Mentre in Italia, con l’approvazione alla Camera della “Legge Lupi”, paradossalmente titolata “Legge per il governo del territorio”, la pianificazione urbanistica e territoriale subisce una ennesima delegittimazione (nel silenzio-assenso di parte cospicua della cultura urbanistica ormai irresistibilmente attratta dal modello neo-corporativo), le innovazioni legislative recentemente introdotte in alcuni paesi europei e le loro ricadute in ambito attuativo, documentano una evidente tendenza: che il piano è tornato a svolgere un ruolo centrale nelle politiche pubbliche, come rimedio ai danni della deregolamentazione urbanistica e per far fronte alle complesse sfide di lungo periodo in tema di competitività, sostenibilità e coesione sociale. Vanno in questa direzione molte leggi e direttive recenti in materia di pianificazione urbanistica e territoriale, fra cui la legge di riforma urbanistica“Solidarité et Renouvellement Urbain” approvata dal governo Jospin (m.c.g.).
La legge Solidarité et Renouvellement Urbain(SRU), n. 2000-1208 del 13 dicembre 2000.
Proposta ed approvata dal governo Jospin, la legge ha rinnovato radicalmente gli strumenti della pianificazione comunale e di area vasta e, malgrado alcuni emendamenti peggiorativi introdotti dall’attuale governo di centro-destra, sta già producendo alcuni risultati interessanti, soprattutto nei contesti urbani e metropolitani più sperimentali e innovativi.
Come anche il titolo sottolinea con grande efficacia, la legge SRU persegue l’obiettivo di lungo periodo dello sviluppo sostenibile: uno sviluppo da perseguire attraverso politiche urbane più coerenti e alla scala pertinente, città più solidali, riqualificazione della città densa, cauto consumo delle risorse territoriali, trasporti ecocompatibili. La legge è scaturita da una lucida riflessione critica su alcuni effetti indesiderabili del decentramento amministrativo realizzato a partire dai primi anni ’80 dello scorso secolo; in particolare sono al centro dell’attenzione del legislatore gli elevatissimi consumi di suolo nelle aree di frangia urbana prodotti dalle dispersione abitativa, l’aumento del consumo di mobilità su gomma, la crescente doppia velocità e la caduta della qualità della vita nelle città e nelle frange suburbane: fenomeni che sono stati favoriti dal modello di autoapprovazione dei piani urbanistici comunali (POS) e dal simmetrico indebolimento della pianificazione di inquadramento di area vasta (opzionalità degli Schemi Direttori) realizzati con il decentramento amministrativo.
Due sono i nuovi strumenti urbanistici previsti dalla legge: lo SCOT (a scala sovracomunale) e il PLU (a scala comunale).
A. Gli Schémas de la Cohérence Territoriale (SCOT) sono piani di inquadramento di area vasta: ricevono competenze più ampie rispetto agli Schémas Directeurs (SDAU), sono più dirigisti e più normativi. Sono elaborati dalle associazioni intercomunali volontarie e sono preposti ad integrare pianificazione urbanistica e piani di settore.
Con gli indirizzi dello SCOT devono essere compatibili (e ad esso subordinati): il PLH (Programme Local de l’Habitat), il PDU (Plan de Déplacement Urbain), il PLU (Plan Local d’Urbanisme), la Carte Communale (il piano semplificato dei piccoli comuni), lo SDEC (Schéma Directeur de l’Equipement Commerciale), la ZAD (Zone d’Aménagement Différée), la ZAC (Zones d’Aménagement Concerté), la perimetrazione delle riserve fondiarie superiori a 5 ha., le grandi opere pubbliche finanziate dallo Stato.
Inoltre, gli SCOT perimetrano in maniera insindacabile gli spazi naturali e urbanizzati sottoposti a tutela.
