotta dalla polizia tributaria e dal Gico di Roma. Ma sono coinvolti anche gli uffici del demanio sardi, le agenzie delle entrate di Sassari, Tempio e Olbia, la guardia di finanza di Olbia e Sassari. Un mega team che ha portato alla luce una realtà per molti versi sconcertante.
Tutto è cominciato circa un anno fa, quando gli ispettori dell’Agenzia delle entrate di Tempio esaminando le denunce dei redditi di alcuni personaggi che frequentano la Costa e i movimenti dei bancomat e delle carte di credito, si sono resi conto che il loro tenore di vita non era compatibile con le loro dichiarazioni fiscali. «Un campanello d’allarme — scrive la Nuova Sardegna — che ha fatto scattare i successivi accertamenti patrimoniali che hanno messo in rilievo che ben 2500 tra ville e dimore da fiaba disseminate sulla Costa gallurese — dalle alture di Monti di Mola (Porto Cervo) alle assolate spiagge dal mare cristallino di Porto Rotondo e Palau — risultano intestate, come proprietà immobiliari, a società estere. Approfondendo ulteriormente questo singolare aspetto si è venuti a scoprire che gran parte degli immobili sono utilizzati nel periodo estivo da cittadini italiani, oppure ceduti in locazione, attraverso una fitta ragnatela di agenzie immobiliari sarde, italiane ed europee, a italiani che, stando alla loro denuncia dei redditi, potrebbero permettersi al massimo di affittare, e per poche ore soltanto, una cabina sulla spiaggia di Riccione, Rimini o Cattolica».
«L’inchiesta — dice il procuratore Fiordalisi — è appena avviata e nessun reato o violazione sono stati finora ipotizzati o contestati». Quindi è impossibile conoscere i nomi delle persone coinvolte e delle società proprietarie delle ville «appoggiate» ai paradisi fiscali. In procura però non fanno mistero del fatto che i dati raccolti in più di un anno di indagini forniscono un quadro molto dettagliato, sostenuto da riscontri difficilmente contestabili. E viste le dimensioni dell’inchiesta e i personaggi coinvolti, i prossimi giorni potrebbero riservare rivelazioni clamorose.
Fiordalisi nelle scorse settimane è stato impegnato su un altro fronte caldo, quello dell’inchiesta avviata dagli uffici giudiziari di Tempio sulle ville abusive costruite sull’isola della Maddalena. Prima sono arrivate le ordinanze di sgombero e poi, lunedì scorso, le ruspe. Sono trentacinque gli edifici totalmente o parzialmente abusivi, tutti costruiti in un’area sottoposta a tutela ambientale integrale. Una decina sono abitati stabilmente da anni. Martedì scorso alcuni proprietari delle case da abbattere hanno cercato invano di fermare le ruspe e si sono vissuti momenti di forte tensione, con un paio di feriti lievi, quando un nutritissimo schieramento di polizia ha caricato per rompere il blocco intorno alle ville. Fiordalisi, però, non sembra intenzionato a fermarsi e la prossima settimana le ruspe rientreranno in azione.
Con il procuratore di Tempio si schiera Legambiente. «Costruire case abusive — dice Laura Biffi dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità — è un reato, demolirle è un obbligo di legge. Scene come quelle che si sono viste alla Maddalena, con il sindaco, i consiglieri comunali e persino il parroco schierati accanto ai manifestanti per bloccare le ruspe purtroppo non sono nuove. Le abbiamo già viste tante volte in Campania, in Sicilia e nella stessa Sardegna. L’abusivismo di necessità è una falsa giustificazione. Di fronte a situazioni di reale disagio abitativo, la politica dovrebbe dare risposte con gli strumenti previsti dalla legge, provvedendo ad assicurare un alloggio sociale, non una casa abusiva»
Il manifesto, 15 febbraio 2014
Domani in Sardegna si vota per l’elezione del presidente della Regione. Seggi aperti per tutta la giornata di domenica. I risultati si conosceranno lunedì. La consultazione arriva in un momento del tutto particolare. Per Matteo Renzi sarà infatti il primo impegnativo test elettorale. Naturale quindi che su Cagliari si siano accesi in questi giorni tutti i riflettori nazionali. E che l’esito sia molto atteso. I principali candidati in corsa sono Ugo Cappellacci per il centrodestra, Francesco Pigliaru per il centrosinistra, Michela Murgia per la coalizione Sardegna possibile. C’è grande incertezza. Cappellacci e Pigliaru sarebbero testa a testa, ma Michela Murgia potrebbe rimontare grazie al voto degli indecisi, un’area che, a sole ventiquattro ore dal voto, è ancora molto vasta. Murgia punta anche sul consenso dei grillini, che alle ultime politiche hanno preso in Sardegna il 29,68 per cento dei voti e che alle regionali non sono riusciti a presentare una lista a causa delle laceranti divisioni interne al movimento.
Nell’isola il clima è teso. Ieri, nella giornata di chiusura dei comizi, con un blitz la giunta di centrodestra presieduta da Cappellacci ha adottato in via definitiva il nuovo Piano paesaggistico della Sardegna (Pps), mandando in soffitta il Piano paesaggistico regionale (Ppr) varato nel 2006 da Renato Soru. La delibera è stata approvata nonostante la mancanza della «valutazione ambientale strategica» (Vas) obbligatoria per legge, ed è quindi priva di effetti validi sul piano giuridico. Va anche ricordato che la revisione del Ppr targata Cappellacci è stata impugnata dal governo davanti alla Corte costituzionale su sollecitazione del ministero per i beni culturali.
Nell’antivigilia dell’apertura delle urne, con Berlusconi impegnato a sostenere Cappellacci in una convention del centrodestra ad Arborea e Francesco Pigliaru che ha battuto in autobus il nord Sardegna da Porto Torres a Olbia, la notizia dell’approvazione del Ppr è arrivata come una bomba. La prima reazione è stata di Pigliaru: «L’adozione del Pps da parte della giunta Cappellacci — ha detto il leader del centrosinistra — è un’approvazione di cartone, fatta soltanto per fini elettorali. Rimango a bocca aperta: il centrodestra ha avuto cinque anni per fare le cose nel modo corretto, confrontandosi con il governo secondo le regole. Invece, a conferma dell’incapacità di questa giunta, Cappellacci ha voluto forzare, mostrando un incredibile disprezzo per le regole».
Bordate a Cappellacci anche dal segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, ieri a Cagliari per un tour elettorale. «Il voto serve a evitare che Cappellacci ritorni a essere il presidente della Sardegna: non solo non ha mantenuto le promesse, ma è evidente che non ha fatto nulla per il lavoro e per il territorio». «Lo dico anche — ha aggiunto Ferrero — a chi non è entusiasta dei candidati del centrosinistra: il voto a Michela Murgia non aiuta a mandare via Cappellacci». Anche Rifondazione fa parte della coalizione guidata da Pigliaru. Per Ferrero è il lavoro che deve stare al centro dei programmi, a Cagliari come a Roma. «Ma perché questo avvenga — ha aggiunto il segretario del Prc — con il voto bisogna rafforzare la sinistra». E in effetti il tema del lavoro è in Sardegna drammatico. Giovedì a Cagliari è ripartita la mobilitazione dei lavoratori in cassa integrazione della Alcoa, con un corteo davanti alla sede della Regione. Gli operai chiedono risposte sullo stato della vertenza, al momento in una fase di stallo, con la fabbrica chiusa, e la convocazione di un incontro al ministero per lo sviluppo economico. Durante il corteo i lavoratori hanno lanciato uova sui manifesti elettorali e hanno annunciato l’intenzione di restituire le schede elettorali.
Chi sembra assolutamente convinto della vittoria di Cappellacci è Berlusconi. «Non c’è bisogno — ha detto ad Arborea di fronte a migliaia di persone — di convincere i sardi: sanno già chi votare. Ugo, possiamo fare così: tu canti, io racconto storielle. E facciamo uno show patriottico». Poi l’attacco a Michela Murgia: «Ho saputo che la signora Murgia ha già presentato la sua giunta, e si è tenuta lei l’assessorato dei trasporti: forse da piccola giocava con i trenini. Ma lei è una che ha insegnato l’odio». Due accenni alla situazione nazionale: «Sono l’ultimo premier eletto dal popolo», con riferimento alla staffetta Letta-Renzi: «Nel 2009 avevo il consenso del 75% degli italiani. Ecco perché la magistratura ha deciso di farmi fuori. E nel 2001 contro di me c’è stato un golpe. Sono sceso in campo contro il comunismo, che ha fatto 120 milioni di morti». Berlusconi parlava ad Arborea, che quando fu fondata, nel 1928, si chiamava Mussolinia
SAVI Tecnicamente lo strumento di pianificazione è stato approvato in via definitiva malgrado mancasse il parere motivato «obbligatorio e vincolante» dell’ufficio Savi, responsabile della Vas, la valutazione ambientale strategica. Non solo: gli assessori regionali hanno dato il via libera senza che la maggior parte delle osservazioni fondamentali depositate da comuni, associazioni ecologiste e culturali sia stata ammessa a integrare o modificare il testo considerato finale del Pps, intervenendo almeno sulle parti in cui vengono cancellati con un colpo di spugna molti beni paesaggistici per lasciare spazio al cemento.
Osservazioni. Quelle osservazioni potevano anche essere respinte, ma a decidere doveva essere il Savi. Comunque sia norme, mappe, elenchi di beni paesaggistici, ambientali e identitari sono piovuti in sala giunta senza che l’ufficio deputato a valutarne la compatibilità ambientale abbia potuto esprimersi formalmente, come stabilisce la legge. Cappellacci ha spiegato la fretta di chiudere la partita con la necessità di stabilire «regole certe, che consentano di evitare le sabbie mobili della burocrazia». Ma è facile prevedere che su quelle regole si aprirà una battaglia giudiziaria senza esclusione di colpi.
Vas. Per sapere se si tratta di un bluff elettorale basterà attendere il dopo voto, quando il candidato vincente potrà revocare l’atto di approvazione con il ricorso all’autotutela, riaprendo la procedura interrotta. Perché secondo la valutazione generale la delibera sarebbe illegittima: quindi dovrebbe bastare un ricorso ai giudici amministrativi perché venga annullata. Per adesso, ha spiegato il capo di gabinetto dell’Urbanistica Massimiliano Tavolacci, il documento non sarà pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione. Quando comparirà, verrà integrato col parere del Savi. Così - ha spiegato il dirigente - il Pps non dovrà ripassare in giunta.
Però le norme, che derivano da una direttiva comunitaria del 2001 recepita dall’Italia quattro anni dopo, indicano un scansione diversa: la Vas deve precedere l’approvazione dell’atto di pianificazione e il suo contenuto, tutte le modifiche e le prescrizioni, deve entrare nel testo da portare in giunta. In altre parole il giudizio di compatibilità ambientale firmato dal Savi deve prevalere sull’indirizzo politico, adeguando ogni previsione alle regole. Cappellacci ha imposto una sorta di inversione della procedura: prima si approva quanto proposto dalla giunta e poi si valuta. Una giurisprudenza sterminata, che riguarda altre regioni, getta più d’un ombra sulla legittimità di questa scelta. La delibera firmata ieri mattina potrebbe non avere alcun valore giuridico e di conseguenza alcuna efficacia. Due mesi. Impossibile prevedere se il Savi andrà avanti nell’esame delle osservazioni e della compatibilità ambientale e paesaggistica del Pps: legge alla mano l’ufficio avrebbe ancora due mesi abbondanti per concludere il lavoro, che in base alla legge è indispensabile e dovrebbe svolgersi in perfetta autonomia dalla politica. Ma in mancanza di precedenti, nessuno sa che cosa fare. La giunta Cappellacci ha avuto cinque anni di tempo per realizzare la revisione del Ppr di Renato Soru, come annunciato nella campagna elettorale del 2009. A due giorni dal voto il governatore ha tagliato corto, con una lettura molto soggettiva delle norme europee e statali. Cappellacci peraltro era già passato leggero sull’obbligo di co-pianificazione: per questo pende già un ricorso dello Stato alla Corte Costituzionale.
