Tra gli articoli pubblicati nei giorni scorsi da questo giornale Alfredo Reichlin prima e Alberto Asor Rosa poi hanno sollevato alcuni problemi che stanno particolarmente a cuore a chi,come me, spera con tutto il cuore che l'Italia possa superare la crisi che oggi la attanaglia.
E, nella sua intervista, Sergio Cofferati ha ricordato obbiettivi e comportamenti politici che il centro-sinistra dovrebbe assumere con maggiore chiarezza.
Stiamo vivendo una crisi non solo economica e sociale che fa vivere sempre peggio le famiglie italiane, i giovani e gli anziani, ma anche politica e culturale per l'attacco violento che la maggioranza di governo sta perpetrando da due anni e mezzo a questa parte ai valori della democrazia repubblicana, all'indipendenza della magistratura, alla legalità della vita pubblica, alla pluralità dell'informazione, alla formazione e all'istruzione delle nuove generazioni.
Reichlin ha sottolineato a ragione la difficoltà che hanno ancora le forze politiche dell'Ulivo a trasmettere all'opinione pubblica il messaggio politico complessivo che pure affermano di voler sostenere e che dovrebbe articolarsi in un progetto politico e culturale per un'Italia profondamente rinnovata. Ci ha ricordato che, in mancanza di un simile messaggio, incertezze e confusione rischiano di non far comprendere agli italiani la partita impegnativa che inizia con le elezioni europee e che ci porterà, nel giro di due o tre anni, al confronto finale con la Casa delle libertà.
Asor Rosa, da parte sua, ha sottolineato il valore importante ma sicuramente non compiutamente unitario (questa é una constatazione ancor prima che un giudizio) della lista che raccoglie Democratici di sinistra e Margherita con l'ulteriore apporto dei Socialisti democratici e dei Repubblicani europei, collocandosi su un crinale moderato sotto la guida di Romano Prodi.
Mi ha colpito, confesso, il fatto che nessun giornale italiano abbia dato rilievo nei giorni scorsi al progetto di partito europeo di centro (ma che significa in un sistema bipolare?) che Prodi vorrebbe realizzare con il partito francese UDF di Giscard D'Estaing e che disegna assai bene il carattere moderato, della nuova aggregazione che si vorrebbe costruire a livello continentale.
Asor Rosa, riallacciandosi a una sua precedente analisi, ha affermato anche, che a differenza dei moderati, la sinistra non si vede, spezzettata come é in piccole aggregazioni che non hanno fatto finora quello sforzo unitario richiesto dalla situazione. E su questo punto ha sicuramente ragione: non si capisce perché liste che dicono di collocarsi tutte a sinistra della lista cosiddetta unitaria non arrivino in tempi brevi a una federazione con un programma comune e un'alleanza di fondo esplicita e comunicata in tempo agli elettori.
Proprio perché la maggioranza delle forze politiche del centro-sinistra (se non di elettorato perché questo è ancora da verificare ancora) sta tentando di arrivare all'obbiettivo del partito moderato, diventa necessario e urgente, pur all'interno di un'alleanza che si riconosce all'Ulivo, formare una federazione di forze di sinistra che costituisca un'alternativa credibile allo sbocco immaginato dai due maggiori partiti del centro-sinistra.
È quello che accade in tutta Europa, magari in partiti come quello laburista o quello socialdemocratico tedesco caratterizzati al proprio interno da tendenze moderate e radicali, ed egualmente presenti in una maggioranza di centro-sinistra.
Noi sappiamo che non è prevedibile nel nostro paese la riduzione al bipartitismo ma si può lavorare per raggiungere l'obbiettivo di far convivere all'interno dell'Ulivo forze politiche diverse per formare una coalizione di governo che accolga sia il centro moderato (che sta diventando, a quanto pare, particolarmente affollato) che una sinistra più radicale.
Non si capisce perché in Italia non possa o non si voglia realizzare una simile coalizione. Credo sia necessario e urgente raggiungere un livello di convivenza capace di far coesistere tendenze differenti senza arrivare allo scontro costante, spesso privo a volte del rispetto necessario ad ogni alleanza.
