Il drammatico resoconto di un missionario che dalle bidonville dell’Africa nera è piombato nella “periferia interna” di Napoli, Italia. Scritto il 22 febbraio 2017
Solo ora, dopo tanti anni di presenza nel rione Sanità, unadelle periferie interne di questa città, riesco a capire quanto complessa siala situazione e quanto difficile sia essere missionario in luoghi come questi. Vista dalle periferie, Napoli salta subito all’occhio comeuna metropoli spaccata in due, la “Napoli bene” come la borghesia di Chiaia,Vomero, Posillipo e la “Napoli malamente” che va dalle periferie esterne diScampia, Ponticelli, Barra alle periferie interne (il centro storico degradatodi Forcella, Quartieri Spagnoli, Rione Sanità). C’è un muro invisibile chesepara queste due Napoli, due città che non vogliono incontrarsi. Da una parteuna ricchezza ostentata e dall’altra una bomba sociale che fa paura.
Un muro invisibile
Nelle periferie di Napoli sta crescendo una generazione diragazzi ai quali è negato il futuro. La cosiddetta “Napoli bene” trova piùcomodo ignorare questo divario. «Il dramma dei ragazzi stritolati dalla camorranon si risolve nei salotti-ammonisce il PM Woodcock che indaga sulle baby-gangdel centro città - È un fenomeno criminale imponente che ci riguarda tutti, acominciare da quella borghesia che dovrebbe decidersi una volta per tutte auscire dal suo isolamento» E questo non sta avvenendo, mentre si fa sempre piùaspra la guerra fra bande di ragazzini per il controllo delle piazze dispaccio. Ormai la vecchia camorra è finita, i vecchi boss sono quasi tutti incarcere, sostituiti dai baby-boss. «L’aver assicurato alla giustizia i grandicapi - osserva lo stesso procuratore nazionale anti-mafia, Franco Roberti - hacreato un vuoto di potere che ora, giovani e giovanissimi, senza alcun frenocercano di occupare»
E questi giovanissimi sono il frutto maturo di trent’anni diconsumismo, veicolato da una squallida TV, che hanno spazzato via i valoridelle famiglie del sottoproletariato napoletano. Oggi tanti giovani di questefamiglie hanno solo un sogno: la vita bella che possono ottenere solo con tantisoldi. E dato che siamo alSud, la regione più in difficoltà della UE secondo il rapporto Svimez, dove ladisoccupazione giovanile raggiunge il 60%, la via più breve per fare tantisoldi è la droga: Napoli infatti è diventata la più grande piazza di spaccio didroga in Europa. Nasce così la nuova camorra, quella delle baby-gang. «Questigiovani non hanno mai conosciuto valori, sport, affetti giovanili - scriveSamuele Ciambriello- .
Si sentono superiori ai vecchi boss. Vogliono tutto esubito. Qui e ora. Se, hanno deciso di uccidere, lo fanno. Sparano nel mucchio,uccidono vittime innocenti» Questi giovani, con le loro “stese” terrorizzano ilterritorio e proclamano a tutti che loro sono in controllo. Questi ragazzi nonimitano più neanche la fiction televisiva di Gomorra, ma imitano l’Isis. «Unfilo sottile ed esistenziale lega i giovani che scorrono in armi nel centrostorico di Napoli per uccidere e farsi uccidere e i militanti della Jihad - cosìafferma il giudice Nicola Quatrano nella condanna contro la Paranza dei Bambinidi Forcella - Entrambi sono ossessionatidalla morte, forse la amano, probabilmente la cercano, quasi fosse l'unica chanceper dare senso alla propria vita e vivere in eterno»
