Il caso Ikea a La Loggia, nell’hinterland torinese, viene affrontato da alcuni giornali nazionali mettendo in ombra ciò che lo ha provocato e cioè la questione del consumo di territorio agricolo. Si commenta – e si protesta a fianco di Ikea – come se davvero l’Italia pigra, burocratica e clientelare avesse ostacolato un’occasione pulita e dinamica di nuovo sviluppo. Non è così. Qualunque cosa si pensi del territorio italiano, e innanzitutto padano, si deve prendere atto con rispetto che qui, forse per la prima volta, una Provincia intesa come governo di scala vasta, più forte e autorevole dei singoli comuni, ha detto no alla cementificazionedi un’area agricola, e lo ha fatto in coerenza con un Piano Generale. Sta diventando un caso pilota.
Dopo la decisione di Ikea di sospendere il progetto, il presidente della Provincia respinge al mittente le accuse mosse dalla multinazionale svedese. “Se proviamo a capire i motivi dell’ostinazione con cui Ikea Italia indica nel suo ultimatum quella di La Loggia come unica localizzazione possibileper un secondo punto vendita in Piemonte - ha affermato il presidente della Provincia, Antonio Saitta -ci rendiamo facilmente conto che l’area agricola prescelta con il cambio di destinazione urbanistica acquisterebbe un valore di almeno 20 milioni di euro e Ikea realizzerebbe immediatamente una plusvalenza enorme. In questo modo tutti possiamo essere abili a fare gli imprenditori”.
La decisione della Provincia di Torino ha ricevuto l’appoggio della Coldiretti e delle associazioni ambientalisteche si sono schierate a difesa del suolo agricolo. «Apprezziamo il parere negativo che la Giunta provinciale ha espresso rispetto all’ennesima trasformazione da agricola a commerciale – ha dichiarato la Coldiretti Torino -. Per i coltivatori, il giorno 22 luglio 2011 sarà una data da ricordare. Finalmente una istituzione come la Provincia ha il coraggio di fermare l’indiscriminata espansione commerciale e industriale a danno di terreni agricoli”.
“Grande dimostrazione di coerenza, sul consumo di suolo si è passati dalle parole ai fatti” è stato il commento di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. In un comunicato, l’associazione ambientalista fornisce alcuni dati sul consumo di suolo nel territorio provinciale: “La provincia di Torino – scrive Legambiente - in questo ultimo ventennio ha subito un consumo di suolo che davvero lascia senza parole (7500 ettari dall’88 al 2006); tali dati dovrebbero frenarci e farci riflettere prima di divorare altri pezzi di verde. Bene quindi che alle buone intenzioni dichiarate nel Piano Territoriale di Coordinamento (Ptc) siano accompagnati fatti concreti e non dannose deroghe”. Non mancano le superfici già urbanizzate e abbandonate dove si potrebbe pensare di fare la sede nuova Ikea. Chiaro, farne su suolo agricolo è più semplice e molto meno costoso. Ma non è quello che ci aspettiamo… dall’Ikea .
Per fortuna in rete si stanno formando gruppi di discussione e appoggio, come su Facebooke Causes
Forse è il caso di sottolineare, un po' più di quanto non faccia l'articolo, che la vera rilevanza del caso è la dimensione provinciale assunta dal tentativo di governare l'insediamento dello scatolone multinazionale.
Sono diversi lustri che chiunque affronti con un minimo di sistematicità il problema della grande distribuzione sul territorio prima o poi si trova a confrontarsi col classico squilibrio fra le dimensioni dei bacini regionali di riferimento degli operatori, e lo spazio di decisione praticabile dalla pubblica amministrazione che vorrebbe almeno provare a metabolizzarne un po' l'invasione.
Di questi tempi si urla tanto all'abolizione delle Province per "tagliare i costi della politica", e spesso, quasi sempre ahimè, si sorvola allegramente sul fatto che se l'ente territoriale intermedio esiste, di solito ha qualche ragione per farlo, e abolirlo tout court (ovvero senza pensare un istante a chi e come debba assumerne le competenze) lascia come minimo un vuoto.
Ecco: confrontarsi più o meno alla pari con un bacino di utenza commerciale della grande distribuzione è uno di questi potenziali importanti ruoli della Provincia, o di qualunque entità operi a quella scala. Se poi invece non si vuole o non si può farlo (perché ad esempio limitati nelle competenze, ma di solito per carenze culturali o poca volontà) è un'altra storia.
Però se pensiamo a tutte le questioni ambientali, infrastrutturali, insediative, socioeconomiche e via dicendo, poste dall'intreccio col territorio locale di questi giganti. E le mettiamo a confronto con la realtà un po' misera del solito scontro nimby senza sbocco fra piccolo e grande commercio, o cittadino abitante e cittadino consumatore, allora il ruolo di un governo sovracomunale inizia ad emergere, e si può ragionare. Magari litigare, ma ragionare, il che non guasta (f.b.)