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Un gruppo di senatori PD ha presentato nei giorni scorsi alla Commissione Lavori pubblici e Ambiente del Senato un emendamento al decreto cosiddetto “Sblocca-cantieri” che andrà al voto dell’Aula il prossimo 28 maggio.
In questa pagina del sito di carteinregola potete leggere l’analisi puntuale delle proposte contenute nell'emendamento e i riferimenti allo Sblocca-cantieri.

perUnaltracittà, 19 febbraio 2019. Le ragioni di un'iniziativa di tutela delle città storiche, più che mai necessaria negli anni in cui cancellare la memoria è la premessa per l'asservimento completo di ogni valore al profitto. Qui l'articolo e riferimenti. (e.s.)

L 'articolo di Ilaria Agostini si può leggere sul sito di perUnaltracittà. Qui il testo della «Proposta di legge in materia di tutela dei centri storici, dei nuclei e dei complessi edilizi storici» elaborata dalla Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, presentata e discussa al convegno «Il diritto alla città storica», che si è tenuto a Roma il 12 novembre 2018, in cui sono intervenuti tra gli altri Vezio De Lucia, Ilaria Agostini e Paola Somma.
Si legga l'intervento di apertura al convegno di Vezio De Lucia e l'intervista di Maria Pia Guermandi a Vezio De Lucia.

Qui l'ebook «Il diritto alla città storica» con gli atti del convegno edito dallAssociazione Bianchi Bandinell.

Siamo persuasi che una normativa che si ponga l’obiettivo di impedire l’ulteriore consumo di suolo debba prevedere procedure realmente efficaci e modalità applicative tempestive e omogenee sull’intero territorio nazionale. In questa direzione risulta di oggettivo impedimento delegare le Regioni ad emanare proprie leggi per regolamentare la materia, non solo per i tempi che potrebbero risultare smisuratamente diluiti vanificando la finalità della normativa nazionale che deve contenere quale elemento qualificante un deciso carattere di urgenza, ma anche – e soprattutto – perché le Regioni non hanno dimostrato, con poche eccezioni, la necessaria sensibilità alla tutela dell’ambiente (per tutti valga la vicenda dei piani paesaggistici) e al mantenimento nella sfera pubblica delle decisioni concernenti il governo del territorio (da ultimo la legge urbanistica dell’Emilia Romagna).

È quindi indispensabile formulare norme che risultino, senza mediazioni, immediatamente operative per i Comuni. In che modo? Facendo capo alla legislazione esclusiva dello Stato a norma del 2° comma dell’art. 117 della Costituzione, in particolare alla lettera s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Che forse lo stop al consumo del suolo non coincide perfettamente con la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali?
Viceversa i disegni di legge in discussione al Senato fanno tutti riferimento al governo del territorio, materia compresa fra quelle elencate al 3° comma dell’art. 117, che riguarda la legislazione concorrente. “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, – recita il 3° comma dell’art. 117 – salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Le proposte di cui discutiamo sono quindi “principi fondamentali” (1) la cui efficacia si realizza solo, se e quando le Regioni decidono di dotarsi di proprie leggi per l’attuazione di quei principi.

Un’altra questione meritevole di riflessione riguarda l’arco temporale per l’azzeramento del consumo del suolo. I disegni di legge in esame, quasi tutti, propongono un avvicinamento graduale all’obiettivo con un orizzonte, per il suo pieno raggiungimento, fissato in un’altra era: l’anno 2050. Per questa ragione i titoli dei provvedimenti proposti si riferiscono alla riduzione ovvero al contenimento del consumo del suolo mentre sarebbe indispensabile assumere come obiettivo fondamentale quello d’impedire subito l’ulteriore consumo del suolo, come prevede solo il disegno di legge Nugnes Fattori. Basta ricordare la condizione disastrosa della città di Roma che continua a dissipare il territorio a ritmo vertiginoso con nuovi insediamenti all’esterno del Grande raccordo autostradale con densità inverosimili (anche meno di 20 ab/ha). Roma non è più una città, ma un agglomerato senza fine, senza forma e senza memoria. E sarà sempre peggio se non si ferma subito il consumo del suolo.

Che quest’obiettivo sia immediatamente perseguibile lo dimostrano due importanti esempi

  1. il piano regolatore di Napoli del 2004, l’unico piano di una grande città italiana che non prevede consumo di suolo, non ci sono zone di espansione, solo ristrutturazione e riqualificazione. E l’attuazione continua con regolarità e con il sostanziale consenso degli operatori;
  2. la legge regionale urbanistica della Toscana (65/2014), fortemente voluta dall’allora assessore Anna Marson, che obbliga ogni Comune a dividere il proprio territorio in due parti: quella urbanizzata e quella rurale. Le nuove edificazioni vanno concentrate all’interno del territorio urbanizzato, all’esterno non sono consentite nuove residenze. Sono eccezionalmente possibili altre destinazioni solo se la Regione verifica che non ci sono alternative nell’area vasta circostante.

