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Francesco Erbani
Quanto cemento intorno a Mantova
12 Ottobre 2006
Articoli del 2006-2007
Un altro esempio dell'urgenza di nuove regole per governare la complessità del territorio in nome dell'interesse collettivo. Da la Repubblica, 12 ottobre 2006 (m.p.g.)

Chi, venendo da Verona e prima di attraversare il ponte sul Mincio, si ferma di fronte alla sagoma della città di Mantova resta impressionato per come una serie di elementi architettonici che vanno dal tardo Medioevo al Rinascimento riescano a comporre un paesaggio urbano armonico per compattezza e decoro, con la mole del Castello di San Giorgio e le mura del Palazzo Ducale. Ora questa percezione, che nei secoli si è consolidata, potrebbe essere seriamente intaccata.

Le mura mantovane traggono molto del loro significato estetico dal contesto - il Lago di Mezzo, innanzitutto. E poi dal verde dei pioppi che, sull´altra sponda rispetto alla città, si spinge fin quasi nell´acqua. È qui, in un´area pianeggiante di poco più di 30 ettari - Strada Cipata, si chiama - che dovrebbe sorgere un grande insediamento, villette e palazzine, soprattutto, ma anche parcheggi ed edifici per uffici. Mitigati, stando alle intenzioni dei progettisti, da un parco di 10 ettari che, si dice, rivaluta tutta la zona. In totale, secondo alcune stime, la volumetria dell´intero complesso ammonterebbe a 320 mila metri cubi, che dovrebbero ospitare intorno a 1.200 persone ("tre Hilton", sarebbe sbottato Antonio Cederna, che usava l´albergo romano con i suoi 100 mila metri cubi come indice di imponenza e di bruttura edilizia). Un quartiere residenziale, insomma, che si specchierebbe nel lago, ma che si squadernerebbe proprio davanti alle possenti torri del Castello di San Giorgio e davanti agli occhi di chi si affacciasse dal Cortile della Cavallerizza, alle spalle del Palazzo Ducale, che custodisce le opere di Mantegna, Pisanello, Giulio Romano e quindi l´essenza del Rinascimento italiano.

In realtà il panorama intorno a Mantova venne già alterato quando furono issate le ciminiere del grande polo petrolchimico. Ma la nuova lottizzazione viene vista da chi la contesta come una gravissima deformazione della prospettiva di cui Mantova ha goduto da sempre. In prima fila fra gli oppositori è l´attuale sindaco della città, la diessina Fiorenza Brioni, sindaco da un anno e mezzo. E qui si inciampa in un paradosso: la Brioni è alla guida di un´amministrazione di centrosinistra subentrata ad un´altra amministrazione di centrosinistra - sindaco sempre un diessino, Gianfranco Burchiellaro - che quel progetto approvò e sostenne in modo convinto.

È una storia complessa. Il progetto, firmato dalla società immobiliare Lagocastello, venne presentato alla fine del 2004, ma per approvarlo era necessario varare un piano urbanistico ad hoc. Cosa che il consiglio comunale fece a tappe forzate: le elezioni erano fissate per la primavera del 2005. Si racconta che all´ultima seduta utile i consiglieri della maggioranza vennero blindati purché andassero a votare. Un esponente dei Ds, in ospedale per assistere un parente, fu mandato a prendere da un auto dei vigili. Più volte mancò il numero legale che poi venne raggiunto grazie a due esponenti del centrodestra. E così il piano venne approvato.

In campagna elettorale il nuovo candidato sindaco non ha fatto mistero di voler cancellare quel progetto. E non è stato semplice chiedere agli elettori di votare in nome della continuità politica, distanziandosi però da una scelta urbanistica fra le più rilevanti nella storia recente della città. Fiorenza Brioni ha vinto al ballottaggio con un largo margine e appena si è insediata in Comune ha cercato il modo di fermare la cementificazione. Si è accorta subito, però, che la strada non era in discesa. Il consiglio comunale aveva dato il suo assenso. E tutto sembrava in regola. Intanto era subentrato un altro problema. I sei consiglieri dei Ds hanno minacciato di voltare le spalle al nuovo sindaco se non fosse stato confermato l´assessore all´urbanistica della precedente giunta, grande sostenitore dell´insediamento di strada Cipata. La Brioni ha tenuto duro, pagando però un prezzo in termini politici molto alto: la sua maggioranza è apparsa subito molto incerta e tale resta.

La lottizzazione aveva comunque un punto debole, balzato agli occhi di un consigliere di Rifondazione, Matteo Gaddi, e a quelli di Paolo Rabitti, ingegnere, esperto di normative urbanistiche: l´intero progetto avrebbe dovuto essere sottoposto alla Via, la valutazione di impatto ambientale. Perché superiore, spiega Rabitti, ai 10 ettari e perché compreso dentro il perimetro del Parco del Mincio, una zona delicatissima. Ma c´è un altro punto preoccupante. L´insediamento confina con l´aera del petrolchimico, che in base alla cosiddetta Legge Seveso, è considerata «a rischio di incidente industriale rilevante». Quell´area è soggetta a bonifica, perché gravemente inquinata da una serie di componenti chimiche che vanno dal mercurio ad altri clororati cancerogeni.

Fiorenza Brioni ha quindi firmato un´ordinanza con la quale si sospendono i lavori del cantiere, che nel frattempo erano stati avviati. Anche la Regione Lombardia ha emesso un decreto per imporre una Via. Entrambi i provvedimenti, però, sono stati impugnati dalla proprietà, che ha ottenuto dal Tar la loro sospensione. Contemporaneamente il sindaco si è anche rivolto al Ministero, chiedendo se il Parco del Mincio rientra o meno fra i parchi nei quali gli interventi edilizi devono essere sottoposti alla Via. La lettera è stata scritta nel novembre del 2005. Altero Matteoli, ministro del governo Berlusconi, non le ha mai risposto. Ma neanche Alfonso Pecoraro Scanio, titolare del ministero con il centrosinistra, si è fatto vivo.

Gli sbancamenti sono in corso. Ma il sindaco spera che il ministero si esprima al più presto. E che si possa salvare, nell´anno in cui si celebra Andrea Mantegna, la cornice paesaggistica nella quale Mantova ha sempre vissuto e che è il naturale contesto dei suoi gioielli.

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