La Vas decisiva per qualsiasi pianificazione
Qualsiasi strumento pubblico di pianificazione dev’essere sottoposto per legge alla Vas, la valutazione d’impatto strategica. L’obbiettivo stabilito dalla direttiva comunitaria 2001/42 che ne regola la procedura è di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente. In base alla legge statale che ha recepito nel 2005 il dettato comunitario la Vas dev’essere effettuata durante la fase preparatoria del piano e comunque prima della sua approvazione. La procedura è pubblica, di conseguenza aperta alla partecipazione di enti, associazioni e cittadini attraverso le osservazioni ed è seguita da una fase di monitoraggio destinata a correggere errori nel caso di effetti negativi per l’ambiente. Il servizio regionale che cura la Vas è il Savi - Servizio sostenibilità ambientale e valutazione impatti - che a partire dalla prima adozione del piano (in questo caso il Ppr) da parte della giunta regionale e del successivo deposito delle osservazioni ha complessivamente 90 giorni di tempo per valutare la compatibilità ambientale dello strumento proposto e decidere in perfetta autonomia quali modifiche e integrazioni apportarvi a tutela dell’ambiente. Concluso il lavoro, il piano modificato in base alla Vas passa all’ufficio dell’urbanistica, che deve applicare obbligatoriamente modifiche e prescrizioni motivate dal Savi. Il passaggio successivo - in questo caso - è l’approvazione definitiva da parte della giunta regionale, che può intervenire ancora sul piano soltanto ripartendo da zero, quindi ripetendo la procedura di elaborazione e la procedura di Vas. (m.l)
Il Fatto quotidiano online, 14 febbraio 2014
Se le parole sentite in questa campagna elettorale avessero una corrispondenza con la realtà, dovremmo buttare a mare la promessa tragicomica della Sardegna zona franca integrale, affogare senza pietà il nuovo spaventoso Piano paesaggistico che, privo di ogni legittimità e di decenza, è stato approvato oggi, a due giorni dalle elezioni e distruggerebbe quello che resta dell’isola. Scaraventare in acqua le promesse baggiane di felicità e indipendenza insiemealla balla per i creduli pinocchietti sardi di un’isola senza tasse e dove la benzina costa poco. Consegnare alle onde anche l’idea di una lingua sarda ufficiale, sintetica, inventata in un grigio ufficio regionale, foraggiata con 19 milioni di euro e ricordarci che una lingua non la impone certo una povera Giunta di passaggio verniciata di falso sovranismo né tanto meno qualche malinconico burocrate.
Se le parole di questi giorni avessero un collegamento con i fatti e con il nostro vero benessere avremmo dovuto scagliare in mare la legge elettorale sarda che un consiglio regionale di molti indagati ha varato con lo scopo di auto-conservarsi in eterno. Una simulazione di democrazia senza rappresentanza reale dell’elettorato. Una legge che alla prova dei fatti esclude le “grandi minoranze” e si ritorce oggi anche contro chi l’ha votata.
In Sardegna ci chiediamo in tanti che democrazia possa essere quella che prevede molti voti per il candidato presidente ma nessuna possibilità di ingresso in consiglio per il terzo classificato e, magari, nessuna o quasi nessuna rappresentanza per le sue liste. Nello sport la medaglia di bronzo ha un valore enorme, ma non da queste parti. Qui, chi arriva terzo è fuori da tutto. Mentre i girini della politica, trasportati dalle correnti maggiori oggi sono gongolanti.
Ma il “legislatore furbo” spesso muore di troppa furbizia, si sa. Dovrebbero, domenica, finire a mare anche le surreali considerazioni filosofiche dei partiti sui candidati-indagati.
In acqua si sono buttati da soli gli aspiranti candidati di 5stelle in Sardegna. Un suicidio di massa, come i lemmings dei mari del Nord. Un piccolo esercito di rimasugli elettorali, una raccolta indifferenziata della politica. C’erano dentro il movimento anche molte ottime persone, s’intende. Però sono state travolte dai lemmings suicidi. La prossima volta faranno di meglio, speriamo.
Dunque non si va a votare per il disgusto? Non si vota per protesta? Sembrano questi i sentimenti di metà dell’elettorato. Un milione e quattrocentomila votanti (un’isola di vecchi, visto che siamo un milione e seicentomila abitanti) con un’astensione che si prevede oltre il cinquanta per cento.
Anche questo è la Sardegna. Non certo la terra della giudicessa medievale Eleonora d’Arborea o quella del giudice rivoluzionario Giovanni Maria Angioy favoleggiata da indipendentisti sognanti, capaci di molte parole, talvolta perfino belle, ma incapaci di spiegarci come e quando l’isola potrebbe raggiungere una reale autodeterminazione.
Tuttavia l’unica possibilità di cambiare qualcosa è ancora solo nel voto. I cosiddetti partiti-feudo (il feudo non scompare mai dalla storia sarda) vorrebbero pochi, fidi votanti. E il migliore dei mondi consisterebbe, per loro, nel votarsi a vicenda. Coltivano il sogno di essere sessanta votanti e sessanta consiglieri il cui obiettivo è votare fedelmente se stessi e i figli dei figli per l’eternità. Il “non voto” è ambito, auspicato e ricercato. “Non votate” è lo slogan di chi è interessato alla conservazione e a un governo di pochi. Molti eletti e pochi elettori. “Non votate, oppure votate me”.
Ma dalla memoria comune non sono scomparsi i sedici morti dell’alluvione del 18 novembre, una tragedia così piena di significati che rappresenta la Sardegna e la stessa Nazione. “La prossima volta” ha detto un povero sfollato che spalava fango: “Non credo più a nessuno” e in quel “la prossima volta” era contenuta un’intera filosofia.“Le prossime volte” sono diventate talmente numerose nel nostro Paese che nessuno crede più a nulla.
Però c’è il rischio paradossale – è già accaduto dopo l’alluvione di Capoterra nel 2008 – di sentire ancora un coro a favore dell’alluvione di metri cubi che il nuovo Piano paesaggistico vorrebbe rovesciare sull’isola e che porterebbe inevitabilmente nuove disgrazie, altri morti e una definitiva povertà economica e culturale. C’è il rischio di sentire di nuovo sindaci a favore dei venticinque campi da golf e dei milioni di metri cubi che gli sono collegati perché, dice l’attuale Presidente della Regione, non si possono lasciare senza un tetto i golfisti, come degli sfollati. Alla Sardegna servono club house.
Lo spieghino agli sfollati di Terralba, di Uras, di Olbia.
Oggi, a due giorni dalle elezioni, con un colpo di mano, il Presidente ha approvato il suo nuovo Piano paesaggistico bocciato da tutti, dal Ministero, dalle Associazioni, dai movimenti. Si gioca tutto, disperatamente. Sa che è illegittimo, ma se n’è impipato. Deve risposte ai suoi referenti. Qatar compreso. Però, esibendo la sua forza ha mostrato la sua debolezza e la sua vera sostanza politica.
Sapremo presto quale sentimento vincerà e quale idea di progresso prevedono i sardi per se stessi.
Il manifesto sardo online, 13 febbraio 2014
Come facilmente preventivabile, il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Ugo Cappellacci vuole e pretende l’approvazione definitiva del “suo”stravolgimento del piano paesaggistico regionale prima delle elezioni regionali del 16 febbraio 2014. Magari al cospetto del suo sempiterno nume tutelare,SilvioBerlusconi, il prossimo venerdi 14.
Per questo, incurante delle conseguenze, forse anche di carattere penale, è disposto anche a commissariare il povero ing. Gianluca Cocco, Direttore del Servizio valutazione impatti (S.A.V.I.) della Regione che deve esprimere il necessario parere conclusivo della procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), tuttora in corso e regolarmente nei termini (180 giorni).
Il suo stravolgimento del nostro (di tutti noi cittadini) piano paesaggistico regionale è già davanti alla Corte costituzionale, impugnato dal Governo per violazione delle necessarie e vincolanti procedure di co-pianificazione, come già la Corte costituzionale ha recentemente indicato proprio in riferimento alla Regione autonoma della Sardegna (sentenza n. 308/2013)(1), con buona pace dei soliti soccorritori dell’arbitrio regionale di sinistra, progressisti, ambientalisti, e chi più ne ha più ne metta.
E non finirà qui. Perché il “nostro” P.P.R., pur migliorabile in vari punti, tutela il “nostro” paesaggio e continueremo a difenderlo in tutte le sedi. Il ricorso è già pronto. Le modifiche della Giunta Cappellacci sono infatti un autentico stravolgimento, illegittimo perché in violazione del Codice del paesaggio. Quali sono? Eccole, in estrema sintesi:
- i fiumi e i torrenti ritenuti “irrilevanti” non sono inclusi, con le relative sponde, fra i beni paesaggistici;
- “negli ambiti di paesaggio, in qualunque articolazione del territorio disciplinata dal PPR, sono ammessi”interventi edilizi e ristrutturazioni con aumenti di volumetrie fino al 15 per cento;
- gli accordi Regione – Comune possono prevedere anche nelle aree tutelate per legge, nei beni paesaggistici, “nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf”;
- in via transitoria, fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano, sono realizzabili gli interventi edilizi di quel piano per l’edilizia parzialmente a giudizio davanti alla Corte costituzionale, come la legge sul golf e quella per la “svendita” dei demani civici;
- sempre in via transitoria, si applicano gli strumenti urbanistici attuativi in base ad accordi Regione–Comune, possono essere resuscitati i progetti edilizi “zombie”nei Comuni dotati di P.U.C. approvati in base ai vecchi e illegittimi piani territoriali paesistici, si possono edificare strutture residenziali in area agricola, possono esserci interventi di ristrutturazione/completamento degli insediamenti edilizi e ampliamenti volumetrici fino al 25 per cento delle strutture ricettive anche nella fascia costiera dei trecento metri dalla battigia.
Di fatto un vero e proprio far west nella parte più pregiata del territorio sardo. L’operazione spregiudicata e demagogica, effettuata a fini elettoralistici sotto le elezioni regionali, sarà giudicata sul piano giuridico.
Siamo in uno Stato di diritto, per fortuna. Sta, però, agli elettori sardi far sì che questa povera Isola non sia amministrata in questo modo scellerato per altri cinque lunghi anni.
Il manifesto, 13 febbraio 2014
Sulla campagna per le elezioni regionali di domenica prossima in Sardegna si staglia il fantasma minaccioso del Piano paesaggistico dei sardi (Pps) di Ugo Cappellacci. Il governatore uscente ha pronto un progetto che modifica sino a snaturarlo il Piano paesaggistico regionale (Ppr) approvato nel 2006 dalla giunta Soru. E vorrebbe farlo approvare dalla sua giunta prima di domenica. Un colpo di mano che serve a Cappellacci per tenere caldo uno dei due cardini sui quali ha appoggiato la strategia per la rielezione: lo smantellamento dei vincoli previsti dal Ppr, con il conseguente via libera alla ripresa della speculazione edilizia sulle coste. L’altro cardine è la zona franca. Cappellacci vorrebbe che tutta la Sardegna diventasse una free zone fiscale. Da un lato, quindi, più cemento, dall’altro meno tasse.
Sul tema ambiente lo scontro è aspro e ieri è arrivato sugli schermi televisivi durante il programma Mattino 5, del quale erano ospiti, con Cappellacci, Francesco Pigliaru, il candidato del centrosinistra, e Michela Murgia, alla guida della coalizione Sardegna possibile. Pigliaru ha difeso l’operato della giunta Soru, nella quale è stato assessore al bilancio e alla programmazione dal 2006 al 2006. «Negli anni tra il 2004 e il 2009 — ha detto Pigliaru — il centrosinistra ha fatto un lavoro straordinario per il territorio. Il Ppr è stato la salvezza del paesaggio, che è un bene fondamentale per il nostro sviluppo turistico». Dopo l’annuncio di Cappellacci, durante il confronto di lunedì scorso in Confindustria a Cagliari, di voler commissariare il servizio di valutazione ambientale della Regione Sardegna che non ha ancora espresso il parere sul Pps previsto dalle procedure amministrative, Pigliaru ha attaccato frontalmente il governatore uscente: «Non è contento di aver commissariato tutto: i consorzi di bonifica, le agenzie, le province, le Asl, dicendo che avrebbe fatto le riforme; ora addirittura vuole commissariare dirigenti e funzionari che rispettano appieno le procedure previste dalla legge e giustamente non rispondono ai suoi ordini. Non si sogni di creare questo caos istituzionale per la sua propaganda; se deve fare campagna elettorale appenda manifesti, ma non usi le istituzioni e non si permetta di stravolgere il diritto dentro le istituzioni».