In questi due ultimi anni è stato proprio il Rione Sanità l’epicentrodi questa guerra che ha visto nel 2015 l’uccisione di un ragazzino innocente di17 anni, Genny Cesarano (6 settembre), seguita da quella del boss PierinoEsposito (14 novembre). E come risposta la strage il 22 aprile 2016 di viaFontanelle dove hanno perso la vita Giuseppe Vastarella (fratello del boss) eSalvatore Vigna. A stretto giro di posta, arriva il 7 maggio la strage diMarano in cui perdono la vita Giuseppe Esposito e il figlio Filippo, padre efratello di Emanuele, il killer delle Fontanelle. Ma la faida continua. L'8giugno due killer entrano nel circolo ricreativo del Lotto 0 a Ponticelli per uccidereRaffaele Cepparulo che, per salvarsi, usa come scudo umano un altro ragazzinoinnocente, Ciro Colonna di 19 anni. Ambedue vengono falciati. Cepparulo, un giovanedi 25 anni, era stato cacciato con altri tre dal Rione Sanità e abitava pressola fidanzata a Ponticelli (periferia di Napoli est). Basta leggere i tatuaggisul corpo di Cepparulo per capire chi sono questi ragazzi. Cepparulo portavatatuato in grande il nome del suo giovane boss, Genidoni (ora in carcere). Sulpettorale sinistro c'è la scritta LOVE, ma per ogni lettera viene usato comefondo un’arma: per la L una pistola, per la O una bomba, per la V un rasoio eper le E un mitra. Sulla spalla campeggia l’acronimo inglese: ACAB (tutti ipoliziotti sono bastardi). Sono questi i simboli, meglio i versetti satanici diuna generazione che ha scelto l’inferno.
“Un Popolo in cammino” ha reagito all’uccisione di un altroinnocente Ciro Colonna, sfilando con un migliaio di persone per le strade di Ponticelli.Marciando ho potuto osservare bene il Lotto 0: una piccola Scampia! Che vergognaquesti ghetti di Napoli. E come azione positiva abbiamo, insieme ai cittadini,ripulito un campo abbandonato, dove ora i ragazzini del Lotto 0 giocano apallone. Piccoli segni che nascono dal basso.
Ma il gioco al massacro è continuato con l’uccisione, il 20giugno a Melito (nord di Napoli) di Alessandro Laperuta e del marocchino MohamedNouvo. L’eterno scontro tra il centro storico di Napoli (Rione Sanità) e ilnord di Napoli (Melito, Secondigliano, Scampia). Il 3 agosto altra strage in VicoNocelle, nel quartiere Materdei, limitrofo al Rione Sanità, mentre era in corsoun vertice per creare un solo cartello della droga. A questo vertice eranopresenti gli uomini di Salvatore Esposito (storico boss del Cavone, vicino aPiazza Dante), ma anche quelli dei Sequino del Rione Sanità (dei quali CiroMarfé era portavoce al tavolo delle trattative). I killer hanno bloccato iltraffico di Vico Nocelle per poi sparare e uccidere a colpo sicuro il boss SalvatoreEsposito e Ciro Marfé, mandando all’aria un affare di varie centinaia dimilioni di euro. Chiara la strategia: creare tante piazze di spaccio, collegatedagli stessi prezzi, stesse tariffe, stessi canali di approvvigionamento,stessi fornitori.
Cronache di unosterminio
Il 6 settembre, primo anniversario dell’uccisione di Genny,abbiamo voluto reagire a questo stillicidio con un evento. Il nostro parroco, don Antonio Loffredo, sempre molto attivo sul territorio, ha pensato, insiemea un bravo artista napoletano, che aveva conosciuto Genny, di preparare una raffigurazionedi quel giovane mentre gioca a pallone, seduto su due assi con la scrittaSan(t)ità. Il tutto è collocato sotto l’albero di ulivo che era stato piantatoin memoria del ragazzo. Dopo la messa, siamo usciti in piazza Sanità, dove igenitori di Genny hanno tolto il lenzuolo che copriva il memoriale del lorofiglio. Un momento importante per il popolo del Rione Sanità .
