Per una volta si può dirlo: la sinistra ha ragione da vendere, quando sostiene che i cattivi d’animo non esistono, che tutto dipende dalla società, dall’ambiente in cui si cresce, dalle occasioni colte o mancate di rispondere a corroboranti stimoli. Infatti basta vedere da dove spuntano in stragrande maggioranza i nostri profeti della secessione, del particolarismo, della ermetica chiusura localistica e familista rancorosa contro il resto del mondo, per capire tante cose. Se si volesse tracciare un confine politico tra le attuali componenti della destra italiana, ad esempio, inutile scomodare le scienze sociali e i guru della sottile interpretazione: basta un bravo geometra, dotato preventivamente degli indirizzi. Scoprirà, o per meglio dire verificherà, la corrispondenza fra tassi di urbanità, tassi di secessionismo, prospettive specifiche del razzismo eccetera.
Qualche anno fa, quando il fenomeno leghista usciva (quantitativamente) dal puro folklore locale, qualcuno ci provò pure, a fare degli accostamenti geografici, ivi comprese alcune simpatiche teorie sui rapporti fra percentuali elettorali e linea padana delle risorgive. Umidità relativa della secessione a parte, qualcosa ci beccava, confusamente ma ci beccava. Poi da oltreoceano, dove le scienze sociali sono di solito praticate da chi prima si è preso la briga di studiare almeno qualche anno, è arrivata una conferma sistematica sulla componente geografica di certi atteggiamenti reazionari. Ma si è anche capito chiaramente che l’umido dei fossi (o magari dei torrenti dove si pesca il salmone) non c’entra nulla. La discriminante è quella classica urbano/rurale, o più precisamente, nel terzo millennio del “pianeta delle città”, la linea di demarcazione è il confine urbano/suburbano.
Adesso arriva anche la conferma storica, stimolata dalla ormai lunga sequenza di sciocchezze e strafalcioni inanellata dai probabili e improbabili candidati alle primarie Repubblicane, e contorno di comprimari Tea Party. Giustamente, studiosi e commentatori si sono chiesti: ma da dove arriva questa fauna? Chi li ha slegati? Possibile che siano spuntati dal nulla? E la triste risposta conferma l’interpretazione sociale della sinistra. Sono cresciuti negli ambienti segregati villettari, non solo loro, ma anche i loro antenati politici: più villettari, più reazionari, più infanzia da soli in giardino, più idee sceme per la testa da grandi. Se la diagnosi esatta del male è della sinistra, la terapia però stavolta arriva direttamente dalla cultura legaiola. Ebbene si: aiutiamoli a casa loro, cambiandogli la casa. Nel senso di dare più urbanità ai buchi neri dello spirito che sono quei quartieri incazzati nascosti dietro la siepe con cane abbaioso. Se volete saperne qualcosa in più, dell’infinita serie dei reazionari storici in villetta, leggete I Repubblicani Odiano le Città, di Daniel Denvir su Alternet 3 gennaio.