Davanti alle telecamere, incalzati su trasporti e tutela del paesaggio i tre candidati non hanno risparmiato reciproche frecciate. Sui trasporti Cappellacci ha nuovamente attaccato Murgia, ripetendo l’accusa secondo cui la candidata di Sardegna possibile avrebbe «l’appoggio di armatori privati», mentre la scrittrice ha ripetuto che «di queste affermazioni il presidente risponderà davanti ai tribunali». Pigliaru ha invece attaccato Cappellacci, che con i soldi pubblici ha creato una compagnia di navigazione della Regione Sardegna, sulla privatizzazione della Tirrenia, affermando che «la Regione non è stata presente al tavolo nazionale al quale si decideva la partita», di fatto lasciando via libera agli armatori privati. Sul fronte della tutela del paesaggio e del rischio idrogeologico Murgia ha puntato il dito sia contro il centrodestra sia contro il centrosinistra «che difendono gli stessi interessi immobiliari», ricordando che «la Giunta Soru è caduta sul tema urbanistico». In difesa del Ppr si è schierato il segretario regionale del Pd, Silvio Lai: «Approvare la revisione del Piano paesaggistico, per di più con un atto di forza nei confronti dei funzionari regionali, è da irresponsabili. Cappellacci gioca cinicamente la sua partita elettorale, sparando cartucce a salve e sapendo bene che sta approvando un atto senza alcuna efficacia». «L’unico effetto che sortirà — ha aggiunto Lai — sarà quello di creare confusione per chi lavora negli uffici tecnici comunali, dove non sapranno se attenersi al Ppr in vigore o a quello di Cappellacci, che nasce in pieno contrasto con il ministero dei beni culturali e che serve solo per far dire al presidente uscente che almeno una cosa di quanto promesso cinque anni fa in campagna elettorale è stata fatta»
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2014
Ci Sono voluta Una causa amministrativa Sentenze della Magistratura per Salvare Capo Malfatano, Comune di Teulada, Sardegna. E this E nel contempo una bella cura di Una cattiva notizia.
La bella notizia l'ho Già detta:. Prima il TAR Sardegna e poi il Consiglio di Stato ha sancito l'illegittimità Annone di un'enorme / ennesima Speculazione edilizia Sulle martoriate coste della Sardegna Circa 200.000 metri cubi di cemento a 300 metri Dalla splendida spiaggia di Tueredda.
La cattiva notizia e Che Ancora una volta SIA Stato Necessario l'Intervento della magistratura per Fermare lo scempio. Perché Dall'altra parte erano Tutti d'Accordo, il Comune di Teulada, la Soprintendenza, la Regione Sardegna, ndr ovviamente i costruttori Tra i Quali Benetton ("United Colors of Benetton", ricordate?) E Caltagirone. Da this parte la ferma Volontà di un singolo pastore, Ovidio Marras, di 82 anni, e del supporto Ricevuto dal Gruppo di Intervento Giuridico e di Italia Nostra per Fermare lo scempio. Ed e purtroppo Una cattiva notizia Anche Il Fatto Che Una parte delle costruzioni Sono in corso d'opera.
Ho scritto Già nel passato della follia Caso delle seconde, delle scritte "vendesi" sempre Più Numerose also in Sardegna. Eppure il virus edificatorio arrestarsi non pare. E l'ultimo atto e Stato lo stravolgimento del Piano Paesaggistico di Soru, da parte della Giunta Cappellacci ("cominci a preparare il cemento ei mattoni"), Che darebbe il via libera a Nuove lottizzazioni sul litorale, fortunatamente impugnato dal Governo alla Corte Davanti Costituzionale.
Si dice Che il mondo ambientalista dadi sempre di no. Ma, Vieni dadi giustamente un mio caro amico: "continueremo a dire sempre di no, se Dall'altra parte proporranno e progetteranno sempre le stesse cose".
eddyburg) si battono da anni contro la distruzione di un prezioso paesaggio della costa della Sardegna. Il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2014, con postilla
MADE IN BENETTON. Ogni tanto una buona notizia. Il 9 gennaio le sessanta cartelle di una sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato hanno salvato un pezzo di paesaggio italiano: Capo Malfatano, all'estremo sud della costa della Sardegna. Qui la Società Iniziative Turistiche Agricole Sarde e una cordata di costruttori di tutto rispetto (Sansedoni, Benetton, Toti e Caltagirone) stavano costruendo hotel e servizi per quasi 200.000 mila metri cubi di cemento (pari a circa 15 palazzi di dieci piani) collocati a 300 metri dalla spiaggia di Tueredda. Se è dovuto intervenire il Consiglio di Stato è perché il Comune di Teulada e la Regione Sardegna avevano tranquillamente concesso tutte le autorizzazioni (ennesimo atto di interessato suicidio), e la Soprintendenza non aveva fatto una piega (ennesima complicità nel suicidio). Il primo a opporsi un semplice cittadino: Ovidio Marras, contadino e pastore di 82 anni, supportato dallo straordinario GrIG (Gruppo di Intervento Giuridico). Ma mancavano i soldi per percorrere fino in fondo l'iter della giustizia amministrativa, ed è qua che è intervenuta Italia Nostra, un'associazione cui tutti noi dovremmo essere profondamente grati. “La sentenza – scrive proprio Italia Nostra – è una vittoria contro un’immensa e continua aggressione all’ambiente. Il Consiglio di Stato non solo ha riconfermato il valore assoluto del paesaggio sugli interessi economici, ma ha anche confermato la funzione delle associazioni in difesa del patrimonio culturale. Un’azione svolta con grande impegno e determinazione dal consiglio regionale di Italia Nostra Sardegna, da Maria Paola Morittu e dall’avvocato Filippo Satta per la difesa di un luogo unico. Malfatano deriva dall’arabo ‘Amal fatah’ che vuol dire ‘il luogo della speranza’, la speranza che per Italia Nostra sentenze come queste indichino quale debba essere il rispetto che il nostro patrimonio storico, artistico e naturale merita ogni giorno nel nostro Paese”. E sembra di vederlo, su qualche nuvola nel cielo della Sardegna, il sorriso di Antonio Cederna.
postilla
Sulla vicenda vedi su eddyburg l'articolo di Maria Paola Morittu,che nell'agosto 2010 ha aperto la critica e lanciato l'appello, gli articolipubblicati nel 2010 da Giorgio Todde (eddyburg) e Sandro Roggio (L’Unità),quelli scritti negli anni successivi da Andrea Massidda e Mauro Lissia (LaNuova Sardegna), Giorgio Meletti (Il Fatto quotidiano), Giorgio Todde (eddyburg). Su Ovidio vedi anche lo splendido servizio di Giorgio Galeano, per TG3,su YouTube.
L'Unità, 30 dicembre 2013, con postilla
Dopo le elezioni del 2009 per il rinnovo del Presidente e del Consiglio, la Regione Sardegna ha assunto varie iniziative volte ad aggirare e attenuare le misure di tutela del paesaggio ...>>>
Dopo le elezioni del 2009 per il rinnovo del Presidente e del Consiglio, la Regione Sardegna ha assunto varie iniziative volte ad aggirare e attenuare le misure di tutela del paesaggio disposte dal piano paesaggistico regionale approvato nella legislatura precedente. Queste iniziative hanno suscitato non soltanto opposizioni politiche locali e ferme denunce sul piano culturale, ma anche controversie di fronte alla Corte costituzionale descritte nel volume Lezioni di piano[1].
Una di queste controversie si riferisce allo stagno della salina di Molentargius, in Comune di Cagliari, una zona umida che la Regione aveva costituito in parco naturale nel 1999; il piano paesaggistico del 2006 aveva rafforzato la tutela di tutte le zone umide, istituendo una fascia di rispetto di 300 metri. Il contenzioso è nato dopo che il Comune di Cagliari aveva rilasciato la concessione edilizia per la realizzazione in via Gallinara, a poche decine di metri dallo stagno di Molentargius, di un edificio di sei piani, senza curarsi del previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che pure secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio costituisce atto distinto e presupposto della concessione edilizia.
Il tribunale amministrativo regionale ha annullato la concessione edilizia, e la sentenza è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato[2]. Ma la Regione Sardegna, al fine di salvare l’edificio che nel frattempo era stato effettivamente realizzato, aveva approvato una legge con la quale, a sei anni di distanza dal piano paesaggistico regionale, dava mandato alla Giunta regionale di assumere una deliberazione di interpretazione autentica del piano stesso al fine di stabilire che la fascia di rispetto non si applica alle zone umide, ma solo ai laghi naturali ed agli invasi artificiali, con conseguente esclusione della predetta fascia dal regime di autorizzazione paesaggistica[3]. La disposizione aveva carattere retroattivo, poiché la legge imponeva ai Comuni e agli altri enti competenti di «adottare i necessari atti conseguenti con riferimento ai titoli abilitativi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale», in conformità alla delibera di interpretazione autentica.
La Corte costituzionale non si è lasciata ingannare dalla prospettazione della legge regionale, impugnata dal governo Monti. Essa ha ricordato i propri precedenti, secondo cui le leggi di interpretazione autentica con efficacia retroattiva non sono del tutto escluse ma devono trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza. La Corte ha ricordato altresì che la preminenza del diritto e il diritto a un equo processo stabilito dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ostano, in linea di principio, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia. L’unica eccezione, tale da legittimare interventi retroattivi del legislatore, è costituita dalla sussistenza di “motivi imperativi di interesse generale” che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ravvisato al verificarsi di specifiche condizioni, fra le quali la sussistenza di “ragioni storiche epocali” o anche la necessità di porre rimedio a una imperfezione tecnica della legge interpretata, ristabilendo un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore, o di «riaffermare l’intento originale del Parlamento».
La norma regionale della Sardegna impugnata non è stata considerata riconducibile alle fattispecie di leggi retroattive fatte salve dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il suo effetto era quello di una riduzione dell’ambito di protezione riferita a una categoria di beni paesaggistici, le zone umide, senza che ciò fosse imposto dal necessario soddisfacimento di preminenti interessi costituzionali; e ciò, peraltro, in violazione dei limiti che la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato alla portata retroattiva delle leggi, con particolare riferimento al rispetto delle funzioni riservate al potere giudiziario.
La Corte ha dunque dichiarato illegittima la norma impugnata, ma ha anche fatto cadere la legge regionale nella sua interezza, estendendo in via conseguenziale la pronuncia di illegittimità anche alla diposizione che imponeva ai Comuni e agli altri enti competenti di adottare, in conformità alla deliberazione di interpretazione autentica della Giunta regionale, i necessari atti conseguenti con riferimento ai titoli abilitativi edilizi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di adozione del Piano paesaggistico regionale. Quest’ultima disposizione era infatti strettamente e inscindibilmente connessa alla disposizione precedente, non solo perché ne confermava la portata retroattiva, ma anche in quanto ne presupponeva l’applicazione[4].
La motivazione della sentenza è ancora più persuasiva per l’ampio e felice intreccio tra i princìpi della giurisprudenza costituzionale interna e quelli della giurisprudenza sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La legge regionale è risultata in violazione dei princìpi della Costituzione italiana, ma anche e contemporaneamente di quelli del patrimonio costituzionale sovranazionale europeo. Ma la sentenza è anche di buon auspicio per la definizione degli altri contenziosi di costituzionalità in tema di paesaggio nella Regione Sardegna.