Purtroppo il 30 settembre arriva la risposta alla strage diVico Nocelle con l'uccisione di Vittorio Vastarella, altro fratello del boss.Un'esecuzione plateale fatta alle 12.30 con tanta gente per strada, a pochipassi da Piazza Sanità, presidiata dall’Esercito Italiano! L’esecuzione sembrasia stata ordinata dai Sequino per colpire il clan Vastarella forte dei legamicon Secondigliano, dove è in atto una feroce lotta tra i clan emergenti.Infatti nello stesso giorno, quattro killer entrano in azione in Vico Cotugno aMiano (nord di Napoli), tra i bambini che giocano a pallone, freddandoSalvatore Corradi, 37 anni e Domenico Sabatino, 40 anni, quest’ultimo, figliodi Ettoruccio, ex-boss del Rione Sanità, ora in carcere. Un duplice omicidioche si inquadra nella lotta esplosa all’interno di ciò che rimane del clan LoRusso che controllava il nord di Napoli e aveva tentato di mettere le mani sulrione Sanità tramite il boss Pierino Esposito.
Ma la faida tra i Sequino e Vastarella alla Sanità continua.Il 7 settembre i killer entrano in una affollata cornetteria ai Colli Aminei euccidono Antonio Bottone di 28 anni e feriscono il suo amico Daniele Pandolfidi 21 anni che riesce a salvarsi nascondendosi nel laboratorio. Siamo in guerraper la droga, per il racket, una guerra pagata anche dagli immigrati, i qualiperò dimostrano più coraggio nel reagire rispetto ai cittadini. E quanto èavvenuto il 4 gennaio di quest’anno nell’affollatomercato della Maddalena, che si trova a ridosso della centralissima PiazzaGaribaldi. Quel giorno un commando di quattro uomini, armati di bastoni epistole, urlando:«Diamo una lezione a questi bastardi di neri», si scaglianocontro un senagalese, reo di essersi rifiutato di pagare il pizzo di venti europer Natale al clan Mazzarella di Forcella. A quel punto però si mobilitanodecine di africani in difesa del connazionale aggredito ed è allora che uno deicamorristi estrae la pistola e inizia a sparare all’impazzata, colpendo allegambe tre senegalesi e una bambina di 10 anni che era lì con i suoi genitoriper comperare i regali per la Befana. Si è sfiorata un’altra tragedia e un’altravittima innocente. Pochi giorni dopo “Un Popolo in cammino” ha invitato tuttia ritrovarsi vicino al mercato della Maddalena in solidarietà con i migrantisenegalesi per il coraggio dimostrato.
Una camorra questa sempre più spregiudicata, capace diusare anche i bambini e minorenni per la preparazione e lo spaccio della droga.Ce lo rivela l’arresto il 17 gennaio di 42 persone del clan Elia che controllail Pallonetto a S.Lucia. Tra queste c’era una ragazzina di otto anni, cheaiutava a preparare le dosi di cocaina e un ragazzino di 13, Giovanni, chegestiva da solo la piazza di spaccio. Un fatto questo che ha lasciato tuttiscioccati a Napoli. Ha ragione il prof. Isaia Sales quando afferma che «lacamorra è diventata così potente da quando l’area napoletana è statatrasformata nella più grande piazza di spaccio di cocaina e di tutte le droghein Europa, soprattutto da quando la cocaina è passata da droga per pochi ad affaredi massa»
Un grande affare che porta ogni anno in media ottantamilioni di euro nelle tasche dei boss. E questo spiega anche la spaventosadisponibilità di armi in questa città. I carabinieri nel giro di un anno (2014-15)hanno sequestrato circa 1.265 fra armi da fuoco e armi bianche, 23milamunizioni e quasi diecimila chilogrammi di esplosivo. Napoli sta diventandosempre più una città sudamericana,
Da Korogocho (Nairobi,Kenya) al rione Sanità (Napoli, Italia)
E questa la drammatica realtà che dobbiamo affrontare, sevogliamo realmente fare missione in questa megalopoli. Dopo dodici anni spesinella violenta baraccopoli di Korogocho (Nairobi) in Kenya, mi ritrovo inmissione qui a Napoli nel rione Sanità, insieme al francescano Arcadio Sicherche è vissuto anche lui per dieci anni in baraccopoli ad Accra (Ghana) e allapediatra Felicetta Parisi, laica consacrata, da anni impegnata sul territorio.Non è una missione facile la nostra e deve essere tutta inventata! Ma noiriteniamo fondamentale prima di tutto esserci dentro queste realtà, viverlegiorno per giorno, sentirle sulla propria pelle.
