Non si è trattato di consegne: da tempo i dirigenti francesi non hanno più modo di darne alle redazioni. Ma quando è giunta la notizia, sabato sera, non appena a Parigi si è appreso che i rapitori dei giornalisti di Radio France e del Figaro esigevano l´abrogazione della legge che proibisce il velo a scuola, le radio, le tv e i giornali sono stati bombardati di appelli. Supplicando, perorando e argomentando, numerosi collaboratori dei maggiori responsabili dello Stato chiedevano di non alzare il tono dei commenti, di non montare l´opinione pubblica. «È in gioco la vita dei vostri colleghi ? dicevano ?. Dobbiamo poter isolare quegli esaltati e mobilitare tutto l´Islam al nostro fianco,paesi arabi, musulmani di Francia, autorità religiose islamiche; l´ultima cosa da fare sarebbe quella di alzare i toni contro il mondo arabo-musulmano, per ritrovarci in Francia in una posizione di confronto-scontro con l´Islam».
Era evidente. Lo era tanto che di fatto questi appelli alla ragione sono apparsi superflui. Come i francesi, al momento di svegliarsi la mattina dopo, anche i giornalisti avevano intuito la trappola, peraltro davvero molto scoperta.
In Francia vivono 5 milioni di musulmani: quasi un decimo della popolazione. Molti di loro, anche se contrari al velo e magari atei, vivono con disagio la nuova legge, come un marchio sulla loro comunità. Giovedì prossimo riapriranno le scuole. Una minoranza di fondamentalisti aveva annunciato da tempo la volontà di difendere le ragazze che nonostante tutto si presenteranno in classe con il velo. La prova di forza covava, i poteri pubblici erano preparati, ed ecco all´improvviso quest´ultimatum dall´Iraq: gli islamisti che volano in soccorso dei musulmani di Francia, e senza chiederne il parere li arruolano di fatto nella loro Internazionale, vogliono renderli complici delle loro minacce di assassinio, precipitandoli in uno scontro con la terra in cui sono immigrati.
Il calcolo è tanto chiaro quanto cinico, e mentre i telefoni squillavano nelle redazioni il ministro dell´Interno Dominique de Villepin, figlio spirituale di Jacques Chirac e ministro degli esteri durante il braccio di ferro franco-americano sull´Iraq, convocava i responsabili delle organizzazioni musulmane francesi, senza distinzione di correnti. A mezzogiorno meno un quarto di domenica, la prima manche era vinta. Tutto l´islam francese si era schierato, facendo fronte comune con la Francia. All´uscita da quella riunione, Fatiha Ajbli, la pasionaria velata dell´Unione delle organizzazioni islamiche di Francia - lo stesso movimento che intendeva condurre la resistenza contro la legge - dichiarava davanti ai microfoni e alle telecamere, al fianco di Dominique de Villepin: «Non voglio sangue sul mio velo». Non solo: la stessa Fatiha Ajbli si è offerta come ostaggio, insieme a una delle sue compagne, in sostituzione dei suoi «compatrioti francesi». Nel giro di poche ore, la barbarie dei "folli di Dio" aveva creato una scorciatoia, facendo guadagnare parecchi anni all´integrazione dei musulmani di Francia. Forte di questo successo, Jacques Chirac ha potuto passare alla seconda parte della strategia elaborata sabato sera: la chiamata a raccolta delle capitali arabe, tutte desiderose di esprimere la propria solidarietà alla Francia, di descrivere i rapitori come pecore nere dell´islam e di azionare tutte le leve possibili per ottenere la liberazione di Christian Chesnot e Georges Malbrunot. Da oltre trentasei ore, implicitamente ma talora anche molto esplicitamente, i dirigenti francesi ricordano ai loro omologhi arabi che la Francia non aveva esitato a esporsi in prima linea per tentare di impedire l´intervento americano in Iraq, e che ora tocca a loro assumersi il rischio di evitare un nuovo deterioramento dei rapporti tra Islam e Occidente.
La Francia è unita e al meglio, intelligente e forte, ma al tempo stesso tremendamente preoccupata, perché in questo dramma sta vivendo tutto ciò che aveva temuto e pronosticato. Nel tentativo di dissuadere George Bush dall´intervento in Iraq, aveva spiegato due cose. Innanzitutto, che questa guerra non avrebbe portato alla democrazia ma al caos. E la minaccia di assassinio che ora pesa su Christian Chesnot e Georges Malbrunot è un´ulteriore prova della fondatezza dei suoi avvertimenti. Non solo - come l´Italia sa anche troppo bene - in Iraq la violenza è quotidiana, ma oltre tutto gli americani e il governo ad interim che hanno istituito non cessano di perdere terreno, sul piano militare come su quello politico. Falluja, la città sunnita che speravano, la scorsa primavera, di riprendere sotto il loro controllo mobilitando le truppe del deposto regime, è nelle mani di islamisti fanatici che governano in nome di Dio, e da quel bunker organizzano attentati e rapimenti.
Sul versante sciita, Moqtada al-Sadr, il giovane religioso che infiamma i più poveri tra i suoi correligionari, ha potuto sfidare per varie settimane le truppe americane a Najaf e quindi ritirarsi, libero, mentre i suoi uomini non hanno neppure consegnato le armi. Giorno dopo giorno, il paese si sfalda, esplode, sprofonda nell´anarchia, tanto che non si riesce a vedere come si potranno tenere elezioni nel gennaio prossimo. Il futuro dell´Iraq è oscuro, e se ora la Francia deve pagare a sua volta l´errore dell´America, è perché anche la seconda delle sue previsioni si è avverata. L´occupazione americana e il caos iracheno - aveva detto - offriranno un nuovo campo di manovra ai jihadisti, agli esaltati delle reti islamiste che dall´Afghanistan sognano di sfasciare l´Occidente, come credono di aver sfasciato l´Urss a Kabul. Prima dell´intervento americano, quella nebulosa era in regresso. In Algeria, gli islamisti segnavano il passo. In Tunisia erano in rotta, in Turchia si stavano ricentrando, in Afghanistan avevano perduto il potere e l´Iran, culla dei folli di Dio, li respingeva in massa e si avviava verso la democrazia. Il jihadismo ormai annaspava, ma questa guerra, sommata allo scontro israelo-palestinese, gli ha ridato forza facendo nascere nuove cellule, e l´idea di scatenare la lotta finale tra Islam e Occidente ha ripreso corpo in Iraq.
In Iraq l´Internazionale islamista si afferma come una componente sempre più forte della battaglia contro gli americani, e considera i francesi nemici come gli altri. Anzi, la Francia è un paese tanto più detestabile e pericoloso in quanto pretende di secolarizzare l´islam, di imporgli la sua laicità come fa con le altre religioni, creando un modello di islam in pace con la modernità. È quest´ambizione che oggi viene presa di mira con la richiesta dell´abrogazione della legge sul velo. Questa legge ovviamente sarà mantenuta. La Francia è così poco tentata di cedere al ricatto che non lo ha neppure rifiutato, ma semplicemente ignorato. Se però i jihadisti mettessero a segno la loro minaccia, se Christian Chesnot e Georges Malbrunot fossero assassinati, allora si approfondirebbe la rottura tra l´islam e la cristianità - lo scontro di civiltà che la Francia, allo stesso modo del papa, vuole ad ogni costo evitare. Sarebbe un´accelerazione della corsa verso l´abisso: una sconfitta della ragione, e un dramma per il mondo.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)