Dalla legge regionale toscana è utile riportare anche la definizione di territorio urbanizzato, dal punto di vista urbanistico parametro primario ed essenziale, mentre le proposte in esame si dilungano in complesse definizioni di una pluralità di termini che rischiano di complicare inutilmente l’efficacia del provvedimento. La definizione di territorio urbanizzato nella legge toscana (3° comma, art. 4) è la seguente: “Il territorio urbanizzato è costituito dai centri storici, le aree edificate con continuità dei lotti a destinazione residenziale, industriale e artigianale, commerciale, direzionale, di servizio, turistico-ricettiva, le attrezzature e i servizi, i parchi urbani, gli impianti tecnologici, i lotti e gli spazi inedificati interclusi dotati di opere di urbanizzazione primaria.”


I disegni di legge oggetto dell'audizione sono:
86, De Petris e altri,
Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo nonché delega al Governo in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate.
164, Nugnes e Fattori,
Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo, di riuso del suolo edificato e per la tutela del paesaggio.
438, Gallone e altri, Disposizioni in materia di riqualificazione delle aree urbane degradate.
572, Nastri, Agevolazioni per la riduzione del consumo del suolo, il recupero delle aree urbane e il riuso del suolo edificato, mediante un credito d’imposta per l’acquisto di fabbricati da restaurare.
715, Dommo, Promozione di iniziative locali per il recupero di terreni abbandonati e la creazione di orti sociali.
843, Taricco e altri, Misure per il contenimento del consumo del suolo e il riuso del suolo edificato e deleghe per la disciplina in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate e per la definizione di incentivi di natura fiscale.
866, Nastri, Norme per il contenimento del consumo del suolo e la rigenerazione urbana, la tutela e la valorizzazione dell’agricoltura e modifica all’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per la messa in sicurezza del territorio contro i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico.



Note

  1. Nel 1° comma dell’art.1 del disegno di legge AS 164 delle senatrici Nugnes e Fattori si legge infatti che “la presente legge [...] stabilisce i principi fondamentali [corsivo nostro] per la tutela del suolo e delle sue funzioni, anche al fine di promuovere e tutelare l’ambiente, il paesaggio e l’attività agricola nonché di impedire l’ulteriore consumo di suolo”. Idem nel 1° comma dell’art. 1 del disegno di legge AS 86 della senatrice De Petris e altri.

Mercoledì 19 Dicembre, alle 18.00, a Roma, incontro organizzato da Sinistra Italiana per illustrare la proposta di legge per la tutela dei centri storici elaborata dall'Associazione Bianchi Bandinelli. Qui la locandina. (m.b.)

PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA TUTELA DEI CENTRI STORICI
Mercoledì 19 Dicembre, ore 18.00

Sala delle Carte Geografiche
Via Napoli 36, Roma

Partecipano: Vezio De Lucia - Loredana De Petris - Stefano Fassina - Giancarlo Storto.
Coordina: Adriano Labbucci
Interverranno: Carte in Regola - Coordinamento Residenti Città Storica - Forum Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio - Italia Nostra Roma - Associazioni e Comitati territoriali
Riferimenti

L'associazione Bianchi Bandinelli ha elaborato una proposta di legge che Sinistra Italiana ha deciso di sostenere per il suo carattere innovativo. Su eddyburg potete trovare:

- il testo della proposta di legge;
- un'intervista di Maria Pia Guermandi a Vezio De Lucia e l'intervento introduttivo al convegno organizzato dall'associazione Bianchi Bandinelli nel quale è stata presentata la legge.

Centri storici: più rendono economicamente, più sono sfruttati senza remore. Più sono fragili, più sono lasciati a se stessi. La proposta di legge promossa dall'associazione Bianchi Bandinelli si oppone a questa deriva e propone una felice sintesi fra il diritto alla città storica e il diritto all'abitare. Con riferimenti (m.b.)

