No more be griev'd at that which thou hast done:
Roses have thorns, and silver fountains mud:
Clouds and eclipses stain both moon and sun,
And loathsome canker lives in sweetest bud.
All men make faults, and even I in this,
Authorising thy trespass with compare,
Myself corrupting, salving thy amiss,
Excusing thy sins more than thy sins are;
For to thy sensual fault I bring in sense, -
Thy adverse party is thy advocate, -
And 'gainst myself a lawful plea commence:
Such civil war is in my love and hate,
That I an accessary needs must be
To that sweet thief which sourly robs from me.
Non essere piú presa da pena per quello che hai fatto:
Hanno spine, le rose, e fango l'argentea sorgente:
Le nuvole e le eclissi intorbidano luna e sole,
li cancro ripugnante vive nel bocciuolo piú tenero.
È umano commettere errori, ne commetto uno io stesso
Quando mi provo a discolparti facendo paragoni,
Corrompendo me stesso per porgere unguento al tuo male,
Scusando i tuoi peccati piú di quanto non converrebbe;
Poiché un senso vado trovando ai tuoi falli sensuali,
- Diventa tuo avvocato chi dovrebbe invece accusarti, -
Intento in piena regola una causa contro di me:
Tale guerra civile tra amore e rabbia infuria in me,
Che non posso non diventare complice necessario
Di quella dolce ladrona che acerbamente mi depreda.
William Shakespeare
Sonetto XXXV
da “40 sonetti di Shakespeare”
Traduzione di Giuseppe Ungaretti
Arnoldo Mondadori Editore, 1966