Una importante regola non contrattabile volta a garantire una gestione prudente nel lungo periodo delle risorse territoriali è rappresentata dal principio di “constructibilité limitée” o di “extension limitée de l’urbanisation” che stabilisce che, in assenza di SCOT approvato, non sarà consentito ai comuni di urbanizzare nuovi territori o realizzare grandi superfici commerciali (il principio che, nella legge SRU si applicava a tutti i comuni che si situano a non più di 15 km dalla periferia di una agglomerazione di 15.000 abitanti, è stato ridimensionato dal governo Raffarin che ha innalzato la soglia demografica a 50.000 abitanti - emendamento introdotto con la legge “Urbanisme et habitat” del 2 luglio 2003).
E ancora, gli SCOT potranno subordinare le nuove urbanizzazioni al livello di dotazione di trasporti pubblici e allo sfruttamento preventivo dei suoli disponibili in aree già urbanizzate (una regola che rafforza il carattere prescrittivo dello SCOT e che ha molte assonanze con analoghe disposizioni olandesi, tedesche e britanniche).
Inoltre, una attenzione particolare dovrà essere dedicata alla pianificazione dell’offerta commerciale, prevedendo un sensibile abbassamento degli standard di parcheggi, per salvaguardare il territorio periurbano e le entrèes de villes dalla proliferazione di grandi centri commerciali. Una legge successiva approvata nel 2002 (DDUHC: Diverses dispositions relatives à l’urbanisme, à l’habitat et à la construction) ha rafforzato queste indicazioni, stabilendo che i comuni sprovvisti di SCOT non sono autorizzati a concedere permessi di costruire per centri commerciali e sale cinematografiche in zona non urbanizzata.
Infine, i Contrats de ville che canalizzano i finanziamenti statali a favore di progetti per la mixité abitativa, la lotta alla esclusione, l’offerta equilibrata di servizi pubblici rientrano anch’essi fra le competenze dello SCOT.
B. A scala comunale, il nuovo strumento urbanistico è il PLU (Plan Local d’Urbanisme) che sostituisce il POS (Plan d’Occupation des Sols).
Per la elaborazione del PLU, che si configura come il progetto urbano della municipalità, si richiedono alle amministrazioni locali, e alle loro agenzie tecniche, alcuni passaggi chiave obbligatori:
- una fase preparatoria di accurata diagnostic urbaine,
- la elaborazione di un progetto globale per il territorio comunale ( PADD: Projet d’Aménagement et de Développement Durable) che deve individuare gli obiettivi strategici del comune, in particolare in tema di riqualificazione urbana, trasporti, difesa della diversità commerciale dei quartieri, paesaggio, ambiente, tutela dei beni architettonici, eventuali progetti in deroga (ZAC) che non possono più essere approvati in sequenza incrementale, ma inseriti nel progetto globale della municipalità e compatibili con le indicazioni dello SCOT,
- la predisposizione delle norme tecniche di attuazione e
- la cartografia e gli allegati.
Da sottolineare infine che la normativa in materia di diritto dei suoli appare poco modificata rispetto a quella dei POS: soltanto la prescrizione del COS (Coéfficient d’occupation des sols) è resa facoltativa, ma nel caso venga fissata non ne è più autorizzato il superamento.
La legge SRU stabilisce per la prima volta in Francia che la concertazione con la popolazione dovrà diventare un processo continuo sia nella elaborazione dello SCOT che del PLU .
Per il PLU, già nello sviluppo delle prime due fasi ( Diagnosticurbaine e PADD), la legge prescrive infatti l’attivazione di un dibattito pubblico fondato su elementi chiari, semplici e comprensibili, con l’obiettivo di “accentuare l’intensità democratica” del processo di pianificazione. Una volta completate tutte le fasi, il PLU deve essere sottoposto a inchiesta pubblica prima della approvazione finale da parte del consiglio comunale.