Intervento di apertura al convegno Il diritto alla città storica, promosso dall'Associazione Bianchi Bandinelli

1. Nella seconda metà del secolo scorso l’Italia ha fondato la cultura della conservazione e del recupero dei centri storici. Fu Antonio Cederna a capire per primo che la città antica è un complesso unitario, non un assortimento di edilizia minore e di architetture più o meno importanti. Leggo solo qualche riga da quel testo fondativo dell’urbanistica moderna che è l’introduzione a I vandali in casa, del 1956:
Il carattere principale di questi antichi centri di città non sta nei «monumenti principali», ma nel complesso contesto stradale ed edilizio, nell’articolazione organica di strade, case, piazze, giardini, nella successione compatta di stili e gusti diversi, nella continuità dell’architettura «minore», che di ogni nucleo antico di città costituisce il tono, il tessuto necessario, l’elemento connettivo, in una parola l’«ambiente» vitale. Questi antichi centri urbani sono un patrimonio incalcolabile, perché la storia vi si è sedimentata e stratificata, accordando la diversità in unità viva e tangibile, tanto più ammirevole quanto più varie, composite e diffuse sono le sue testimonianze. Un patrimonio d’arte e di storia colmo e compiuto nel suo ciclo, necessario a noi oggi proprio perché irripetibili e insostituibili sono i valori che l’hanno determinato.
Il pensiero di Cederna fu profondamente innovativo quando ancora prevaleva il convincimento che la tutela dovesse essere limitata agli edifici di rilevanza monumentale (chiese, palazzi, eccetera) mentre il tessuto edilizio di base era disponibile a demolizioni e sostituzioni per ragioni d’igiene, di traffico, di estetica. Era sempre in voga la teoria del “diradamento” di Gustavo Giovannoni (Vecchie città ed edilizia nuova del 1931), né va dimenticato che nel 1925 Benito Mussolini aveva impartito la direttiva che “i monumenti millenari devono giganteggiare nella necessaria solitudine”. Ai tempi della mia formazione universitaria era di moda l’“ambientamento”, metodo mai univocamente definito, volta a volta riferito a limiti volumetrici o a una sorta di mimetizzazione della modernità in ambiente antico.
Quattro anni dopo I vandali in casa, l’intangibile unitarietà dei centri storici fu proclamata in occasione del 1° convegno dell’Ancsa – Associazione italiana centri storico artistici – a Gubbio nel 1960 (relatori Cederna e Mario Manieri Elia). In sintesi estrema: i centri storici non sono solo contenitori di monumenti ma sono essi stessi monumento, interi pezzi di città, vissuti e consumati, devono essere considerati monumento.
Non molti sanno che la Carta di Gubbio fu ripresa dalla cosiddetta legge ponte del 1967 voluta dal ministro socialista Giacomo Mancini – uomo politico i cui meriti sono stati finora sottostimati – dopo la frana di Agrigento del luglio 1966. Pensate un po’, Governo e Parlamento danno forza di legge a un principio di tutela radicalmente nuovo, che solo pochi anni prima era stato elaborato sul piano teorico.
E ditemi se non dobbiamo amaramente rimpiangere la qualità politica e culturale del primo centro-sinistra.
Un altro grande merito della legge ponte – l’unica riforma urbanistica dell’Italia repubblicana – fu l’introdurre, fra i contenuti del piano regolatore, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici (per la prima volta la parola paesaggio compare in una legge ordinaria). La legge ponte subordina i nuovi interventi nei centri storici all’approvazione di appositi piani particolareggiati. Una soluzione all’apparenza labile e semplicistica che però, con il passare degli anni, dimostrò una sorprendente efficacia, in particolare perché i piani particolareggiati non furono mai approvati, mentre maturava la cultura del recupero. Anche per questo l’Italia è stata il solo Paese europeo che per decenni ha in larga misura salvato i propri centri storici, mettendo fine alle gravissime alterazioni, se non alle vere e proprie distruzioni avvenute nel primo dopoguerra.
Dall’innovazione teorica alla legge, alla pratica operativa. All’inizio fu il piano del centro storico di Bologna dei primi anni Settanta, noto in mezzo mondo. Ma anche altre esperienze si svilupparono nei decenni scorsi, fra le quali non dimentico Taranto (che con Franco Blandino affrontò il recupero della Città Vecchia, addirittura prima di Bologna) e Venzone, magistralmente ricostruita dopo il terremoto del 1976, come sanno bene Marisa Dalai e Pierluigi Cervellati che ne hanno scritto. In seguito, fino alla fine del secolo scorso, si sono sviluppate le esperienze di grandi e piccole città, da Como a Brescia a Venezia a Palermo a Napoli.
Fu l’età dell’oro dell’urbanistica italiana. Intendiamoci: allora, come sempre, in gran parte d’Italia, dettavano legge gli energumeni del cemento armato, ma fu un’età dell’oro perché era diffusa la speranza che le cose potessero cambiare, e la speranza era alimentata soprattutto da Bologna e dintorni. È in onore di quella stagione che oggi premiamo Pierluigi Cervellati che n’è testimone supremo.