Ecco perché è importante essere qui su questo campanile della Chiesa condividendo le angosce di questopopolo. Il dramma di un ragazzino innocente come Genny ucciso nel cuore dellanotte, proprio qui sotto casa. L’orrore dell’uccisione in piazza, quasi sottoi nostri occhi, in pieno giorno, delboss Pierino Esposito, il cui corpo ho ricoperto con un lenzuolo. Lo sconcerto,quando giorni fa, qui davanti alla porta di casa è stato gambizzato, amezzanotte, un giovanotto. Son balzato dal letto e sono sceso in piazza peraccogliere la disperazione dei vicini. E ancora, a pochi metri da casa, il 21 gennaio, i killersparano a un giovane, in sella a uno scooter, che pur ferito, accelera e riescea scappare. E l'11 febbraio, verso sera,con negozi aperti e tanta gente per strada, un altro agguato con ferimento di padre e figlio, gestori di un garage, aqualche centinaio di metri da casa. E così che anche noi sperimentiamo sullanostra pelle la paura e lo sconcerto della gente che vive in questo quartiere.
Ma per noi missionariè altrettanto importante il comeci siamo in queste periferie! Infatti abbiamo scelto uno stile di vita semplicee sobrio che ci permette di mettere al centro le persone con un’attenzioneparticolare agli ammalati, agli anziani soli, ai malati mentali, ai senza fissadimora, ai migranti e ai rom. (Tante le lotte che stiamo facendo per questeultime tre categorie, gli scarti della nostra società). Incontrando le personedel quartiere ci rendiamo conto di quanto grande sia anche la sofferenzaeconomica. Questo ci ha spinto ad iniziare il microcredito (non è la cosa piùfacile alla Sanità!). Sosteniamo con forza anche il lavoro dei GiocatoriAnonimi per le vittime del gioco e dell’usura, cancro del rione Sanità (e nonsolo alla Sanità!).
Ma il nostro ruolo di missionari qui è anche quello di creare comunità, fare rete,far nascere dal basso un movimentopopolare capace di chiedere i propri diritti fondamentali come cisuggerisce Papa Francesco. Purtroppo questo non è facile perché le periferiedel Meridione sono attraversate da un esasperato individualismo, in parteretaggio storico del Sud, in parte frutto del consumismo. Per questo, comemissionari abbiamo puntato sulle Piccole Comunità cristiane che si ritrovanonelle case a leggere il Vangelo e a contestualizzarlo nell'oggi. Piccole realtàche riscaldano il cuore, creando autentiche relazioni umane e comunitarie. Equesto stesso motivo che ci ha spinto ad iniziare anche la Rete del RioneSanità per creare comunione fra le varie realtà che operano sul territorio. Inquesti anni la Rete è riuscita ad evidenziare i gravi problemi sociali presso l'amministrazionecomunale sia con le lettere LiberiAmo laSanità che attraverso i tavoli istituzionali. Un bel frutto della Rete è laRete Educativa che riunisce tutte le scuole, i dopo-scuola, i centri educativi delquartiere. All’inizio di questo anno scolastico è stata organizzata unagiornata unitaria in piazza, come unitaria sarà la sfilata del Carnevale (24febbraio), che quest’anno ha cometema:” Il diritto allo studio”.
E due anni fa, dopo l'uccisione del giovane Genny Cesarano, abbiamodato inizio a un movimento che tenta di mettere insieme le realtà socialiimpegnate delle periferie di Napoli con le parrocchie presenti nelle stesse. L’abbiamochiamato “Un Popolo in cammino”.Non è un cammino facile, sia per la frammentazione dei comitati, sia per ladifficoltà che si ha a legare fede e vita. E un lento e difficile processo questo,ma lo ritengo fondamentale.