Le ragioni di questa difficoltà consistono, a mio avviso, nella storia della sinistra italiana; nella difficile transizione dal partito comunista al partito democratico della sinistra; nella mancata elaborazione di una nuova piattaforma politica e culturale dopo il crollo del comunismo di osservanza sovietica; nella debolezza nel nostro paese di una cultura politica democratica, pur dopo il crollo dell'impero sovietico.
Che fare a questo punto?
Innanzitutto è necessario che le componenti moderate e quelle più radicali del centro-sinistra dialoghino tra loro nel rispetto reciproco e che l'Ulivo costituisca con chiarezza l'obbiettivo strategico per l'una come per l'altra componente. Il modo migliore per favorire questo processo non é lo scontro verbale, personale o ideologico ma il confontro sui progetti che pure stanno fiorendo in molte istituzioni e che devono costituire la piattaforma unitaria del futuro programma della coalizione.
Senza trascurare il fatto che oggi gli italiani non hanno bisogno né voglia di leggere lunghi programmi ma l'esigenza assai forte di individuare gli obbiettivi di metodo e di contenuto propri di un'alleanza politica del centro-sinistra: dalla difesa della Costituzione repubblicana alla costruzione di un'Europa democratica alla politica dei diritti e dei lavori, alle esigenze di una legalità che realizzi i princìpi della Costituzione a cominciare da quelli fondamentali della libertà e dell'eguaglianza.
In questo senso è necessario che una costituente dell'Ulivo possa finalmente attivarsi e proseguire con un lavoro assiduo aprendo le porte a tutte le forze, dai partiti ai movimenti, che vi si riconoscono.
Molte centinaia di lettori che mi hanno scritto in questi giorni mostrano di aver capito perfettamente che il mio difficile addio ai Democratici di sinistra é nato da ragioni di dissenso aperto sulla linea politica e non da motivi personali. Chi scrive intende lavorare ancora per l'Ulivo accanto a tutti i compagni che si riconoscano in questa coalizione in qualsiasi posizione si collochino giacché la battaglia è comune, l'obbiettivo è per tutti quello di lottare, con metodi democratici, contro una maggioranza di governo che è fallita e sta portando il paese a un declino disastroso.
A differenza di quel che pensa il Riformista o il Giornale di Belpietro io non ho traslocato da nessuna parte perché ero e resto a sinistra, ero e resto un cittadino dell'Ulivo e mi batto per obbiettivi che, almeno a parole, sono condivisi non da una lista particolare ma da tutti quelli che vogliono un grande Ulivo che includa davvero tutte le forze del centro sinistra, compresa Rifondazione comunista.
Quanto al programma per le prossime competizioni elettorali oggi non sarebbe difficile concordare su una piattaforma comune.
La battaglia di questi tre anni ha chiarito che noi vogliamo un'Europa politica, culturale ed economica autonoma dagli Stati Uniti e assai diversa da quella che la destra sostiene; che il modello di Stato sociale per cui ci battiamo prevede modernizzazione ma, nello stesso tempo, tutela dei diritti dei lavoratori; che la Costituzione repubblicana va difesa nei suoi valori e principi fondamentali e che non è il caso di dare a un primo ministro poteri più o meno assoluti come lo scioglimento delle Camere; che la politica economica fin qui fatta deve cambiare, pena l'argentinizzazione della crisi italiana.
Inoltre non possiamo permettere che l'art. 21 della Costituzione sulla libertà di espressione venga abrogato in silenzio: l'informazione è il problema centrale della democrazia contemporanea.
Voltiamo pagina rispetto alle polemiche dei mesi e anni scorsi e concentriamo tutta la nostra attenzione sulla battaglia ormai iniziata. Chi scrive, come è noto, non è un politico di professione ma, negli ultimi dieci anni almeno, preoccupato sempre di più per le sorti della sinistra e dell'Italia, ha partecipato intensamente alla vita politica e intende continuare a farlo accanto a coloro che vorranno lavorare tutti insieme per la rinascita di un Ulivo che colmi la frattura ancora aperta tra il mondo della politica e la gran parte degli italiani.
Non si vince da soli ma insieme agli italiani, anche quelli che non si occupano di politica.