2. Di tutto ciò restano oggi solo macerie, materiali e ideali. Non penso di andare fuori tema se dico che il disastro è cominciato quando Margaret Thatcher dichiarò che non esiste la società, esistono gli uomini, le donne e le famiglie. Che, nella nostra lingua, è come dire che non esistono le città, esistono le case; non esiste l’urbanistica, esiste l’architettura.
La regressione non fu certo repentina, il primato italiano nel recupero è diventato a mano a mano ingombrante, è stato accantonato, poi rinnegato. Si è infine tornati alle pratiche selvagge del primo dopoguerra come quando Milano – sempre efficiente e frettolosa – rase al suolo il suo centro storico.
La ferita più dolorosa viene proprio da Bologna e dall’Emilia Romagna che hanno negato la tutela dei tessuti edilizi storici per soddisfare la presunzione degli architetti di lasciare il segno nella città antica (vedi sulla locandina l’immagine dello scempio autorizzato grazie al piano regolatore del 2009). Da autorevoli uffici governativi e regionali fu stabilito che la ricostruzione dopo il terremoto del 2012 andava bene dov’era non com’era.
Una via crucis la cui ultima stazione è la pessima legge urbanistica dell’Emilia Romagna approvata nel dicembre dell’anno scorso.
Per non dire degli scenari sinistri che incombono a causa dell’esasperazione dell’autonomia regionale, per esempio del Veneto in materia scolastica …

3. Abbiamo cominciato a pensare al convegno quando si seppe che a Roma era possibile la sostituzione dei villini di un secolo fa con ordinaria speculazione edilizia, e che a Firenze era in discussione una variante al Prg (poi approvata) che cancella il restauro e consente di sottoporre a ristrutturazione edilizia gli edifici storici anche vincolati. Notizie che facevano seguito all’allarmante aggravarsi della situazione veneziana (8 alloggi su 10 di proprietà di investitori).
I centri storici – a cominciare da quelli delle città d’arte – sono tornati così pascolo della speculazione e del malgoverno e, più di ogni altro male, sono affetti da gravi fenomeni di spopolamento. Non dovunque e non nella stessa misura, ma sono drammatici i dati sulla progressiva diminuzione dei cittadini residenti, massicciamente sostituiti da turisti e da attività legate al turismo, mentre nei piccoli comuni delle zone interne del Mezzogiorno (l’“osso” di Manlio Rossi Doria) sono dissanguati dall’emigrazione e abbandonati (con l’inaudita eccezione di Riace del sindaco Lucano).
Da tutto ciò deriva il titolo del convegno. A cinquant’anni dal libro di Henri Lefebvre abbiamo “specializzato” il diritto alla città in diritto alla città storica.
Enzo Scandurra ha recentemente scritto che, a Roma, i giovani si danno appuntamento al Pigneto, al Quadraro, perfino a Corviale abbandonando ai turisti il Centro e la “Grande Bellezza”. La vita vera si svolge in questi luoghi tra mille contraddizioni ed espedienti di sopravvivenza.
Sembra che, alla fine, paradossalmente, la degenerazione dei centri storici a opera del turismo si trasformi in fattore di valorizzazione delle periferie. Potevamo mai sospettare una cosa del genere, che la salvezza delle periferie venisse dalla rovina del centro? Uno scenario straniante, che ci costringe a un generale ripensamento, che comunque dà forza alla necessità di restituire il centro alla vita ordinaria delle città.
E a questo proposito mi piacerebbe soffermarmi sul Progetto Fori che ebbe inizio giusto 40 anni fa, nel dicembre del 1978, progetto che è stato la prima e unica, geniale proposta di riappropriazione popolare del centro storico di Roma, mentre, tra l’altro, a Tor di Nona e a San Paolino alla Regola si realizzavano – sull’esempio di Bologna – interventi di edilizia popolare.
Non sembrano passati quarant’anni, sembra che la linea della storia sia tornata indietro.
Se c’è tempo riprendo il tema nelle conclusioni.

