Questo autunno si presenta assai difficile, forse fatale, per Berlusconi.I segni non mancano. La storia delle escort è stata ripresa e rilanciata con forza dalla stampa internazionale, cioè da chi ha potere sulla stampa internazionale. Il Cavaliere (forse con la sola eccezione di Putin) è diventato persona con la quale è meglio non andare a prendere l'aperitivo insieme. Ma anche all'interno del suo regno le cose non vanno meglio: i feudatari minacciano. Bossi quando chiede il ritiro dall'Afghanistan, non pensa tanto all'Afghanistan, ma al mercato interno, e a cosa può ottenere di più per la Lega. E su questa rivendicazione (magari con la collaborazione di Tremonti) costringerà il Cavaliere a scendere più volte da cavallo.
Fatte queste brevi premesse la minaccia più grave gli viene dal Mezzogiorno: la storica «questione meridionale» è una valanga che potrà travolgerlo. E non è un caso che la stampa italiana di questi giorni, a cominciare dal Sole 24 Ore dia grande spazio all'argomento. E vale segnalare anche il ritorno in campo di Geronimo, al secolo Cirino Pomicino.Con la crisi, e il venir meno di denaro usato come tranquillante, la questione meridionale è riemersa con tutta la sua forza. La pubblicazione del Rapporto Svimez e l'intervento del suo presidente Nino Novacco, le iniziative per un partito del Sud e soprattutto i non voto da parte dei parlamentari siciliani del Mpa, cioè di Lombardo presidente dell'Ars, annunciano «scosse» molto più gravi di quelle con le quali si diletta D'Alema.
Non bisogna dimenticare che nella storia della nostra repubblica una scossa in Sicilia di solito ha provocato un terremoto in Italia. I precedenti storici non mancano, e non si tratta solo di Milazzo. La Sicilia, a modo suo, è una nazione, a suo tempo aveva addirittura rivendicato l'indipendenza dall'Italia. Sempre a proposito del peso della minaccia siciliana vale notare che mai il presidente del Consiglio era stato così tempestivo nel promettere un piano di intervento. Alla quale promessa non si è risposto con un conveniente «grazie», ma con l'affermazione di essere stanchi di promesse.
Insomma tra Nord e Sud il Cavaliere questo autunno avrà i suoi guai. Le due parti che contestano la condotta politica di Berlusconi con tutti i loro limiti e difetti rappresentano entrambi forze reali, nel bene e nel male, ma pesanti. La Lega è l'unico vero partito che esista oggi in Italia, con il suo insediamento territoriale, con la sua base popolare (il consenso elettorale è in crescita) anche con la sua ideologia razzista.
Il Sud con tutti i terribili difetti della maggioranza dei suoi politici, con tutte le mafie, camorre e 'ndranghete che arricchiscono le cronache criminali, ma che sono un prodotto di quelli che nella storia sono stati i vari conquistatori, compresa l'ultima «conquista regia», è una forza. Il Sud è una forza e un problema nazionale. La un po' dimenticata «Questione meridionale» di quel tal Gramsci non era uno studio antropologico regionale. Oggi la questione riesplode in una fase di crisi economica nuova e globale e non sarà facile addomesticarla con qualche riedizione della Cassa del Mezzogiorno.
E, torno a Berlusconi, con un partito come il Pdl che è tenuto unito solo dal prestigio e dalla forza del capo. Se il capo perde colpi ognuno diventa capo di se stesso: dal partito delle libertà a tutti in libertà.
Una simpatica testimonianza del meridionalismo dei berluscones del Sud è raccontata nell'articolo di Gervasi e nel commento di Palermo sul Campo di golf più a sud d'Italia