la Nuova Venezia,
11 marzo 2018. Intervista di Vera Mantengoli a Ugo Mattei. La sentenza del Tar su Poveglia spiana la strada per la riforma dei beni comuni. E sullo sgombero della Vida, la distinzione tra legale e legittimo. (m.p.r.) con riferimenti
La sentenza del Tar su Poveglia farà scuola nell'ambito giuridico e spianerà la strada alla riforma legislativa che la Commissione Rodotà sui beni pubblici auspica da anni. Lo conferma il docente Ugo Mattei, giurista torinese, autore di Beni comuni. Un manifesto, professore di Diritto internazionale a San Francisco e di Diritto civile a Torino. Mattei segue dall'inizio la storia dell'isola e ha letto con soddisfazione le parole del Tar.
Professore, cosa pensa della sentenza?
«È molto positiva. È un segno che il Tar si è messo in sintonia con un'evoluzione culturale molto avanzata che noi giuristi dei beni comuni e della Commissione Rodotà, nominata nel 2007, portiamo avanti da anni. Non c'è stata ancora una riforma, ma in tutta Italia qua e là si stanno facendo piccoli passi che dimostrano che, quando la cittadinanza è attiva e si rivela capace di prendersi cura di un bene, lo può gestire».
Conosceva il caso Poveglia?
«Certo, la laguna nella storia dei beni comuni inizia a essere un luogo molto interessante, a partire dalla sentenza nel 2011 sulle valli da pesca che ha proprio introdotto il concetto di bene comune, parlando di interesse della collettività. A maggior ragione adesso con Poveglia parliamo di un bene prezioso che è all'interno di un altro bene prezioso come la laguna. L'interesse collettivo mi sembra evidente».
Il Demanio dice che la parte edificata crolla e c'è bisogno di un intervento.
«La mancanza dei soldi che spesso viene tirata in ballo dalle istituzioni non può diventare una scusa per arrendersi a politiche di estrazione di valore dei beni comuni».
Che differenza c'è tra bene demaniale e bene comune?
«Il bene demaniale è quando il proprietario è l'apparato dello Stato che lo gestisce in totale libertà, magari vendendolo per usare i soldi a fini pubblici, ma quel bene è come se fosse suo. Si dice invece bene comune quando il bene è assegnato alla cittadinanza e lo Stato apparato, in nome dell'interesse delle generazioni future, non persegue l'interesse proprio. In questo caso lo Stato è servitore del popolo, in particolare quando viene dimostrato l'interesse pubblico e l'impatto sociale. Ecco, la sentenza del Tar su Poveglia pone le basi per questo ragionamento ed è per questo che il Demanio dovrebbe ritirare subito il bando e lasciarlo ai cittadini».
Ci sono altri casi simili in Italia?
«Certo, la battaglia dei cittadini per Poveglia non è solo veneziana, ma è nazionale e per questo è importante. Potrebbe creare un precedente o rafforzare delle situazioni analoghe dove i cittadini si sono dimostrati capaci di gestire e rendere fruibile un bene. Poveglia è in linea con quello che avviene in tanti altri posti in Italia, come la "Fattoria senza padroni" di Mondeggi a Firenze, la "Cavallerizza Irreale" di Torino o l'"Asilo Filangeri" di Napoli».
Quando si parla di bene comune?
«Un bene comune lo diventa una qualsiasi proprietà nel momento in cui si costituisce una comunità attorno che dimostra di essere attiva e si obbliga a renderlo aperto a tutti, senza l'esclusione di nessuno, rendendo quindi difficile qualsiasi alienazione. Mi viene in mente il Teatro Valle, un'occupazione che ha messo in luce una cittadinanza molto attiva. Ed è proprio su quell'onda che al Lido venne occupato il Teatro Marinoni che, con le numerose attività, contribuì a mantenere pubblico il teatro del vecchio Ospedale al Mare, dimostrandone l'interesse collettivo».
A proposito, in questi giorni a Venezia si parla anche del caso La Vida. Lei era intervenuto su Radio Tre, qual è il suo punto di vista?
«Ero intervenuto per spiegare la differenza tra legale e legittimo. Viviamo nel culto del principio di legalità, in particolare le amministrazioni si trincerano dietro a ciò, ma quando si porta avanti un interesse più alto, l'atto di resistenza è legittimo e il diritto piano piano si adatta. Pensiamo a Rosa Parks. Lei, non cedendo il posto in autobus a un bianco, ha compiuto un atto illegale, ma lo ha fatto in nome di un principio superiore, quello dell'uguaglianza, quindi è stata un'azione legittima. Il diritto non è rigido e la sentenza lo dimostra. Dal 15 al 18 marzo a Torino parleremo di beni comuni a "Legacy", in memoria di Rodotà che conosceva il caso Poveglia. Ora i cittadini non devono abbassare la guardia e, a mio parere, l'isola non dovrà mai diventare un albergo».
Riferimenti
In eddyburg abbiamo raccolto una serie di articoli su Poveglia. Qui vi segnaliamo i più rilevanti: l'articolo di Vera Mantengoli sulla sentenza del TAR, che da ragione all'associazione riconoscendo immotivato il diniego del Demanio e l'utilità sociale della proposta dell'associazione; la nota Poveglia per tutti: una ricchezza da non perdere e il dossier realizzato dall'associazione "Poveglia per tutti" sulle vicende dell'isola.