Urgente invettiva, sì, perché non se ne può più. Mi scuso se non vi lascio respirare, anzi non lascio raffreddare il pezzo del 22 maggio (Illusioni delusioni).
Se anche il bravo Giovanni Valentini, punto di riferimento giornalistico di tante denunce per le violenze al paesaggio, alle città eccetera, e inventore del termine Malpaese da usare regolarmente al posto del menzognero Bel Paese, predica senza scegliere davanti alla diatriba fra i diversi movimenti ambientalisti (Repubblica di ieri), se cade in una delle trappole sparse, come mine belliche, per cinquant’anni dai falsi profeti in tutto il territorio nazionale (sviluppare sviluppare sviluppare, sostenibilmente sostenibilmente sostenibilmente), se soprattutto accetta il furbo gioco dei falsi medesimi, quello del no e del sì (non si può sempre negare negare negare opere opere opere, bisogna proporre proporre proporre alternative alternative alternative – chissà perché, la vedremo): beh, allora mi rifugio nel mio eremo bello (uno a picco sul mare inquinato), me ne frego di sapere, di capire, cerco di dimenticare il paese paradisiaco ben conosciuto confrontato con l’estraneo infernale attuale, smetto di combattere tutte le battaglie – verbali, si dirà (grazie tante, vorrei vedere te, caro giovanotto o te, cara ragazza che cresciuti nella merda ambientale credete che questa sia la normalità da viverci e viverla, anzi che questa è appropriatezza moderna dunque bellezza, quando non avrete altro che il bastone per sostenervi e non potrete nemmeno coltivare ricordi perché ve ne tormenterà il terribile tanfo e vi rifugerete nel cesso che vi parrà campo di rose al confronto), e leggo rileggo disegno suono stravaganze scrivo neodada, giro sfiancato fra gli ulivi e i pini sopravvissuti.
Valentini non è di quelli che “ma non vorrete mica che non si faccia proprio nulla!” quando qualcuno si oppone alla costruzione di un grattacielo al centro del colonnato berniniano. Certo no. Ma se accede, con apparente entusiasmo, all’ultimo giochetto di parole promosso da Legambiente, il gruppo che annuso sospettosamente dopo aver saputo che si becca bei soldini dal ministro Matteoli per iniziative da me altrettanto sospettate nella misura in cui (ah, caro Enrico…) piacciono all’An-neonato alle passioni ambientaliste, scende di qualche punto nell’ammirazione e stima che gli dobbiamo. Dunque la locuzione degli intelligentoni: se da una parte abbiamo lo sviluppo sostenibile, dall’altra dobbiamo avere l’ambientalismo sostenibile!! Bello, eh! Chiaro, no? Cercano di spiegare, tuttavia. Da una parte è l’ambiente, la natura che devono poter sostenere lo sviluppo prodotto dall’uomo, dall’altra è l’uomo che deve poter sostenere l’ambiente e la natura troppo tali, troppo intatti, troppo cattivi o invasivi, privi, guarda un po’, di umanizzazione (che poi, cari miei, non c’è al mondo un metro quadro di paesaggio non umanizzato, come si suol dire).
Oggi, in Repubblica, Francesco Erbani (anche lui un intollerante radicale ostile al ragionevole far qualcosa?) ci informa del centomilionesimo attacco a un luogo di valore storico, aritistico, paesaggistico. Devastato il paesaggio del poeta [Petrarca]. Lo scempio di Arquà. Siamo nel parco regionale del Colli Euganei. Qua, al Sassonegro, fervono i lavori, scrive Erbani, per 12.000 metri cubi di “villette”, là, nelle Valli Selvatiche, 90.000 metri cubi. Facendo un breve calcolo: qua una trentina di ville, là un albergo che, se di altezza contenuta, tre piani, consisterebbe in un parallelepipedo pieno di 95x95x10 metri oppure in due volumi di uguale impatto ma a corte interna, oppure in uno spezzatino di numerosi parallelepipedi non meno invasivi. E poi annessi e connessi, altre strutture ricettive, campeggio. Erbani ci ricorda l’enorme pregio delle Valli (i canali cinquecenteschi, Villa Selvatico, Villa Emo), e conclude con l’abitudinaria coltellata (nel senso che rischiamo di farci l’abitudine, io no – giacché la rabbia salvatrice non mi abbandona): “Raggiungerlo è difficile [il campeggio]. Poco male: una strada spazzerà via un pezzo del parco di Villa Selvatico, un giardino di ispirazione letteraria, realizzato nel 1816 da Giuseppe Jappelli, ripercorrendo luoghi e immagini del libro VI dell’Eneide”. Amen, come sempre.
Milano 25 maggio 2005