Greenreport, 11 dicembre 2013
Per Legambiente il diritto di prelazione che lo Stato vuole esercitare sull’isola Budelli è una scelta inutile e dannosa. Il Cigno Verde spiega il perché in una lettera aperta che ha scritto ai membri della commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Vittorio Cogliati Dezza e Vincenzo Tiana, rispettivamente, presidente nazionale e sardo di Legambiente, scrivono che «Sulla vicenda di Budelli, l’isola privata in vendita sulla quale qualcuno vorrebbe che lo Stato esercitasse il suo diritto di prelazione a suon di milioni di euro, è passata secondo noi una comunicazione confusa e distorta. La nostra associazione è fra quanti ritiene, insieme a Federparchi e al presidente del Fai, Andrea Carandini, che si tratterebbe di una spesa inutile, se non addirittura dannosa».
Cogliati Dezza e Tiana provano a spiegare perché: «E’ inutile perché quell’isola è privata sin dal 1800 e si è conservata integra in virtù dei vincoli e dei divieti severissimi che hanno impedito qualsiasi modificazione dello stato dei luoghi. Già oggi, ad esempio, non è possibile ad alcuno mettere piede sulla Spiaggia Rosa, la zona forse più delicata dell’isola, sia anche il custode o lo stesso attuale proprietario. Se Mr. Harte in persona, il magnate neozelandese che ha sborsato 3 milioni di euro per acquistare l’isola, volesse domani semplicemente passeggiare sulla Spiaggia Rosa, non potrebbe farlo, anche se quella spiaggia è sua. A ciò si aggiunga che quella spiaggia è sua solo in parte, perché una porzione significativa è invece demanio, cioè già oggi “bene comune”, e tale rimarrà. In sostanza l’ambiente di Budelli è supertutelato grazie alle misure che lo Stato, il pubblico, ha saputo apporre su un bene privato di pregio come ce ne sono tanti nel nostro Paese. Del resto il territorio italiano è pieno di beni privati, isole, colline, boschi, montagne, delle cui sorti per fortuna non dispone il proprietario del bene». Per i due dirigenti dell’associazione ambientalista se si vuole realmente tutelare l’ambiente nell’arcipelago è «Meglio utilizzare quei fondi per completare la bonifica dei fondali dell’isola della Maddalena, o usarli per dare ossigeno alle aree marine protette dell’isola colpita dai recenti fenomeni alluvionali».
Per Legambiente l’acquisizione dell’isola di Budelli potrebbe addirittura rivelarsi dannoso per le politiche di conservazione della natura e del paesaggio: «Sarebbero guai infatti se dovesse farsi strada la logica per cui la tutela di un bene dipende dalla natura, pubblica o privata, del bene stesso. Sarebbe una corsa all’acquisizione in ogni prossima legge di spesa: domani magari Spargi, un’isola dell’arcipelago ben più importante di Budelli dal punto di vista della biodiversità. E poi ancora l’isola di Molara. E perché non quella di Maldiventre? E Serpentara? E l’isola de Li Galli, in Campania. E gli isolotti della laguna veneta? Sarebbe pericoloso lasciare intendere che fino a quando un bene non è pubblico è a rischio e, al contrario, solo i beni in mano allo Stato sono al sicuro. Anche perché la realtà ci ha abituati a soluzioni d’ogni tipo: beni sapientemente gestiti dal privato e altri degradati in mano allo Stato o viceversa. Non è quindi la proprietà del bene che ne garantisce la tutela, ma i vincoli che lo Stato è riuscito ad apporre su quel bene e la capacità di gestione del bene stesso. Basti pensare, ad esempio, alle migliaia di ettari di oasi magistralmente gestite da fondazioni e associazioni ambientaliste (soggetti privati…) e che dialogano correttamente con la gestione pubblica di spazi limitrofi».
La conclusione, che va nella direzione contraria a quel che dicono Verdi, Sel ed altre associazioni ambientaliste, è «Ben vengano quindi privati che vogliano confrontarsi sul tema della conservazione della natura all’interno di un quadro di regole che lo Stato ha individuato. Ne potranno trarre vantaggio sia i privati che lo stesso pubblico. Pensare che ci sia un privato cattivo e un pubblico buono è una suddivisione ideologica e novecentesca, buona a strappare demagogicamente consensi facili, ma che rischia di non incidere su quello che a noi ci interessa sopra tutto, la reale tutela dell’ambiente e del paesaggio. E a noi questo confronto non ci fa paura».
La recente e tragica alluvione in Sardegna potrebbe forse avere anche qualche ricaduta positiva sulla politica: infatti il Ministero dei beni e delle attività culturali (Mibac) sta valutando di impugnare alla Corte Costituzionale la revisione del Piano paesaggistico della Sardegna (Pps), varata di recente dalla Giunta Cappellacci. Lo ha ribadito la direttrice regionale del Mibac, Maria Assunta Lorrai, intervenendo al convegno nazionale del Fondo ambiente italiano (Fai) “Sardegna Domani! Terra/Paesaggio/Occupazione/Futuro”, in corso di svolgimento al Teatro Massimo di Cagliari.
«A questo punto abbiamo chiesto all’amministrazione centrale di verificare la possibilità di una impugnativa costituzionale del piano. E ora il Ministero, ufficio legislativo e ministro, stanno valutando questa possibilità» ha informato Lorrai. Già ai primi di novembre era emersa l’intenzione da parte del Mibac di impugnare il nuovo Piano regionale, che ha fatto sollevare molte polemiche. Poi l’alluvione che ha portato manifestamente sul banco degli imputati il consumo di suolo e l’urbanizzazione selvaggia (lo ricordava anche ieri il Capo della Protezione civile Prefetto Gabrielli), che ha fornito altri elementi di riflessione, ed ora il convegno del Fai, un appuntamento pensato per discutere delle grandi potenzialità dell’isola e definire un nuovo modello di sviluppo estraneo alle logiche di cementificazione e speculazione edilizia, che pare “cascare a fagiolo”.
«Nel Piano paesaggistico della Sardegna approvato dalla Giunta regionale a ottobre si infrangono o si allentano le regole poste dalla legge Salvacoste nel 2004 e dal precedente Piano del 2006 - ha dichiarato Andrea Carandini, presidente del Fondo ambiente italiano (Fai) - Il Pps permette di resuscitare tutte le lottizzazioni precedenti il 2004. Si tratta di progetti edilizi vecchi di anni, figli di una mentalità speculativa che la coscienza dei sardi più sensibili ormai rifiuta perché inutili allo sviluppo generale della regione».
Carandini ovviamente ha accennato anche alla recente alluvione: «L’abbattimento o l’allentamento dei vincoli relativi al reticolato idrico, minore e maggiore, è di assoluta gravità. Le alluvioni di Capoterra, Villagrande e quelle dei giorni scorsi ne sono la riprova. L’invasione capillare dell’agro con costruzioni svincolate dall’uso agricolo, il Pps consente la costruzione di un manufatto con destinazione abitativa in un lotto minimo di un ettaro, è da rigettare non solo perché sottrae la terra alla sua destinazione naturale, ma perché manomette il territorio», ha concluso il presidente del Fai.
Sembra un paradosso ma non lo è. Anche le migliori riforme toccano gli interessi di qualcuno, e quel qualcuno si opporrà al cambiamento. Per esempio, sappiamo che il commercio internazionale fa bene ai Paesi che ne accettano le regole, ma poi andate nel Sulcis a dirlo agli operai dell’Alcoa, un impianto che la competizione globale ha condannato alla chiusura.
PPR, risultato storico
Il Piano Paesaggistico Regionale (PPR, in breve) rischia di essere vittima di questa sindrome. Il PPR è stato disegnato per favorire l’interesse generale. La sua adozione è un risultato storico per la Sardegna, una delle cose più lungimiranti mai realizzate nella nostra regione. Tenere alta la qualità del paesaggio ha infatti due enormi vantaggi. Primo, dà un beneficio diretto ai residenti. Non si tratta solo del poter godere ogni giorno della bellezza di un paesaggio. Stiamo imparando a nostre (e purtroppo crescenti) spese che si tratta anche di un piano essenziale per garantire la sicurezza del territorio, di una normativa autorevole senza la quale niente potrà fermare le speculazioni edilizie che prima o poi trasformano eventi climatici in enormi tragedie.
Secondo, in una regione a vocazione turistica il Piano paesaggistico rende competitiva la nostra offerta. Quando si tratta di esportare beni e servizi, le imprese sarde sono spesso in difficoltà per carenze di vario tipo. Ma nel turismo di qualità il fattore decisivo è la risorsa naturale e quella c'è, eccome. Il problema è conservarla con cura: più passa il tempo, più diventa la merce rara che un numero crescente di turisti è disposto a comprare ad alto prezzo.
Il Piano paesaggistico regionale favorisce dunque l'interesse generale, ma questo non basta a metterlo al riparo dal rischio di iniziative legislative che ne danneggerebbero gravemente la sua efficacia. Lobby di speculatori che desiderano rimuovere vincoli rigorosi e ragionevoli, e politici pronti a sostenerle non sono mai merce rara, in Sardegna come altrove. Il rischio vero è quelle lobby trovino consensi ampi anche da parte chi non ha interessi diretti a speculare sul paesaggio.
Nella situazione attuale però i soldi generati da questo meccanismo vanno soprattutto al comune che ha speculato nel passato, quello nel quale i turisti devono risiedere. Poco o niente arriva al comune che ha preservato la qualità del proprio paesaggio. La sua scelta rischia così di favorire esclusivamente il vicino meno virtuoso. È facile intuire che, se questo problema non verrà affrontato, i nemici del Piano paesaggistico regionale potranno sempre contare sul sostegno politico di chi ritiene ingiusta l'attuale distribuzione dei benefici economici generati dal piano.
E questo è un rischio enorme: se riparte la speculazione sulle coste i sardi, nel loro complesso, ne avranno enormi svantaggi. Questa è una sfida importante per chi vuole difendere il PPR sardo migliorandolo: bisogna trovare il modo di distribuire anche ai comuni che hanno conservato la propria risorsa naturale i benefici che oggi arrivano soprattutto a chi, in passato, il paesaggio lo ha consumato.
Un intervento di questo tipo, perfettamente giustificabile sul piano dell'equità, ridurrebbe il malcontento intorno al Piano paesaggistico regionale e toglierebbe spazio ai politici che su quel malcontento fanno sciaguratamente puntano le loro carte elettorali.
Postilla
Pigliaru ha perfettamente ragione: i benefici dell’utilizzazione di una parte del territorio dovrebbe appartenere a tutti coloro cui il territorio appartiene. Ma proprio sull’interpretazione di quest’ultima parola che si gioca la soluzione del problema. Nell’attuale regime giuridico sembra che il territorio, spezzettato in frammenti, appartenga ha chi ne è “proprietario”. Questo è un aspetto rilevante del regime economico-sociale capitalistico-borghese, nato e consolidato nel XVIII e XIX secolo. Il territorio da “bene” è stato tramutato in “merce”. La disequità segnalata da Pigliaru è un aspetto di questo quadro. Si è tentato di affrontarlo in diversi modi, tra l’altro con la fiscalità, la quale dovrebbe servire non solo a finanziare lo stato e il suo funzionamento ma anche a redistribuire la ricchezza. E ci si è lavorato in alcune esperienze di pianificazione territoriale (per esempio nella Provincia di Bologna).
Tuttavia anche in Italia si sta tentando di affrontare la questione in modo più radicale: nel senso di andare alla radice del problema. Una strada che mi sembra interessante è quella che, opponendo il concetto di bene” a quello di “merce” (ossia rivalutando il “valore d’uso” sul “valore di scambio” ) ragiona sul superamento delle vigenti forme dell’istituto giuridico della proprietà e sull’affermazione di istituti e pratiche coerenti col concetto di “bene comune e “bene collettivo”. Mi riferisco, in particolare, la lavoro della Commissione Rodotà e agli scritti di Paolo Maddalena, che da qualche decennio sta lavorando proprio sui i nessi dei concetti di “appartenenza” e “proprietà con le pratiche di tutela del paesaggio (come Pigliaru saprà, Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale è il sostanziale autore "tecnico" della Legge Galasso).