Le differenze rispetto alla “via italiana” alla riforma degli strumenti urbanistici sono dunque evidentissime. In particolare, occorre ancora sottolineare che il PLU non distingue tra elementi strutturali e operativi: i primi spettano infatti al piano di inquadramento di scala sopracomunale (SCOT) e con essi devono risultare compatibili i grandi indirizzi dei piani comunali. E ancora, il PLU è un “piano comprensivo” a tutti gli effetti; è lo strumento, e il processo, per la integrazione dei piani di settore, sempre in coerenza con gli indirizzi dello SCOT: Plan Local de l’Habitat–PLH (obbligatorio per legge e finalizzato a garantire una adeguata offerta di edilizia sociale alla scala del quartiere); piano del traffico, piano per il sostegno e lo sviluppo delle attività economiche e commerciali, piano per la protezione e la valorizzazione dell’ambiente. Si tratta dunque di un vero “projet urbain” che definisce misure, azioni, progetti e regole non contrattabili che riguardano non più soltanto la definizione precisa dei diritti d’uso del suolo da parte dei privati (come avveniva nel POS), ma anche il progetto pubblico e di lungo periodo della amministrazione locale.
I principi fondamentali cui il PLU deve fare riferimento, e ai quali devono accompagnarsi adeguati e coerenti elementi prescrittivi e regolamentari, sono:
- il governo del consumo di suolo e la protezione degli spazi naturali e agricoli; una gestione prudente degli spazi urbani, periurbani, naturali e rurali; il contenimento degli spostamenti su gomma e dei correlati effetti ambientali negativi; la tutela del patrimonio costruito e la prevenzione dei rischi;
- la ricerca di diversità delle funzioni urbane e la mixité sociale, “prevedendo progetti ed interventi di recupero sufficienti per soddisfare, senza discriminazioni, i bisogni presenti e futuri in materia di abitazione, di attività economiche, in particolare commerciali, di attività sportive e culturali e d’interesse generale e di servizi pubblici, tenendo in conto particolare il riequilibrio emploi-habitat, i trasporti pubblici e la gestione delle acque” (nuovo art. L.121-1 del Code de l’Urbanisme).
Da sottolineare infine che la legge RSU per quanto riguarda la riduzione della “doppia velocità” stabilisce che tutti i comuni di una agglomerazione urbana con più di 50.000 abitanti devono garantire una offerta abitativa costituita, per almeno il 20% del totale, di edilizia sociale, prevedendo un prelievo sulle entrate comunali (che sarà versato alle associazioni intercomunali o allo Stato) ed, eventualmente, l’esercizio dei poteri sostitutivi per i comuni inadempienti. Per i comuni dell’Île-de-France, l’inadempienza potrebbe tradursi in un blocco delle licenze terziarie, di fatto reintroducendo l’Agrément en Blanc soppresso negli anni ’80.
L’attuale governo ha in parte indebolito gli aspetti più innovativi della RSU consentendo un regime di transizione fino al 2006 in cui restano in vigore i POS vigenti, non si applicherà il principio di extension limitée de l’urbanisation, i comuni potranno realizzare le ZAC già programmate. Inoltre, mentre nella formulazione originaria il 20% di edilizia sociale da realizzare nelle agglomerazioni con più di 50.000 abitanti era esclusivamente dedicato alle abitazioni in affitto, è stata consentita anche la realizzazione di alloggi in proprietà.
Sulla legge SRU, sul dibattito parlamentare e più in generale culturale sviluppatosi in Francia, sugli emendamenti successivamente introdotti dal governo Raffarin, si consiglia ai cultori di analisi comparativa una ricerca in Internet per parole chiave e la navigazione nel sito www.legifrance.gouv.fr., dove è possibile scaricare i testi di legge, le circolari esplicative ed anche il dibattito parlamentare. Ciò consentirà, fra l’altro, di apprezzare al meglio, al di là delle ovvie differenze istituzionali, la sconsolante distanza, anche formale oltre che sostanziale, fra l’apparato giuridico e il dibattito politico-culturale francese e quelli sviluppatisi nel nostro paese negli ultimi tempi.