4. Convinti che non basta la denuncia, e con l’intento di impedire gli scempi di Firenze, di Roma, di Venezia, di Bologna abbiamo messo mano alla legge per la tutela dei centri storici di cui si discute nel pomeriggio. Non anticipo qui la proposta che sarà ottimamente illustrata da Giovanni Losavio. È il prodotto di un lavoro collettivo, cominciato nella primavera scorsa con un vasto concorso di esperienze, discusso più volte in riunioni allargate, e ringrazio Patrizia Marzaro dell’università Padova per i preziosi suggerimenti e Salvatore Settis che ha studiato e apprezzato il nostro lavoro.
All’inizio abbiamo recuperato e cominciato ad aggiornare un antico disegno di legge di esclusiva competenza statale degli anni Novanta (quello elaborato da Antonio Iannello, fatto proprio da Walter Veltroni, al tempo ministro, poi archiviato su richiesta dell’Inu), un testo volto a sottoporre a tutela ope legis tutti i centri storici italiani come individuati dagli strumenti urbanistici comunali. Abbiamo poi tenuto conto del duro intreccio che lega la tutela all’urbanistica, lo Stato a Regioni e Comuni. E, quindi, all’intervento diretto dello Stato (con la dichiarazione dei centri storici come “beni culturali d’insieme”, e con divieto di demolizione e ricostruzione e di trasformazione) sono stati aggiunti una serie di “principi” di buon governo del territorio che devono essere recepiti dalla legislazione regionale.
Qualche parola in più solo riguardo al contenuto, secondo, me più audace della proposta di legge, l’articolo 5, che riguarda il programma straordinario dello Stato di edilizia residenziale pubblica nei centri storici. Lo proponiamo essendo assolutamente convinti che, per quanto rigorose ed efficaci siano le norme di tutela, se non si affronta con determinazione il nodo dello spopolamento, il destino dei centri storici è segnato. Perciò serve l’intervento diretto e straordinario dello Stato, come nei casi di gravi calamità naturali. Di questo si tratta: lo svuotamento residenziale di Venezia è peggio dell’alluvione del 1966.
La proposta prevede perciò interventi molto determinati, dall’utilizzo a favore dell’edilizia pubblica del patrimonio pubblico dismesso, all’obbligo di mantenere le destinazioni residenziali con la sospensione dei cambi d’uso, all’erogazione di contributi a favore di Comuni in esodo per l’acquisto di alloggi da cedere in locazione a canone agevolato (norma che vale soprattutto per i piccoli paesi).

Infine, ma meglio di me lo dirà Losavio, consideriamo il testo non un punto d’arrivo ma un punto di partenza da sviluppare coinvolgendo settori interessati dell’ambientalismo, delle associazioni culturali, della politica, dell’amministrazione statale e regionale, del mondo accademico, sperando soprattutto che sia raccolto dalle aule parlamentari.
Concludo. Sappiamo bene che è una proposta radicale: provocatoria ma concreta, l’ha definita Pierluigi. Non spetta a noi l’esercizio della mediazione con il mondo politico e parlamentare. Ci spetta invece formulare una soluzione coraggiosa, adeguata alla gravità delle cose, ma tecnicamente fattibile, questo penso che sia il compito di un’associazione culturale.

Riferimenti.
La proposta di legge è consultabile sul sito dell'Associazione Bianchi Bandinelli e si può scaricare direttamente da eddyburg, qui.

Su eddyburg numerosi articoli riguardano i problemi dei centri storici. Segnaliamo, tra le cose più recenti:
- una rassegna critica coordinata da Tomaso Montanari su degrado e speranza per i centri storici, pubblicata sul Fatto Quotidiano;
- due commenti di Ilaria Agostini sul rapporto fra turismo e città storiche, e sul conflitto fra sfruttamento turismo e diritto alla casa a Firenze;
- uno scritto di Vittorio Emiliani sul centro storico di Roma, ridotto ad acquario per i turisti;
Nel sito troverete anche un'ampia documentazione su Venezia. Ce ne siamo occupati anche in una sessione della scuola di eddyburg. Tra i documenti disponibili, segnalo in particolare un estratto del Piano programma 82-85, ideato e voluto dal sindaco di allora - Gianni Pellicani - con il quale l'amministrazione si proponeva di portare a coerenza gli interventi sul turismo, la mobilità, il riequilibrio dell'ambiente lagunare, il riuso abitativo della città.

[P.s. il vecchio archivio di eddyburg è in manutenzione, non appena possibile lo renderemo nuovamente consultabile]

Innovativa e impegnativa è la proposta di legge per la tutela dei centri storici (finora ignorati dalle leggi di tutela, se non per singoli monumenti). È il prodotto di un lavoro collettivo, cominciato nella primavera scorsa con un vasto concorso di esperienze. È d’impianto radicale, e nessuno di noi s’illude che possa essere approvata così come la presentiamo. Ma non spetta a noi l’esercizio della mediazione con il mondo politico e parlamentare. Ci spetta invece formulare una proposta limpida, ma tecnicamente fattibile, questo penso che sia il compito di un’associazione culturale.

Molto in sintesi, i contenuti essenziali della proposta sono i seguenti:
- la definizione di centro storico, che facciamo coincidere con gli insediamenti urbani riportati nel catasto del 1939, unificando in tal modo i riferimenti temporali e cartografici degli strumenti urbanistici comunali (art. 1);
- la dichiarazione dei centri storici come “beni culturali d’insieme”, sottoposti alla disciplina conservativa del Codice dei beni culturali, con “divieto di demolizione e ricostruzione e di trasformazione dei caratteri tipologici e morfologici degli organismi edilizi e dei luoghi aperti, di modificazione della trama viaria storica” e con divieto di nuova edificazione (art 2). Norma immediatamente prescrittiva che, se fosse approvata, impedirebbe gli scempi che abbiamo denunciato nell'iniziativa promossa dall'Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli;
- una serie di “principi” di buon governo del territorio di competenza statale che devono essere recepiti dalla legislazione regionale, come prevede il 3° comma dell’art. 117 della Costituzione (art. 3).