Certo è che non è un piano paesaggistico lo strumento che può affrontare il problema e distribuire in modo equo i vantaggi che crea. Può dare un segnale e imprimere una direzione e innescare un processo, iniziando dal primo passo indispensabile: proteggere il bene dalla sua distruzione. Non a caso lo sgambetto che ha portato Soru alle dimissioni è stata la volontà, del suo stesso partito, di non completare il PPR con l’approvazione della disciplina degli ambiti interni. E non a caso il primo atto compiuto da Cappellacci è stato quello di distruggere l’Ufficio del piano, di impedire l’attivazione degli altri strumenti d’implementazione previsti. Loro si che sono dei furbacchioni. Ma non è detto che vincano sempre.
Il manifesto, 23 novembre 2013, con postilla
«Cappellacci - ha detto ieri Soru in una dichiarazione rilasciata alle agenzie - è un politicante che mente in totale malafede. Le bugie sono la sua regola. Con le modifiche che il leader del centrodestra sardo vorrebbe apportare al Ppr, il piano sarebbe totalmente cancellato: rivivono tutte le lottizzazioni, le zone F, cioè quelle riferite all'ambito turistico-costiero, i campi da golf, si cementificano le campagne, si cancellano i centri storici e si invitano i comuni ad andare avanti senza norme».. «Non è vero - ha aggiunto Soru- che è stato Cappellacci ad aver ampliato la fascia di tutela nei pressi dei fiumi. La sua proposta di modifica del Ppr, infatti, contiene per la prima volta il tentativo esplicito, e pericolosissimo, di riferire le distanze alla linea di mezzeria, invece che dall'alveo del fiume, lasciando poi alla discrezionalità del caso per caso di stabilire vincoli diversi». Ma è tutto l'impianto del nuovo piano predisposto da Cappellacci che non convince Soru. «Si vogliono resuscitare - ha detto l'ex presidente - tutte le lottizzazioni in zona F (turistiche-costiere), bloccate dal Ppr, per circa dieci milioni di metri cubi. Si punta a far rivivere le zone F per attività turistiche per altri cinque milioni di metri cubi. Si prevedono circa venticinque nuovi campi da golf, in realtà altre seconde case, per circa tre milioni di metri cubi. Si vuole trasformare tutta la campagna della Sardegna in aree edificabili: basterà anche un solo ettaro e chiunque potrà costruirsi una casa. A cui si aggiungeranno logge, cortili e strade sui quali correrà l'acqua, compromettendo la vocazione agricola e sicurezza dei territori». E ancora. «Si punta ad eliminare la tutela nei centri storici dei paesi che vengono giudicati non importanti, mantenendola soltanto nelle città più note, e ad eliminare le norme di salvaguardia esistenti, di fatto incentivando i comuni a non adottare i piani urbanistici».
Immediata la replica di Cappellacci: «In queste ore preferisco dedicarmi all'emergenza, ma stia tranquillo Soru che poi mi occuperò di lui con una operazione verità sul suo finto ambientalismo. Le sue sparate e i suoi picchiatori mediatici non intimoriscono nessuno. Il suo velenoso tentativo di collegare gli eventi tragici di questi giorni a una revisione del piano paesaggistico che ancora non ha completato il suo iter dimostrano che gli unici bugiardi e cinici sono il mio predecessore e i suoi amici».
Al presidente della giunta ha replicato, sulle colonne della Nuova Sardegna, uno dei più noti scrittori sardi, Marcello Fois: «E allora, dottor Cappellacci, ha visto che alla fine i sardi le hanno creduto? Ha visto che ha colpito nel segno quando, zainetto in spalla, aria da bel bello, si aggirava per le campagne in uno spot, pagato con molti soldi pubblici, per dire che insomma questi pedanti difensori del territorio a noi sardi ci stavano mettendo le mani in tasca? Sorridente e concessivo ci raccontava che di territorio integro in Sardegna ce n'era fin troppo e che, in un'economia di sussistenza, vietare troppo significava adottare un sistema punitivo. Sempre con i nostri soldi aveva pagato una costosa campagna pubblicitaria di domande e risposte, dove auspicava l'avvento di tempi belli in cui impunemente i balconcini potessero essere trasformati in camerette per bambini senza che questo si dovesse chiamare abuso. Le hanno creduto e l'hanno votata in molti. Ora, però, penso che i suoi spin-doctors debbano ragionare su formule alternative, che non facciano ricorso necessariamente al ventre molle dell'elettorato, ma, finalmente, alla sua testa. Credo che lei dovrebbe fare un passo indietro di fronte all'evidenza che un'alluvione eccezionale fa danni eccezionali dove ancora esiste il territorio, ma fa morti dove il territorio non esiste più».
Dopo i sedici morti e la devastazione causata dal ciclone Cleopatra in Sardegna, sono scattate due inchieste per omicidio colposo e per disastro colposo, avviate dalle procure di Tempio Pausania e di Nuoro. La magistratura ha chiesto alle amministrazioni coinvolte nella catastrofe di lunedì scorso, i progetti, le delibere e tutto quanto possa consentire di far chiarezza su opere stradali, edifici, strutture e pianificazioni urbanistiche realizzati negli ultimi anni. Per ora siamo ai primi accertamenti. I fascicoli sono senza un nome, ma è chiaro che i morti e i danni provocati dall'alluvione non hanno soltanto cause naturali. Lo aveva detto, già martedì mattina, il sostituto procuratore del tribunale di Tempio Riccardo Rossi, in visita al centro di coordinamento dei soccorsi allestito dalla protezione civile a Olbia: «Questo è il momento del dolore e della misericordia, poi arriverà quello della giustizia. Questa drammatica vicenda ha posto in luce evidenti carenze strutturali che, passata l'emergenza, dovremo valutare se potevano essere evitate».
Le inchieste delle procure di Nuoro e di Tempio Pausania sono indirizzate ad accertare sia le cause delle morti sia quelle dei danni ambientali. In particolare la procura nuorese indaga per omicidio colposo in merito alla morte del poliziotto Luca Tanzi, 44 anni, inghiottito nella strada crollata mentre con l'auto di servizio scortava un'ambulanza; e per la morte della pensionata Maria Frigiolini, 88 anni, travolta dall'acqua e dal fango nella sua casa allagata a Torpè. Mentre la procura di Tempio vuole fare chiarezza sulla morte di un'intera famiglia di nazionalità brasiliana, padre madre e due figli, annegati in un sottopiano ad Arzachena.
E sulle cause del disastro, dopo le accuse mosse dagli ambientalisti al presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci, ieri contro il tentativo del centrodestra sardo di smantellare la legislazione di tutela dell'ambiente e del paesaggio approvata nella legislatura precedente dalla giunta guidata da Renato Soru è intervenuta, per conto del ministero dei Beni culturali, la sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni. «Il nuovo piano paesaggistico approvato dalla giunta Cappellacci - ha dichiarato la collaboratrice del ministro Massimo Bray - prevede un allentamento del grado di tutela sia nella costa marina sia in altre zone di particolare pregio paesaggistico, quali i centri storici o i corsi d'acqua pubblica». «Il disastro che ha portato in Sardegna gravi lutti e ingenti danni - ha aggiunto la sottosegretaria - riporta di nuovo, ancora una volta, al centro della nostra attenzione il problema della tutela e della messa in sicurezza del nostro territorio e del suo paesaggio. Un tema che, in alcuni casi, viene volutamente aggirato o considerato un ostacolo a uno sviluppo economico e occupazionale. L'allentamento delle tutele progettato dalla giunta Cappellacci porterà a modifiche sostanziali di molte zone anche nell'agro, attraverso demolizioni di piccoli fabbricati agro-pastorali preesistenti per successive ricostruzioni, con forti aumenti di cubatura e accorpamenti di volumetrie con sagome del tutto dissimili».
Bisogna ricordate che, nelle scorse settimane, il ministero dei Beni culturali aveva annunciato l'intenzione di ricorrere contro il piano di Cappellacci sia in sede Tar sia alla Corte costituzionale. Il Codice Urbani, ossia la legge nazionale che detta le norme generali di tutela del paesaggio, prevede infatti che in materia urbanistica le regioni non possono legiferare (come invece ha fatto Cappellacci) da sole: è necessario l'assenso del governo nazionale. Ma ieri Borletti Buitoni è andata oltre il dato formale. La nota dettata alle agenzie si chiude con un esplicito rilievo politico: «Al di là del vizio di forma e di procedura nell'approvazione del piano da parte della giunta regionale sarda, è a tutti ben chiaro che il territorio sardo aveva e ha la necessità di essere maggiormente tutelato e non maggiormente sfruttato. Purtroppo i tragici eventi di questi giorni lo confermano».
Di fronte alle cronache angosciose che arrivano dalla Sardegna l'animo è agitato da sentimenti contrastanti. Si vorrebbe...>>>
Di fronte alle cronache angosciose che arrivano dalla Sardegna l'animo è agitato da sentimenti contrastanti. Si vorrebbe tacere per rispetto dei tanti, troppi morti, alcuni dei quali bambinelli, strappati dalle mani disperate dei padri dalla furia delle acque. Ma si vorrebbe anche urlare per la rabbia e lo sdegno, perché ormai da troppi anni sciagure territoriali consimili punteggiano il nostro calendario civile. Chi se ne ricorda?
Queste ultime considerazioni ci portano alla seconda conseguenza da trarre dalla tragedia di questi giorni. È evidente che il nostro territorio, anche in ragione dei mutamenti nel regime della piovosità, è diventato sempre meno sicuro. Senonché il territorio è la nostra casa comune e dunque l'insicurezza è quella di tutti noi, di tutti i cittadini italiani. La nostra incolumità personale, la nostra stessa vita sarà sempre più esposta a rischi anche dentro le nostre città. Dunque, quello che è un antico diritto costituzionale della persona, il diritto alla sicurezza (sicurezza della vita e della libertà nei confronti dei soprusi dello stato e di altri poteri) oggi è insidiato da un versante inedito: quello della fragilità territoriale e della violenza climatica.
È evidente, a questo punto, che l'incultura e l'irresponsabilità del ceto politico nazionale e degli amministratori locali (ma anche di tanti privati cittadini che costruiscono abusivamente) tende a sconfinare verso ambiti di natura penale. Crediamo che su questo punto occorra la riflessione innovativa degli studiosi del diritto. Stiamo entrando in un nuova era, inaugurata dal caos climatico, che renderà problematico il rapporto tra cittadini e ambiente e caricherà di responsabilità inedite chi si candida a governare la cosa pubblica. L'Italia è già un'avanguardia e un laboratorio, non solo l'America dei cicloni. Per il momento dobbiamo incominciare a dire ai nostri governanti e agli uomini politici, che non hanno mai letto una pagina scritta sui caratteri del territorio italiano, che la loro inefficienza nel gestire le risorse disponibili, l'attività di distrazione di investimenti destinati alla cura del territorio e impiegati in grandi opere, sempre più viene a configurarsi come un danno dell'interesse collettivo, tendenzialmente criminale.
www.amigi.org
La Repubblica, 22 novembre 2013, con postilla
Nei giorni della catastrofe che si è abbattuta sulla Sardegna con l'uragano in cielo mare e terra che ha devastato Olbia e il territorio circostante e le terre del Nuorese, un gruppo di intellettuali sardi rappresentati da Marcello Fois si è fatto sentire con parole commosse e vibranti. L'articolo di Fois su 24 Ore è intitolato "Non ci perdoneranno". Ne cito un passo particolarmente significativo.
«Quei morti non ci perdoneranno mai perché noi dovevamo sapere e lo dovevamo dire. Dovevamo sapere che lasciar costruire centrali nucleari in riva al mare poteva essere un modo per rendere micidiale per secoli un evento micidiale ma passeggero come uno "tsunami"». Dovevamo sapere — prosegue Fois — che cementare gli stagni per fare parcheggi o costruire villette a schiera sui letti secchi dei fiumi significa sfidare gli eventi eccezionali perché diventino carneficine. Ma le centrali nucleari in riva al mare sono state fatte, gli stagni prosciugati, i letti dei fiumi edificati. E oggi, al capezzale della civiltà dei sardi, a noi intellettuali ci chiedono parole di sostegno. Ma un appello al mondo quando la tragedia si è consumata è tempo perduto. La parola sostegno dovrebbe corrispondere a urlare No tutte le volte che si avallano decisioni e situazioni insostenibili. La Sardegna è stata abbandonata a se stessa e noi sardi abbiamo consentito che ciò avvenisse, anzi ci siamo adeguati al tozzo di pane che ci arrivava dal “placebo” del cemento selvaggio che produce lavoro solo per il tempo necessario a liquidare una tornata elettorale. Il corso terribile della Natura diventa devastante quando si accompagna all’ignoranza diffusa, alla disonestà degli amministratori, alla pessima memoria di chi si illude di poter modificare la propria precarietà con progetti di piccolo cabotaggio. Continueremo a maledire la nostra “malasorte”?».
