il manifesto, 20 febbraio 2018. «Migliaia di processi, centinaia di arresti, scontri violenti, barricate, venticinque anni di lotta». Nessun responsabile e comunque si va avanti. Con riferimenti (m.p.r.)
La presidenza del Consiglio dei Ministri ha recentemente pubblicato un documento dal titolo: «Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030». A pagina 58, si legge: «Non c’è dubbio, infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse.
Migliaia di processi, centinaia di arresti, scontri violenti, barricate, venticinque anni di lotta. Le parole del governo, che riconoscono pienamente le ragioni del movimento Notav – Il Tav è fuori scala – non generano in val Susa il minimo senso di soddisfazione, bensì un vasto sentimento di rabbia. Anche perché la conclusione del papello governativo che prende atto dell’assenza di traffico sulla direttrice est – ovest, trascende nell’atto di fede: non serve, ma si fa lo stesso.
Ma di quanto furono sbagliate le previsioni all’origine della Torino – Lione? Gli studi di Ltf del 1999 prevedevano un incremento tra il 2000 e il 2010 del 100%, ovvero da dieci a venti milioni di tonnellate. Riviste nel 2004, a causa della chiusura del tunnel del monte Bianco che spostò sul Frejus il traffico merci, ebbero una virile ascesa: da otto milioni del 2005 a quaranta (40) nel 2030. Questo perché le merci in transito verso l’Austria o la Svizzera sarebbero state attratte, chissà perché, dalla Torino – Lione. Oggi, dall’attuale tunnel del Frejus, ammodernato solo pochi anni fa, passano tre milioni di tonnellate di merce. Se si sommano i flussi merce sull’autostrada parallela si arriva a tredici. Alla base della rivolta del territorio valsusino vi erano, e vi sono questi dati.
La responsabilità sarebbe dell’Unione Europea che sbagliò i calcoli, par di capire dal documento governativo, ma ormai è tardi per tornare indietro. Chiosa enigmatica, perché al momento della Torino – Lione Av non esiste un solo metro, a meno che non si prenda in considerazione un piccolo tunnel geognostico costruito in val Clarea. Piercarlo Poggio, docente presso il Politecnico di Torino fa parte del gruppo di accademici che hanno contrastato sul piano scientifico la tratta Torino – Lione Av, commenta: «Sono parole, quelle del Governo, che provano l’approccio scientifico tenuto dal movimento Notav: non abbiamo mai avuto una posizione ideologicamente contraria. I nostri sono sempre stati studi corretti, che provano l’inutilità dell’opera. A maggior ragione oggi è momento per tornare indietro, non per andare avanti come se nulla fosse».
Il tunnel di base costerà 8,6 miliardi di euro ripartiti tra Francia e Italia nella misura del 42,1% e del 57,9%, al netto del cofinanziamento UE che copre il 40% del costo complessivo. L’Italia quindi spenderà tre miliardi di euro a cui si devono sommare 1,7 miliardi necessari per il potenziamento della linea storica: è il cosiddetto «Tav low cost».