Ma il contenuto più audace, se posso dire così, è quello dell’art. 5: un programma straordinario dello Stato di edilizia residenziale pubblica nei centri storici, essendo assolutamente convinti che, per rigorose ed efficaci che siano le norme di tutela, se non si affronta con determinazione il nodo dello spopolamento, il destino dei centri storici è segnato. Perciò serve l’intervento diretto e straordinario dello Stato, come nei casi di gravi calamità naturali: in effetti di questo si tratta: lo svuotamento residenziale di Venezia non è diverso dalla disastrosa alluvione del 1966. La proposta prevede perciò interventi molto determinati: l’utilizzo a favore dell’edilizia residenziale pubblica del patrimonio immobiliare pubblico dismesso (statale, comunale e regionale); l’obbligo di mantenere le destinazioni residenziali con la sospensione dei cambi d’uso verso destinazioni diverse da quelle abitative; l’erogazione di contributi a favore di Comuni in esodo per l’acquisto di alloggi da cedere in locazione a canone agevolato.

Riferimenti
Qui si può scaricare il testo della proposta di legge
La proposta di legge è stata presentata durante un incontro promosso dall’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli il 12 novembre 2018.
Su eddyburg l'intervista di Maria Pia Guermandi a Vezio De Lucia, tra gli estensori della proposta di legge.




Left, 9 Novembre 2018. Intervista di Maria Pia Guermandi a Vezio De Lucia sul disegno di legge a tutela dei centri storici di fatto ignorati dalla legislazione per la salvaguardia dei beni culturali, che si presenterà il 12 novembre al Convegno "Il diritto alla città storica" 

Il 12 novembre, a Roma, si svolgerà un’iniziativa organizzata dall’Associazione Bianchi Bandinelli: “Il diritto alla città storica” [qui il link al programma n.d.r.]. Sarà l’occasione per presentare un disegno di legge a tutela dei centri storici elaborato da un gruppo di urbanisti e intellettuali e, allo stesso tempo, riportare al centro della discussione urbanistica, politica e sociale un tema che, come dimostrano le recenti e spesso disastrose trasformazioni di tanti nostri centri urbani, si impone per urgenza.

Perché un’iniziativa sui centri storici? Non eravamo il paese più tutelato d’Europa?

Eravamo. In effetti il nostro Paese fu il primo, all’inizio degli anni Sessanta, ad affrontare il tema della conservazione e del recupero dei centri storici, non solo come contenitori di monumenti ma essi stessi monumento: e il merito va soprattutto ad Antonio Cederna indiscusso ispiratore di quell’autentica rivoluzione culturale.

E poi che è successo?

È successo che proprio l’Italia sta rinnegando il suo passato e dovunque è in grave crisi la vivibilità dei centri storici, di nuovo pascolo privilegiato della speculazione, del malgoverno, di piccoli e grandi abusi, ma più di ogni altra cosa i centri storici sono affetti da gravi fenomeni di spopolamento. Non dovunque e non nella stessa misura, ma sono drammatici i dati sulla diminuzione dei cittadini delle città d’arte, massicciamente sostituiti da turisti e da attività legate al turismo, e dei piccoli comuni delle zone interne del Mezzogiorno (l’“osso” di Manlio Rossi Doria) dissanguati dall’emigrazione e abbandonati. Con il convegno del 12 novembre cerchiamo di delineare una strategia per ribaltare le tendenze.

Per quanto riguarda le città d’arte, possiamo dire che il turismo, prima industria mondiale, sta cannibalizzando i quartieri centrali?

Sì è così, e Venezia è un esempio paradigmatico. Secondo Paola Somma, che ne parla al convegno, Venezia da tempo non è più una “città”, ma solo il quartiere turistico di una conurbazione che aveva bisogno di grandi opere infrastrutturali per massimizzare l’accessibilità e potenziare i punti di sbarco: aeroporto, porto, stazione, parcheggi, darsene. Piano perfettamente riuscito. Oggi 8 case su 10 sono di proprietà di investitori, ogni sabato scendono dalle grandi navi 30.000 turisti che, uniti agli sbarchi via terra e via aria, sono numericamente superiori agli abitanti. Qualcuno ancora protesta, ma il sindaco è soddisfatto e dice: la città è di chi la ama.
E cose analoghe si registrano a Firenze e Roma.

È davvero un fenomeno così esteso o riguarda in fondo solo le grandi mete turistiche?