La citazione è lunga ma meritava d’esser fatta. Con un’aggiunta però: fanno bene gli intellettuali sardi a denunciare una situazione diventata per loro insanabile, ma essa non riguarda soltanto la Sardegna. Riguarda tutte le terre italiane, soprattutto quelle del Sud ma non soltanto. E non è recente, è antica. Sonnino e Franchetti la denunciarono nella loro inchiesta sulla Sicilia fin dalla fine dell’Ottocento; Giustino Fortunato coniò nel 1904 l’immagine dell’Appennino in Calabria e nel Cilento come uno “sfasciume pendulo sul mare”; Carlo Levi raccontò negli anni Quaranta come e perché Cristo si era fermato a Eboli e analoghi racconti fecero Guido Dorso, Gaetano Salvemini, Giuseppe Di Vittorio e Danilo Dolci in nome dei contadini salariati, consapevoli degli interessi di classe ma anche della terra sulla quale quel lavoro veniva sfruttato per depredarla e impoverirla con colture di rapina.
Questa situazione non si è modificata, anzi è peggiorata dovunque, il cemento selvaggio ha invaso tutta la costiera italiana, dovunque i fiumi sono stati edificati, l’abusivismo è diventato un fenomeno non più gestibile, la trasformazione dei torrenti in suoli edificabili e edificati d’estate e in fiumi di fango in inverno e primavera. Centinaia di milioni andati in fumo, migliaia di vittime cadute sul campo di queste devastazioni.
Bisogna riprendere con paziente tenacia le educazioni di quelle che un tempo si chiamavano “le plebi” e che tali stanno ridiventando a causa d’un analfabetismo di tipo nuovo, che non riguarda più l’ortografia e la grammatica, ma la conoscenza e la cultura.
La Sardegna è una delle terre più colpite ed ha bisogno di risvegliarsi con la massima urgenza. Segnalo a questo proposito un’iniziativa che può essere molto opportuna; è stata presa dal Fai (Fondo ambiente italiano), dal suo attuale presidente Andrea Carandini e dalla presidente onoraria Giulia Maria Crespi. Un convegno nazionale scandito da quattro parole: terra, paesaggio, occupazione, futuro; valori intimamente legati tra loro che possono rilanciare l’economia, l’artigianato, il turismo, l’energia proveniente da fonti non convenzionali. Ci vuole un ripensamento dei centri storici nei paesi e nelle città, la ristrutturazione dei beni residenziali esistenti, l’avvio del nuovo eco-sviluppo che si estenda all’Italia intera e comprenda anche la politica delle banche sul territorio e l’impiego differenziato delle tariffe energetiche che incentivino le potenzialità della terra, del paesaggio e dell’occupazione sulle quali il convegno è come abbiamo detto impegnato.
La catastrofe sarda ha dato, con la devastazione e le vittime che ha prodotto, l’ultimo allarme. Non lasciamolo cadere invano.
Postilla
Ottime parole, opportunamente e utilmente pronunciate (ma il dito dell’accusatore andrebbe rivolto, prima che alle plebi, a chi le ha plagiate). Peccato che al convegno organizzato dal FAI, ampiamente segnalata dal fondatore della Repubblica, non ci sia nessuna relazione dedicata alle coste della Sardegna, e in particolare alla difesa della rigorosa tutela decisa dal Piano paesaggistico della giunta di Renato Soru, formalmente vigente ma smantellato, eluso e derogato giorno per giorno dalla maggioranza guidata da Cappellacci.
Il Fatto Quotidiano, 21 novembre 2013
RENATO SORU: «ILLUSI DAI METRI CUBI E ADESSO SI PIANGONO I MORTI»
intervista di Giorgio Meletti,
Esattamente cinque anni fa, a fine novembre del 2008, Renato Soru si dimise da governatore della Sardegna dopo essere stato mandato sotto dalla sua maggioranza di centrosinistra su un emendamento della nuova legge urbanistica. Un mese prima l'alluvione di Capoterra, pochi chilometri da Cagliari, era costata quattro morti. “Avevano costruito case e strade sul letto del rio San Girolamo”, borbotta Soru. Il copione si ripete. Ora come allora la conta dei morti fa da prologo alla campagna elettorale. Ora come allora il governatore berlusconiano Ugo Cappellacci chiede il voto per liberare la Sardegna dalle “regole talebane” fissate da Soru con il piano paesaggistico regionale del 2006.
Scusi Soru, l’hanno attaccata anche i potenti del centrosinistra sardo, lei alla fine sulla difesa del territorio ha perso le elezioni di febbraio 2009. Non è che alla maggioranza dei sardi il cemento piace?
Non lo so se ho perso su questo o su altre cose. Posso solo dire che la coscienza ambientale dei sardi è matura, e le mie regole le hanno accettate, ma la forza della speculazione si impone sulla coscienza dei cittadini quando rimane silente.
Cappellacci pochi giorni fa ha varato una delibera che smonta il suo piano paesaggistico.
Ha notato? E praticamente nelle stesse ore ci tocca contare i morti. Sono anni che attaccano a testa bassa il nostro lavoro. Abbiamo messo sotto tutela le coste, bloccando la cementificazione, abbiamo dato alla regione un piano idrogeologico, mai fatto prima, proprio per prevenire frane, inondazioni e disastri.
Vi hanno accusato di uccidere l'economia.
Sì, con i vincoli a costruire sul greto dei fiumi, con le distanze minime dai corsi d'acqua anche se apparentemente secchi. Ci hanno scatenato contro polemiche infinite. E adesso tra le nuove norme c'è la possibilità di dimezzare le distanze dai corsi d'acqua, quelle fissate da noi con il piano idrogeologico. Sono anni che ci provano.
A fare che cosa?
Sto pensando a quella famiglia, quattro persone morte in uno scantinato della ricchissima Arzachena.
Ricchissima?
Sì, ricca di cemento, così ricca da far dormire le famiglie negli scantinati.
Che c'entra con Cappellacci?
Sa quante volte hanno cercato di far passare la sanatoria per rendere abitabili gli scantinati? Fa una bella differenza vendere una villetta al mare di 100 metri quadrati, se si possono aggiungere 40 metri di scantinato. Ma gli scantinati non sono fatti per farci vivere esseri umani, e nemmeno per farceli morire. Eppure hanno cercato in modo sistematico di smontare le tutele del paesaggio attraverso le deroghe previste dai “piani casa”. Ne hanno fatto uno all'anno, siamo già a quattro, con la previsione di costruire 50 milioni di metri cubi di case. Si calcola che equivalgano a diecimila palazzi di sei piani.
Ma chi li dovrebbe comprare?
Aspetti. Prima le parlo della legge sui campi da golf. Hanno previsto di fare 25 campi da 18 buche, con la possibilità di costruirci intorno 3 milioni di metri cubi.
Ma che c'entrano i metri cubi con le buche del golf?
Effettivamente potevano chiamarla legge sulle case da fare vicine ai campi da golf. Era talmente fuori da ogni regola che è stata impugnata dal governo Monti.
Torniamo al punto. Per chi sono tutte queste case? Il popolo sardo ha veramente questa voglia di mattone?
Siamo fuori del mondo, le speculazioni immobiliari non sono più leve di crescita, ma motivo scatenante della crisi finanziaria. Anche in Sardegna l'invenduto è enorme. Solo a Olbia ci sono 15 mila appartamenti in cerca di acquirenti. Il mio piano paesaggistico ha salvato un sacco di immobiliaristi, impedendo loro di rovinarsi. Qualcuno è venuto addirittura a ringraziarmi.
Però Cappellacci insiste.
Quella delibera del 25 ottobre è una grida manzoniana, dice “liberi tutti”, ma è illegittima. C'è il rischio che qualcuno si lasci ingannare, che magari spenda soldi in progetti e procedure per niente. Il procuratore della Repubblica di Oristano ha dovuto fare una lettera richiamando sindaci e privati sul rischio di commettere addirittura reati.
Magari rivince le elezioni.
Lui ne è convinto, pensa che le due promesse sullo stile del suo maestro Berlusconi facciano ancora presa.
Due promesse?
La prima è a livello di reato di abuso della credulità popolare: la zona franca, niente più tasse in tutta la Sardegna. Come a Livigno, ma per un milione e mezzo di persone. La seconda è il cemento.
Magari funziona ancora.
A Roma la cattiva politica si nutre di debito pubblico, a Cagliari, non potendo fare debito, si stampano metri cubi. Ma no, non funziona più. Nel 2009 Cappellacci ha vinto perché così era l'Italia del tempo, c'era Berlusconi trionfante, è venuto qui a fare la campagna elettorale e ha promesso tutto a tutti: Porto Torres, Alcoa, Carbosulcis, Eurallumina. Molti si sono fidati. Ha promesso 100 mila posti di lavoro con l'edilizia, invece ne abbiamo persi 70 mila. E adesso c’è un livello di disoccupazione non dico mai visto, ma neppure mai pensato.
LA CURA DEL CENENTO DEL MEDICO DI B.
di Antonella Brianda e Alessandro Ferrucci
Il futuro era lì, vicino, a portata di mattone. Settimo Nizzi, ex sindaco, aveva anche fissato la data: “Nel 2025 Olbia sarà una città da centomila abitanti con un’area urbana estesa fino alla tangenziale”. Di fatto la strada sopraelevata sarebbe diventata un moderno muro di cinta. E ancora zone agricole edificabili, un milione di metri cubi dedicati alla zona costiera, la più pregiata. Alberghi, ville. Ancora alberghi. Altre ville.
Era il 2004 e il professor Nizzi credeva di poter dire, fare, attuare ogni scempio in Costa Smeralda, in fin dei conti era l’ortopedico di Silvio Berlusconi. Fedele alla Casa delle libertà, la politica dell’ex primo cittadino era improntata sull’idea delle “mani libere”, del laissez-faire. A tanti, troppi è andata bene. Come il Caimano, anche lui amava mostrarsi in varie vesti, da medico, a politico, fino a operaio con tanto di caschetto giallo in testa e foto-ricordo sulle ruspe.
E ancora il via libera alla costruzione di abitazione a Santa Mariedda e Pozzuru, quindi gli agognati alberghi da cinque e oltre stelle come l’Hilton e il Geo Village, sorti in zone un tempo industriali e magicamente diventate edificabili.
Il procuratore capo a Tempio Pausania, Domenico Fiordalisi, ha sulle sue scrivanie pile di documenti, carte relative ad alcune costruzioni di dubbia regolarità. Dubbia per la legge, non per i suoi abitanti. Nizzi nella zona è ancora considerato un personaggio di spessore, ha ancora il suo cerchio magico, dirige il Cipnes, un consorzio di industriali che gestisce milioni e milioni di euro, con la facoltà di approvare piani edilizi e assegnare licenze nelle zone di sua competenza. Quali zone? Esattamente dove Olbia dovrebbe espandersi, ovvio, dove lui, in fin dei conti, è di casa.
Greenreport, 21 novembre 2013
«La devastazione provocata dall’alluvione in Sardegna, con la tragedia della perdite di vie umane, impone alla Regione il radicale cambiamento nella gestione del territorio, con il blocco di ulteriori compromissioni e l’adozione di efficaci interventi di riassetto idrogeologico e paeseggistico». E’ questo il succo dell’appello unitario lanciato da Fondo ambiente italiano (Fai), Italia Nostra, Istituto nazionale di urbanistica (Inu), Legambiente e Wwf che spiegano: «La Giunta Regionale ha approvato un nuovo Ppr, che stravolge il precedente, proponendo di annullare molte delle misure a tutela del nostro territorio, costruite in decenni di lavoro comune e di crescente attenzione della comunità sarda».
