For the benefit of the future generations. L’obiettivo, il principio, che accompagnò l’istituzione del parco nazionale di Yellowstone, primo parco nazionale degli Stati Uniti e primo parco mondiale in assoluto. 1872, 130 anni fa. Dichiarazione da allora usata e abusata per le più varie situazioni, nata per la difesa del territorio naturale ma, breve, concisa, perfetta, estrapolabile e ampliabile a ogni scelta riguardante il patrimonio di risorse a disposizione della collettività (territoriali e ambientali, economiche e culturali), per indicarne o giustificarne, in buona o mala fede, la finalizzazione non nell’immediato ma in un lungo, indeterminabile, periodo.
Indipendentemente da come vada o non vada con Yellowstone, i parchi, dai limiti di una difesa circoscritta, dal vedere la dichiarazione appaiata a contenuti non pertinenti e in modi mistificatori, resta il fatto che già nel 1872, in un paese esteso come gli Stati Uniti e ben meno popolato e urbanizzato di oggi, si manifestò la consapevolezza della finitezza delle risorse territoriali, del patrimonio per l’umanità che esse rappresentano, della necessità di preservarle per le generazioni future, del dovere di farsi carico di chi verrà dopo.
Lodo Meneghetti, nella sua Urgente invettiva, non risparmia dall’attacco neodadaista i poveri “caro giovanotto o te, cara ragazza che cresciuti nella merda ambientale credete che questa sia la normalità da viverci e viverla, anzi che questa è appropriatezza moderna dunque bellezza”; ma poveri!: ”non potrete nemmeno coltivare ricordi perché ve ne tormenterà il terribile tanfo e vi rifugerete nel cesso che vi parrà campo di rose al confronto”. Dei disgraziati, già segnati, senza l’esperienza del bello, depauperati della possibilità di riconoscerlo e di rintracciarlo domani nella memoria. E tanto più senza esserne i responsabili.
For the benefit of the future generations: oggi, quanto vale e incide nelle decisioni, nelle scelte sul territorio e ambiente? E, per questi giovani che non sanno, cosa si fa perché sappiano, perché abbiano gli strumenti per discernere, capire, criticare, contrastare chi ora per loro decreta il presente e futuro?
Il territorio, l’ambiente di vita, nelle situazioni sempre peggiori in cui è; i servizi primari in via di rarefazione; centri commerciali, megacinema, megadiscoteche, come luoghi privilegiati dell’esistenza; l’evasione come priorità; il turismo impacchettato come aspirazione; scuola e università in progressivo decadimento; prospettive di lavoro zero, il precariato come unica possibilità; l’apparire e non l’essere come modello sovrano; la politica come incompetenza, mediocrità, litigio, piccola furbizia, denigrazione, offesa, battuta ridanciana, questione di poteri personali, assenza dai problemi reali, confusione tra maggioranza e opposizione; l’indifferenza, l’impermeabilità come risposta costante alle istanze, alle proteste, alle manifestazioni oceaniche che questi giovani hanno pur fatto o a cui hanno comunque partecipato (contro la Moratti, contro la guerra e per cambiare la sinistra); e poi la cancellazione della memoria, con la ridiscussione della storia e la riscrittura del passato.
Leggo un comunicato ANSAdel 29 aprile “Indagine scopre nuova filosofia, meglio vivere nel presente (ANSA)- ROMA, 28 APR - L' Italia non investe sui giovani e questi non puntano sul futuro, entrano nel mondo del lavoro e diventano autonomi sempre più tardi. Lo afferma il prof. Antonio Golini, ordinario di demografia all' università La Sapienza, commentando l' indagine Inizio dell'età adulta secondo la quale il 67,8% giovani tra i 23 e 27 anni afferma che è meglio fare esperienza nel presente piuttosto che pianificare il futuro; il 53,9% vede invece il futuro pieno di incognite." È l’ennesima inchiesta del genere e un’altra conferma sull’atteggiamento dei giovani oggi: rifugio nell’infantilismo; desiderio di Peter Pan, deresponsabilizzazione, fatalismo.
Un’esistenza da eterni bambini invecchiati o da vecchi in anticipo, come prospettiva, e un mondo a misura, che non sono loro, ma le generazioni oggi al potere per loro a decretare, a beneficio di chi dopo vivrà e verrà.
A meno che, chissà, dum spiramus speramus, non cambi tutto, il caro giovanotto e la ragazza si sveglino, e non siano loro a scalzare chi oggi decide. Loro, forse anche per noi.