Il turismo è certo causa fra le più importanti di operazioni di gentrificazione, ma in moltissimi centri continua a essere la speculazione immobiliare a erodere spazi pubblici e a innescare operazioni di espulsione delle fasce sociali economicamente più svantaggiate.

La seconda parte del convegno è dedicata al premio Ranuccio Bianchi Bandinelli che ogni anno l’associazione assegna a un benemerito della tutela del nostro patrimonio. Quest’anno tocca a Pier Luigi Cervellati.

E a chi se non a Cervellati, il fondatore, in Italia e, credo, nel mondo, del restauro urbano, oppure, se volete, più banalmente, del recupero dei centri storici a usi abitativi? Il suo nome è tutt’uno con il piano per il centro storico di Bologna del 1972, un piano per l’edilizia economica e popolare che per la prima volta ha previsto la realizzazione di edilizia pubblica tramite interventi di recupero: la tutela delle strutture fisiche come condizione per garantire la permanenza in centro delle famiglie residenti e delle attività tradizionali (comel’artigianato e il piccolo commercio). A illustrare la figura di Cervellati contribuisce anche la proiezione di un’inedita intervista proprio sul piano del centro storico di Bologna, e in particolare sulle difficoltà che incontrò nel rapporto con l’amministrazione comunista e anche con i militanti preoccupati dell’esproprio.

Perché una legge? Pensate davvero che nell’attuale contesto politico sia lo strumento migliore?

Perché i centri storici sono stati di fatto ignorati dalle leggi di tutela, a partire dallo stesso Codice dei beni culturali. La proposta è il prodotto di un lavoro collettivo, cominciato nella primavera scorsa. È d’impianto radicale, e nessuno di noi s’illude che possa essere approvata così come la presentiamo. Ma non spetta a noi l’esercizio della mediazione con il mondo politico e parlamentare. Ci spetta invece di formulare una proposta limpida, ma tecnicamente fattibile, questo penso che sia il compito di un’associazione culturale.

Quali sono i contenuti essenziali di questa proposta e in particolare quelli che potrebbero arginare l’attuale situazione di degrado?

Molto in sintesi, sono i seguenti:

Fin qui si tratta di principi “conservativi”: non temete di passare per “anime belle”?

Non corriamo questo rischio perché non ci fermiamo alla tutela. Per rigorose ed efficaci che siano le norme di tutela, se non si affronta con determinazione il nodo dello spopolamento, il destino dei centri storici è segnato. Per questo il contenuto più forte della nostra legge è un programma straordinario dello Stato di edilizia residenziale pubblica nei centri storici. Serve l’intervento diretto e straordinario dello Stato, come nei casi di gravi calamità naturali: in effetti di questo si tratta: lo svuotamento residenziale di Venezia non è diverso dalla disastrosa alluvione del 1966. La proposta prevede perciò interventi molto determinati: l’utilizzo a favore dell’edilizia residenziale pubblica del patrimonio immobiliare pubblico dismesso (statale, comunale e regionale); l’obbligo di mantenere le destinazioni residenziali con la sospensione dei cambi d’uso verso destinazioni diverse da quelle abitative; l’erogazione di contributi a favore di Comuni in esodo per l’acquisto di alloggi da cedere in locazione a canone agevolato (norma che vale in particolare per i paesi in esodo).

Ci scusiamo con i lettori per il ritardo con il quale commentiamo l’ultima proposta di legge del Forum Salviamo il paesaggio «Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati» del 31 gennaio 2018.

Una proposta completamente nuova e in larga misura condivisibile, lontanissima dal disegno di legge cosiddetto Catania del 2012, successivamente più volte modificato, ma sempre sostenuto dal Forum Salviamo il paesaggio. Nella Premessa all’ultima proposta si prendono invece nettamente le distanze dalle precedenti elaborazioni. Ma la presa di distanze non è argomentata e ci si limita a scrivere che il disegno di legge ex Catania «si è progressivamente svuotato di contenuti e di parametri in grado di fronteggiare adeguatamente l’emergenza consumo del suolo», nient’altro che queste parole. Assolutamente nessuna autocritica riguardo all’inconcludenza del meccanismo a cascata Stato-regioni-comuni-Prg che ha sempre rappresentato la spina dorsale delle precedenti stesure. Comunque, tutto è bene quel che finisce bene e ci pare ragionevole pensare che il radicale cambiamento di linea sia anche conseguenza delle nostre ripetute critiche.