Le 5 associazioni il 23 novembre terranno una conferenza stampa a Cagliari, e intanto lanciano l’appello “Salviamo il Paesaggio della Sardegna” che parte da un assunto: «La salvaguardia dei suoli e dei paesaggi delle coste e delle zone interne deve costituire la risorsa strategica per promuovere uno sviluppo che sia sostenibile».
Inu ed ambientalisti invitano a partecipare studiosi, esperti, amministratori, rappresentanti delle istituzioni e tutti i cittadini che hanno a cuore la tutela del patrimonio paesaggistico ambientale della Sardegna a quella che, dopo il disastro del ciclone “Cleopatra” si presenta come una rinascita culturale e politica della Sardegna che metta al centro la tutela ed il recupero della sua più grande risorsa: il territorio e l’ambiente.
Le associazioni concludono: «Siamo fiduciosi che i sardi sapranno scegliere di difendere il proprio territorio per promuovere nuove politiche del lavoro basato sulla salvaguardia ambientale, su un esteso programma di riassetto idrogeologico e sulla riqualificazione dell’edificato esistente. Rafforzare la qualità del territorio e la sua attrattiva nel panorama internazionale con il restauro del sistema paesaggistico costiero, la riqualificazione dei tanti villaggi costieri e dei centri urbani, con migliaia di seconde case e di edifici invenduti o inutilizzati, il recupero alle grandi tradizioni produttive agroalimentari dei terreni abbandonati sono la grande sfida per la generazione vivente e per quelle future, con decine di migliaia di posti di lavoro e garanzia di vita delle comunità insediata».
il manifesto, 20 novembre 2013
La roulette del territorio fai-da-te
di Sandro Roggio
Cosa è successo in Sardegna? Se lo chiedono in tanti e forse pure i turisti «continentali» che neppure sanno immaginarsele le coste sarde d'inverno. Sull'onda dell'emozione le risposte rischiano di essere precipitose. In realtà, il ripetersi di eventi catastrofici ci obbliga a prendere sul serio le prime reazioni, ormai arricchite da considerazioni già svolte in circostanze simili. Sembra una ripetizione oziosa parlare di malgoverno del territorio, ma tutti sappiamo con quale ostinazione si continua a urbanizzare aree inadatte. E quindi: piove ed è colpa del governo, da battuta popolare diventa espressione di meditata saggezza; non perché piove, certo, ma perché una pioggia straordinaria (spesso è così ) è solo una fra le cause di tragedie come questa.
Il governo del territorio in Sardegna: e viene in mente la confusione nei dibattiti intitolati «Tutela ambientale e sviluppo del territorio». Ma oggi il tema è un altro, la gravità del momento porta un elenco di domande per quando smetterà di piovere. I ponti devono sempre crollare? Le case devono stare nelle depressioni e negli alvei dei fiumi? Le tremila ville nell'agro di Arzachena sono una quantità gestibile? I condoni edilizi compensano la mancanza di case popolari a Olbia?
Insomma sarebbe facile la risposta: tutta colpa degli uomini cattivi che hanno maltrattato il territorio dell'isola. Vero in generale, ma dire che c'è un nesso di causalità diretto tra il disastro di queste ore e le trasformazioni avvenute in questi decenni è almeno precipitoso.
E d'altra parte servirà un po' di tempo per consentire agli studiosi più competenti - penso agli idrogeologi - di guardare caso per caso nel merito delle circostanze puntuali. Ma i dubbi non mancano. L'intensità dei fenomeni è stata notevole, ma è inesatto dire che non era prevedibile. La statistica osserva i fenomeni atmosferici e ne definisce la probabilità che possano ri-accadere. E si considerano i tempi «di ritorno» per intervalli in genere tra i 50 e i 500 anni. Ma il fatto che eventi si ripetano dopo centinaia di anni non mette al sicuro. La roulette spiega che lo zero ha 1/37 possibilità di uscire ma può succedere anche tre volte di seguito. Per cui: chi ha costruito male in un area a rischio può sentirsi al sicuro da eventi «probabili» a distanza di centinaia di anni?
La coscienza assente e il gioco di specchi
di Marcello Madau
Colpisce in queste ore drammatiche lo schizofrenico alternarsi di ordinario e straordinario, di normale ed eccezionale. Gioco di specchi che disorienta e ferisce. La solidarietà è eccezionale perché dovrebbe essere normale, ma ordinariamente non lo è rispetto ai valori ufficiali. I media, assieme ai corpi, alle case, alle terre violate, mettono la bontà - reale - in prima pagina. Sarebbe da prima pagina - normalmente - anche l'eccezionale fatto che a portare solidarietà alle popolazioni sia un governatore ex-presidente della società che ha avvelenato di cianuro il territorio di Furtei. Si invoca l'evento imprevedibile, millenario.
E questo ciclone sardo - perché chiamarlo Cleopatra e non Antonio? - è certamente il segno di un rapporto drammaticamente mutato fra terra, aria e mare nel nostro mediterraneo. Una eloquente risposta ai negazionisti del mutamento climatico globale. Ma è assente la coscienza normale che proprio per ciò bisognerebbe aumentare e non diminuire le tutele, non autorizzare urbanizzazioni dissennate, proteggere gli argini dei fiumi. Non cancellare, come è stato fatto pochi mesi fa, i fondi per gli studi idrogeologici.
Non mi convincono le accuse di assenza ad uno Stato e una Regione che invece sono molto presenti: nel nuovo Piano paesaggistico regionale - Ppr (S) - la tutela delle aree fluviali è indebolita, le cubature ammesse, il regime delle acque terrestri modificato. Anche con quei campi da golf che Ugo Cappellacci ha magnificato a Bosa, dove Condotte ne progetta uno su una delle più belle coste dell'isola.
Delicatissima e fragile la traccia ampia dell'antica Ichnoussa, delle biodiversità e dei ventimila monumenti archeologici. Se la Direzione Regionale del MiBac ha detto no al Ppr (S) di Cappellacci, oggi impressiona l'irrituale appello del Soprintendente Archeologo. Egli chiede in modo encomiabile che si segnali qualsiasi notizia di danneggiamento al patrimonio archeologico: è la coscienza, nella stessa chiamata d'aiuto, di un sistema inadeguato. Il nostro pianeta attraversa una profonda crisi ambientale. La Sardegna vi partecipa con un habitat climatico mediterraneo modificato e un territorio avvelenato da troppi decenni di saccheggio. L'eccezionale ciclone è il tracciante di questa situazione, la metafora di una crisi drammatica. Della necessità di forme nuove basate sull'autogoverno territoriale dei beni comuni, di cultura, tutela, democrazia e identità. Sulla maniera di gestire il territorio si decide il futuro della Sardegna, a partire dalle prossime elezioni regionali.
La Repubblica, 14 novembre 2013
Mentre un pezzo di questa pseudo-maggioranza di governo, con la complicità o la connivenza di una parte del Pd, vorrebbe mettere in vendita il patrimonio pubblico delle spiagge, lo Stato italiano rischia di perdere una “perla” della Sardegna come l’isola di Budelli, nell’arcipelago incantato della Maddalena. Qui Michelangelo Antonioni girò nel 1964 una memorabile sequenza del suo “Deserto rosso” con Monica Vitti. E qui c’è ancora, nonostante le scorribande di un turismo predatorio, la famosa “spiaggia rosa”, una delle più suggestive del mondo, così denominata per il colore particolare della sabbia lungo la linea della battigia.
All’inizio del Novecento, Budelli apparteneva a una famiglia della Maddalena e poi nel 1950 venne acquistata da un ingegnere milanese con il progetto di costruire un esclusivo villaggio vacanze. Ma l’operazione fu bloccata dalle resistenze locali, fino a quando nel 1992 il ministro dell’Ambiente, Carlo Ripa di Meana, firmò un decreto per rendere quel territorio inedificabile. A febbraio scorso, infine, in seguito al fallimento della società proprietaria, l’isola è andata all’asta ed è stata comprata per 2 milioni e 945mila euro da un banchiere neozelandese, intenzionato - a quanto assicura lui stesso - a preservare l’ambiente con le sue 700 varietà vegetali di macchia marina, di cui 50 specie endemiche.
Attraverso il Parco nazionale dell’Arcipelago della Maddalena, istituito nel ‘90, lo Stato potrebbe ancora esercitare però un diritto di prelazione entro l’8 gennaio 2014. Senonché l’articolo 138 della precedente Finanziaria, predisposta dal governo Monti, impedisce a qualsiasi ente pubblico di acquistare beni e cose. E per questo, su sollecitazione dell’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, Sel e il gruppo misto del Senato hanno presentato un emendamento alla legge di Stabilità che è all’esame del Parlamento.
In collaborazione con la piattaforma “change.org”, lo stesso Pecoraro Scanio aveva già lanciato su Internet una petizione popolare — intitolata “Budelli bene comune” — che finora ha raccolto oltre 80 mila firme. L’obiettivo è quello di affidare la proprietà e la gestione dell’isola al Parco, per trasformarla in un “museo all’aria aperta” in grado di autofinanziarsi con il ricavato dei biglietti d’ingresso. «Budelli è un patrimonio e un simbolo del nostro Paese — ribadisce il capogruppo di Sel alla Camera, Gennaro Migliore — che va restituito ai cittadini italiani».
L’emendamento alla legge di Stabilità chiama in causa direttamente il ministero dell’Economia, già alle prese con il bombardamento di tremila emendamenti presentati dai partiti alle Camere: anche in questo caso, spetta eventualmente a Fabrizio Saccomanni reperire i tre milioni di euro per salvare “l’isola più bella del mondo”. Ma tutto sommato si tratta di una cifra contenuta, l’equivalente di un appartamento di pregio nel centro di Roma, che oltretutto servirebbe ad alimentare turismo e occupazione. E perciò si aspetta un intervento anche da parte del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, al quale va il merito di aver indotto per ora il Partito democratico a fare dietrofront sulla vendita delle spiagge.
Nel frattempo, contro questa inaccettabile liquidazione del nostro litorale, la Federazione dei Verdi guidata da Angelo Bonelli ha indetto per le 15 di oggi a Roma, in piazza del Pantheon, un sit-in di protesta contro la proposta di Pdl e Lega. «Vogliamo mobilitarci - spiega Bonelli - non tanto per una questione politica, quanto piuttosto morale». Il paradosso è che le spiagge italiane, con le 30 mila concessioni demaniali assegnate a imprenditori privati per la gestione di 15 mila stabilimenti
balneari che insistono su 600 Comuni costieri, di fatto sono state già svendute: tant’è che rendono allo Stato intorno ai cento milioni di euro all’anno, in base a canoni irrisori e spesso anche clientelari, fruttando agli esercenti incassi che si aggirerebbero sui dieci miliardi (due secondo i dati ufficiali).
Nel 2012 fu la Commissione europea a intervenire, sollecitando la riduzione da 30 a 5 anni della proroga alle concessioni, originariamente proposta anche allora da Pdl e Pd. La storia, insomma, si ripete. Ma la “spiaggia rosa”, l’isola di Budelli e tutto l’arcipelago della Maddalena non possono rientrare ora nella logica viziosa delle “larghe intese”.
Arnaldo (Bibo) Cecchini
Perché abbiamo ritenuto giusto collaborare con la Giunta Cappellacci
ma oggi siamo contrari al loro PPS
Caro Eddy,
Rispondo alla tua lettera aperta del 7 novembre scorso. Credo, anzi so, di essere uno dei tuoi “ottimi e stimatissimi amici” e sono sempre stato e sono stato un amico di eddyburg che consiglio sempre ai miei studenti come un punto di riferimento irrinunciabile. Ricorderai che lo presentammo ad Alghero ai suoi albori.