Un appello inascoltato
“Un Popolo in cammino” si appella prima di tutto al Governo perché intervengacon un Piano Marshall per le scuole, la sicurezza e il lavoro per i giovaninelle periferie di Napoli. Lo abbiamo chiesto di nuovo con forza il 16 dicembrescorso con un’altra marcia per le vie centrali di Napoli. Noi chiediamo per iquartieri in difficoltà scuole aperte fino a sera tarda, con insegnanti sceltiallo scopo di avvicinare questi ragazzi. Scuole che devono includere anche scuoleserali e maestri di strada. Qui ci vogliono grossi investimenti dello Stato. Inpiù chiediamo sicurezza sulle nostre strade e piazze, munite di telecamere, presidi fissi di polizia e vigili urbani. Maanche un impegno serio contro la bomba sociale che colpisce le periferie diNapoli, altrimenti non ci potrà essere sicurezza. Infine chiediamo lavoroinedito per i giovani: il 60% sono disoccupati. Lavori inediti comecooperative per la raccolta dell’umido nei vicoli o lavoro negli orti urbani…
Dopo più di un anno di pressione sul governo Renzi e oraGentiloni, dobbiamo riconoscere che abbiamo ottenuto quasi nulla. Non solo, marischiamo di perdere quel poco che abbiamo! Qui alla Sanità, nonostante lelotte e i blocchi stradali compiuti, è stato chiuso anche l’ospedale S. Gennarodei Poveri. E ora rischiamo anche la chiusura dell’unico Istituto Superiore,il Caracciolo. Ma tutto questo impegno è difficile sostenerlo senza una fortespiritualità, quella indicataci da Papa Francesco, quella di una chiesa poverae dei poveri. Ecco quello che ci ha spinto e ci spinge a promuovere il “Pattodelle Catacombe”. Questo è un Patto firmato il 16 novembre 1965 da unacinquantina di Padri Conciliari, alla fine del Vaticano II, nelle catacombe diDomitilla a Roma, con il quale i vescovi si impegnarono per una Chiesa povera edei poveri. E dato che a Napoli abbiamo le splendide catacombe di San Gennaro,abbiamo voluto riproporlo ma adattandolo alloggi. E così nel 50° anniversariodi quel Patto, il 16 novembre 2015, un folto gruppo di fedeli, preti,religiosi/e si sono ritrovati inpreghiera nelle catacombe di S.Gennaro dei Poveri, qui al Rione Sanità, perfirmare il rinnovato Patto delle Catacombe, che ci impegna a “fare l'opzione deipoveri, degli esclusi, degli scarti della società, a riconoscere in loro la carnedi Cristo, Sacramento vivo della sua Presenza e prestare ad essi la nostra vocenelle loro cause”. Ma abbiamo anche promesso di «sostenere in manieranon violenta, nella nostra azionepastorale, i movimenti popolari che si impegnano a favore dei dirittifondamentali dell'essere umano»,
Ora che abbiamo ottenuto la benedizione e l’incoraggiamentodel nostro vescovo, il cardinale C. Sepe, ci siamo dati appuntamento (fedeli,preti, religiosi/e) il 24 marzo prossimo presso le catacombe di S. Gennaro perrinnovare quel Patto. E la giornata del martirio dell’arcivescovo di S.Salvador, Oscar Romero e dei missionari martiri, straordinarie figure che sisono giocate la vita a favore degli impoveriti in nome del Dio della vita. «Crediamoin Gesù che è venuto a portare vita in pienezza-aveva affermato Oscar Romero -Crediamo in un Dio vivente che dà vita agli uomini e vuole che gli uomini vivanodavvero. Si presenta quindi alla Chiesa, come a ogni uomo, l’opzionefondamentale per la sua fede: essere in favore della vita e della morte.Vediamo con grande chiarezza che in questo la neutralità è impossibile. Oserviamo la vita dei salvadoregni o siamo complici della loro morte. E qui sidà la mediazione storica dell’aspetto fondamentale nella fede: o crediamo in un Dio di vita o serviamo gliidoli di morte».
E questa anche la nostra opzione fondamentale, noi cheviviamo e operiamo nelle periferie di Napoli.
Napoli, 22 febbraio 2017