Su fronte della sicurezza urbana pare spesso, anzi quasi sempre, materializzarsi l'antica metafora delle «convergenze parallele» che però non si incontrano mai (segue)
Il raggio di luce inopinatamente gettato dai due razzisti padani a prescindere sul fatto, consentiva però di vedere meglio una serie di dettagli piuttosto utili a iniziare a sviluppare un ragionamento sulla sicurezza urbana, e farlo a distanza di sicurezza di qualche anno luce da immigrazione o altre fantasie malate. C'è una ragazza, viaggia in auto attraversando uno slargo urbano, e viene affiancata dai due scippatori in motorino, che notata la borsetta (colpevolmente lasciata in bella vista sul sedile del passeggero col finestrino spalancato) provano ad arraffarla al volo. Lei si spaventa, sorpresa, fa una manovra azzardata forse maneggiando il volante senza neppure pensarci, risultato l'auto si ribalta, il motorino cade, uno degli scippatori si allontana e l'altro rimane lì a terra. Il bilancio alla fine pare addirittura festoso: due illesi, e l'unico ferito per niente grave. Ma ci sono ancora altri dettagli su cui val la pena soffermarsi, a partire dall'auto, una di quelle piccole elettriche in car sharing molto popolari soprattutto tra i giovani, che nonostante il ribaltamento spettacolare e i danni alla carrozzeria, ha dimostrato di essere molto sicura, visto che la ragazza non si è fatta niente, salvo lo spavento. Ma siamo ancora sicuri che in termini di sicurezza la vicenda si sia conclusa così gloriosamente? Certo che no.
Ma si diceva siamo nel campo delle convergenze parallele che non si incontrano mai, avanzano, migliorano, combinano certamente qualcosa di buono, ma si lasciano una larga scia di questioni irrisolte da mancato virtuoso incrocio, quando invece basterebbe così poco. Basterebbe la voglia, e un'idea di fondo, si potrebbe dire. Così come accaduto nella recente, e abbastanza analoga, epidemia del New Jersey, diventato all'improvviso il protagonista delle campagne guerreggianti e ringhiose dell'assessorame nazionale e non solo. Barriere da cantiere e corsia stradale provvisoria che sbocciano ovunque, più che altro a testimoniare che «lassù qualcuno pensa alla tua sicurezza», e quasi di sicuro sono altrettanto inutili a perseguirla davvero, l'incolumità del cittadino. Hanno iniziato a proliferare, nelle città europee e italiane, dopo i vari «attacchi terroristici veicolari» verso cui si sono indirizzati i cosiddetti radicalizzati online, quella forma di guerriglia in franchising a tempo parziale praticata da dilettanti allo sbaraglio, anche se con un numero spropositato di vittime. L'arma, come noto, è un veicolo a motore lanciato sulla folla, e la barriera di cemento New Jersey, già utilizzata per esempio nei posti di blocco della polizia a restringere le carreggiate, parrebbe davvero in prima istanza una misura diretta ed efficace.
Osserva però uno studioso di terrorismo e politica internazionale, che per funzionare davvero come dice, questa politica degli sbarramenti veicolari dovrebbe in teoria chiudere tutte le strade potenziale obiettivo: impraticabile, non ultimo per questioni di costi e tempi. Ma impraticabile, aggiunge lo studioso, anche perché il New Jersey con la sua invadenza autoritaria svuota di senso l'idea di spazio pubblico inclusivo che sarebbe, a ben vedere, il perfetto antidoto al progetto totalitario del terrorismo (che non a caso colpisce in quei luoghi, oltre a considerarli il ventre molle della nostra civiltà urbana). Se chi, rappresentante eletto da noi cittadini per interpretarne in senso alto le aspirazioni, cercasse davvero di proteggere la collettività e la cultura che la sottende, volesse davvero trarre conclusioni coerenti, ne dedurrebbe che la migliore reazione all'uso di veicoli-proiettile nello spazio pubblico identitario da distruggere, è quello di ridurre quasi a zero la contundenza del proiettile, rafforzando l'identità. Ovvero, scendendo assai terra terra, regolamentare in ogni modo (velocità, accessibilità, modo d'uso) la circolazione dei veicoli a rischio negli spazi pubblici, attraverso organiche politiche di traffic calming, perseguite sia con trasformazioni fisiche, sia con strumenti smaterializzati high tech che ormai abbondano, sia con una adeguata pedagogia comportamentale, che comprende anche consapevolezza e autodifesa. Lasciando che dietro minacciose barriere grigiastre stiano i ridicoli guerrieri a fumetti di Sturmtruppen.
Vedi anche: Dal New Jersey alla città