Mi fa piacere discutere con te, come abbiamo fatto in tanti anni, trovandoci spesso d’accordo e sempre facendo delle nostre discussioni, occasionalmente anche aspre, un’occasione di crescita e di apprendimento. Ricordo la più ardua, durante la guerra del Kosovo che ci ha visto in dissenso, in due gruppi con posizioni diverse allo IUAV. O la discussione sulla bozza di riforma Martinotti su cui invece eravamo d’accordo. O il fatto che ci siamo alternati come pro-rettori responsabili delle nuove tecnologie allo IUAV, con una grande consonanza di visione. Insomma, oltre ad aver appreso da te e da Indovina il poco che so di urbanistica, sono lieto di essere tuo amico.
Ciò premesso, come hai visto ho, abbiamo noi tutti e quindici, già risposto alla seconda domanda: sono contrario al cosiddetto PPS proposto dalla Giunta regionale in carica, e farò quel che posso per evitare che venga approvato.
La prima, più che una domanda, è una rilevante questione.
Come forse ricorderai sin da “bambino” non credevo alla neutralità della scienza (sono laureato in Fisica e il mio primo scritto si intitolava “Un mitra è una mitra e la meccanica quantistica è la meccanica quantistica”, un samizdat che ha circolato molto a Preganziol, prima che tu arrivassi). Posso non dilungarmi su quel che so, sappiamo, essere ovvio? Vengo alla questione.
I dirigenti dell’Assessorato all’Urbanistica della Regione Sardegna ci hanno chiesto (non so a chi altro, ad esempio non sapevo che avessero chiesto anche a te) se potevamo essere interessati a condurre un processo teso a presentare e a discutere con tutti gli attori sociali, economici e istituzionali il PPR della Sardegna (quello che tu hai, con altri tra cui il nostro Preside di allora Vanni Maciocco, pensato ed elaborato), a evidenziarne possibili criticità, a indicare modalità di coinvolgimento degli attori pubblici locali (Comuni e Province) nella sua applicazione e nella costruzione di progettualità.
Io non ero allora Preside, ma dirigevo un laboratorio che si occupa (anche) di partecipazione (so che abbiamo una grande consonanza su questo, dall’epoca in cui abbiamo seguito delle Tesi di Laurea insieme sull’argomento) e la richiesta è pervenuta all’amica e collega Alessandra Casu, che tu conosci bene e sulla cui serietà, rettitudine, onestà e rigore non è permesso a nessuna persona perbene di dubitare; Alessandra ha assunto la direzione del processo.
Posso pensare che una delle ragioni della richiesta fosse che avevamo condotto un processo di condivisione e di conoscenza del PPR per decine di amministratori, funzionari e tecnici, un’attività di formazione voluta dalla Giunta Soru, chiamato ITACA e il cui laboratorio finale, svoltosi a Barcelona aveva come titolo Nuove Idee per la Sardegna: quel laboratorio era stato ideato e guidato da me, dalla collega Casu e dal collega Plaisant,.
Abbiamo deciso di manifestare il nostro interesse perché l’obiettivo dichiarato era quello che ho descritto e perché noi siamo un’istituzione che ha il dovere di cooperare - in piena autonomia e con rigore scientifico e trasparenza - con altre istituzioni pubbliche (succedeva allo IUAV ad esempio con la Regione Veneto).
Il processo è stato condotto con grande rigore (anche se i tempi previsti sono stati tagliati) e con la massima trasparenza: Alessandra potrà darti i dettagli, in un suo intervento nel merito del processo cui io ho partecipato pochissimo.
Le conclusioni erano, e non era scontato (come sai il Presidente Soru per cui ho votato due volte, è stato impallinato dai “suoi” in Consiglio Regionale, fatto che ha portato alle seconde elezioni, quelle perse), di difesa del PPR, con pochi e circostanziati suggerimenti, molto ragionevoli; ne cito alcuni: attenzione a costruire rapporti definiti fra i vari livelli istituzionali, formazione del personale e dei tecnici – come era stato nel grande progetto ITACA – sostegno alla pianificazione e alla progettazione dei Comuni (io li ho chiamati gli “urbanisti dei piedi scalzi”), estensione del Piano alle zone interne linee-guida chiare e usabili.
Tu dirai: “ma siete così ingenui da pensare che, nonostante un lavoro serio e ben fatto, Cappellacci non ne avrebbe approfittato per strumentalizzarlo e manipolarlo?”. La risposta è no, non sono ingenuo. Ma – in ogni occasione – abbiamo chiarito, precisato e argomentato; alcuni pensano persino che – proprio perché il lavoro era serio e non manipolabile – sia stato per molto tempo un argine contro lo stravolgimento del PPR.
Non credo che il nostro lavoro di urbanisti sia neutrale (come dice il comune amico Indovina: l’urbanistica è “scelta politica tecnicamente assistita”), credo che si possa farlo con onestà e chiarezza, credo che non sia opportuno - se non in casi estremi – rifiutare la collaborazione tra istituzioni, all’unica condizione di perseguire l’interesse pubblico con chiarezza e onestà.
Spero di aver chiarito la nostra posizione. Mi fermo qui. Grazie dell’opportunità. Un abbraccio.
P.S.
Una nota metodologica. Il mio costume è, quando scrivo un articolo o rilascio un’intervista ai media online che consentono commenti, di non commentare i commenti. C’è uno statuto diverso tra queste due modalità di intervento, per questo non mi permetto di commentare mai su un mio “pezzo”, se non sul mio personale blog, che – essendo casa mia – governo io. Continuerò così.
Eoardo Salzano
Ti ringrazio, ma il lavoro non è finito qui
prendo atto con piacere della tua (della vostra) opposizione al piano paesaggistico di Cappellacci. Sono particolarmente lieto che la discussione si sia allontanata dal terreno dei riferimenti personali e sia andati al merito delle cose. Ti sono grato della tua ricostruzione dei fatti che – certamente per mia colpa – conoscevo solo in piccola parte. Mantengo peraltro forti dubbi sull’opportunità di collaborazioni tra istituzioni che aderiscono a convinzioni, principi e interessi (diciamo ideologie? non attribuisco alcun significato negativo a questo termine) molto distanti tra loro.
Mi domando: se hai determinati principi e anteponi alcuni interessi su altri, ha senso collaborare con chi esprime principi e serve interessi alternativi ai tuoi, anche se lo fai solo per ridurre il danno di scelte che giudichi sbagliate? Anche se agisci come istituzione pubblica collaborando con un’altra istituzione anch’essa pubblica? Non conta tanto il colore politico, quanto l’atteggiamento di quella istituzione nei confronti del tema del quale sei “esperto”.
La mia è una posizione che si riferisce all’attuale contesto storico e geografico, e in particolare alla disparità di condizioni tra chi esercita il potere reale (anche attraverso le istituzioni) e il mondo (e le istituzioni) degli intellettuali.
Passando a un altro più specifico argomento mi interessano molto i suggerimenti che, come scrivi, avete dato nel corso del vostro lavoro in merito all’implementazione del Piano di Soru. Se fossi più vispo ti proporrei di organizzare ad Alghero una discussione critica su quel piano e sui suoi limiti, magari a partire dal libro che ho curato (Lezioni di piano: se l’hai letto sai che con questo titolo non si intendeva attribuire la denominazione di “lezione” al mio intervento né al PPR in sé, ma agli insegnamenti che dal suo percorso potevano trarsi). Sono del parere che su quel piano si sia ragionato poco, negli ambiti della cultura specialistica, e che questo non sia un bene.
Per quanto riguarda il PPS di Cappellacci spero che non ci sia bisogno di nostre iniziative, visti l’atteggiamento, per ora fermo, del Mibac e la quantità di magagne formali del tentativo della Regione di cancellare goffamente le tutele. Devo dire che mi sembra un segno non bello dei nostri tempi il fatto che ci si debba così spesso affidare alla magistratura, solo perché la cultura e la politica tacciono. Se invece le cose cambieranno e il tentativo di Cappellacci dovesse guadagnare terreno e riterrò necessaria una iniziativa pubblica da parte degli intellettuali e dei cittadini, ti (vi) chiederò di aderire in ambedue i ruoli.
Il manifesto, 10 novembre 2013
Il ministero per i beni culturali (Mibac) va verso l'impugnazione del piano del paesaggio con il quale la giunta sarda di centrodestra vorrebbe demolire la legislazione approvata nel 2006 dal governo regionale guidato da Renato Soru. Con una lettera pubblicata l'altro ieri sul quotidiano La Stampa il sottosegretario ai beni culturali, Ilaria Borletti Buitoni, ha invitato il presidente Ugo Cappellacci (Pdl) a sospendere la delibera approvata nei giorni scorsi dal consiglio regionale. In caso contrario, sarebbe inevitabile un doppio ricorso del governo Letta contro la giunta sarda: uno alla Corte costituzionale e un altro, amministrativo, davanti al Tar.
«Il presidente della regione Cappellacci - scrive Borletti Buitoni nella lettera - ha dichiarato guerra alla soprintendenza ai beni culturali della Sardegna e sta rapidamente consegnando l'isola a una visione che prevede un aumento gigantesco e capillare di costruzioni, visione di cui si vedono già i primi effetti. La scusa di chi sostiene questo progetto è sempre la solita: con la gravissima crisi economica, che in particolare in Sardegna sta uccidendo l'economia, non si può certo rinunciare all'opportunità di uno sviluppo almeno nel settore dell'edilizia. Dissento da questa affermazione, perché è ben vero il temporaneo sollievo che la riattivazione dell'industria delle costruzioni può portare alla disoccupazione tragica dell'isola, ma è altrettanto vero che, sulla media e lunga distanza, la distruzione del paesaggio toglierebbe alla Sardegna la sua eccezionalità, che, se valorizzata, sarebbe un volano di sviluppo a lungo termine. I ricchi russi, che pure decapitano senza problemi una collina per costruire in patria la propria casa, non ci metteranno nulla a transumare altrove quando in Sardegna si troveranno intorno non più un mare circondato da una natura incontaminata ma coste devastate dal cemento. E allora rimarrebbe solo la disperazione di aver consegnato luoghi unici a un modello di sviluppo sbagliato e poco lungimirante, che invece di portare benessere ha portato alla perdita di un patrimonio collettivo unico al mondo».
Alla lettera del sottosegretario ha replicato il capogruppo Pdl in consiglio regionale, Pietro Pittalis, con parole che, oltre a essere una perla di «pensiero berlusconiano», denunciano insieme il nervosismo della giunta di centrodestra e la debolezza della sua posizione in termini strettamente giuridici: «Sono stanco delle lezioncine di baronetti radical chic difensori dell'ambientalismo ipocrita. Invitiamo il sottosegretario Borletti Buitoni ad abbandonare un atteggiamento supponente e prevenuto, incompatibile con il ruolo che riveste. La invitiamo a cessare i suoi aristocratici modi sprezzanti verso chi, al contrario di lei, è stato eletto dal popolo». Facile, per Borletti Buitoni, replicare - questa volta non con una lettera ma con una nota ufficiale del Mibac - ricordando a Pittalis e a Cappellacci che essere eletti dal popolo non autorizza nessuno a violare le leggi, nel caso specifico il Codice dei beni culturali e la Costituzione. Per il sottosegretario una sospensiva del nuovo piano del paesaggio voluto dal centrodestra è necessaria «anche per evitare la coesistenza di due norme, il piano paesaggistico regionale del 2006 e quello attuale, dissonanti tra loro». «Inoltre - argomenta nella nota l'esponente del governo - se è vero che la Regione Sardegna gode di autonomia sulla procedura di redazione del piano, più sentenze della Corte costituzionale hanno dichiarato illegittime norme regionali che si ponevano in contrasto con disposizioni previste dal Codice dei beni culturali, a partire dall'articolo 135, che al comma 1 dispone che la pianificazione paesaggistica sia effettuata congiuntamente tra ministero e regioni». «Al contrario del presidente Cappellacci - conclude la nota del sottosegretario - io non sono in campagna elettorale e dunque mi è più facile guardare ai problemi dal punto di vista amministrativo e generale, dal punto di vista del bene comune inteso come cosa pubblica. Al netto delle fantasiose definizioni che sono state usate nei miei confronti, il vero punto in discussione sono i poteri dello stato e il loro interno equilibrio».