La novità essenziale della nuova proposta sta nel fatto che dalla data di entrata in vigore della legge «non è consentito consumo di suolo per qualsivoglia destinazione» (art. 3, c. 1), anche se la perentorietà è temperata dal «tranne che per i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici [?-n.d.r.], vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge» (art. 9, c.1). Chiariamo subito che queste e altre imprecisioni e improprietà tecniche non sono assolutamente da attribuire ad astuzie dorotee ma all’evidente assenza di competenza urbanistica, almeno quella tradizionalmente intesa. Nel testo, prevalgono invece di gran lunga la cultura ecologista e quella dei cosiddetti “beni comuni” arricchita dalle sacrosante interpretazioni evolutive di Paolo Maddalena sulla funzione sociale della proprietà (art. 42 della Costituzione) e quindi sulla legittimità dell’acquisizione pubblica dei beni abbandonati ecc.

Dobbiamo infine aggiungere che la proposta è stata elaborata con la partecipazione di ben 75 esperti di varie discipline, fra i quali alcuni più o meno vicini anche a eddyburg (Paolo Berdini, Paola Bonora, Luisa Calimani, Stefano Deliperi, Salvatore Lo Balbo, Paolo Maddalena, Luca Martinelli, Luca Mercalli, Antonio Perrotti, Redazione di Altraeconomia, Sauro Turroni e altri).

Per concludere, ci pare indispensabile che eddyburg prenda atto con soddisfazione della novità, sperando che si possano sempre più avvicinare i nostri punti di vista.

Ci riferiamo in particolare alla proposta di legge patrocinata da eddyburg del 3 giugno 2013 che considera la salvaguardia del territorio non urbanizzato parte integrante della tutela dell’ambiente e del paesaggio, e perciò fa capo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Il che si traduce in una significativa compressione delle competenze legislative delle regioni, secondo noi indispensabile per raggiungere risultati soddisfacenti in tempi ragionevoli.
N.B.
In un articolo del 2015 "Eddyburg e le norme del consumo di suolo" si riassumono le posizioni e l'operato di eddyburg sulla questione.

errare humanum est, perseverare diabolicum. Con riferimenti

I senatori e senatrici – La Forgia, De Petris, Errani, e Grasso - hanno presentato l’ennesima proposta di legge sul consumo di suolo senza aver capito niente di due cose: che cos’è il consumo di suolo, e come funziona il processo delle decisioni nel sistema amministrativo e istituzionale in Italia. Questo secondo vizio è senza dubbio peggiore del primo: essendo senatori e senatrici, cioè membri del supremo consesso legislativo ordinario italiano dovrebbero sapere come funziona l’insieme del sistema istituzionale di cui costituiscono, immeritatamente, il vertice.

Siamo veramente stufi di dover ripetere su queste pagine (e in numerosi testi e discorsi in varie sedi), che una proposta di legge come quella che stancamente ripropongono non servirà a nulla.

Poichè siamo stanchi, ci limitiamo a inserire i collegamenti a due dei numerosi articoli pubblicati su queste pagine. Essi rivelano minuziosamente le cause per cui la strada sulla quale stolidamente insistono non consente di raggiungere i risultati desiderati nemmeno alla scadenza lunghissima (mezzo secolo) che costituisce il loro velleitario obiettivo. Non sarà più rimasto un palmo di terra da salvare.

Eppure la soluzione, immediatamente praticabile, ci sarebbe, come a suo tempo abbiamo proposto. Qui la proposta di legge Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e i due articoli di eddyburg citati: A partire dalle buone intenzioni del ministro, il Parlamento approda a una legge inservibile” con la quale si confermano e precisano le critiche all’allora proposta di legge, qui oggi sostanzialmente ripresa, e la seconda proposta di eddyburgUna proposta di legge per la salvaguardia del territorio non urbanizzato” l’unica che, tra l’altro, consentirebbe convincenti risultati in tempi brevi.

Ulteriori riferimenti

Si veda su questo sito il punto di vista di eddyburg sulle norme sul consumo di suolo, febbraio 2015.
Sulla disinformazione in corso, sull'uso pretestuale dei termini "contro il consumo di suolo" e sugli equivoci che ne derivano si veda di Virginia Sala La legge arenata che ha creato una metropoli, di ottobre 2017, e di Edoardo Salzano Consumo di suolo: un terribile equivoco, giugno 2017.
I numeri e le ragioni per cui non si può aspettare ancora di intervenire con una legge di Salvatore Settis Il suolo devastato dai partiti inerti, febbraio 2018 e di Giacomo Pellini Consumo di suolo, città italiane sempre più cementificate, maggio 2017. Si vedano inoltre su eddyburg numerosi altri articoli. Tra l'altro, i seguenti: di Vezio De Lucia Consumo di suolo a un passo dal baratro, giugno 2013 e Nessuno ferma il consumo di suolo, luglio 2016, di Cristina Gibelli, Neologismi in libertà: «compendi neorurali periurbani, gennaio 2015, di Ilaria Agostini Due leggi per il suolo, maggio 2015, nonché l'eddytoriale n. 169 dell'11 dicembre 2015.

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