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Enrico Franceschini
La città-nazione punta in alto: i 250 nuovi grattacieli di Londra
5 Marzo 2015
Altre città
La capitale globale della finanza e della speculazione immobiliare che le è tanto organica, dovrebbe suonare un campanello d'allarme, sul crescere di una certa idea di città, ma l'informazione forse non lo coglie.

La capitale globale della finanza e della speculazione immobiliare che le è tanto organica, dovrebbe suonare un campanello d'allarme, sul crescere di una certa idea di città, ma l'informazione forse non lo coglie. La Repubblica, 5 marzo 2015, postilla (f.b.)

Date un’occhiata all’orizzonte, la prossima volta che vi trovate sul Tamigi: vedrete una foresta di alberi meccanici. Non è un’illusione ottica: la riva meridionale del fiume somiglia a un gigantesco cantiere. Sono già stati approvati piani per costruirci, nei prossimi dieci anni, duecentocinquanta grattacieli o perlomeno edifici di oltre venti piani l’uno. Un’esagerazione, dirà chi ama la Londra di casette vittoriane; ma intanto l’industria edilizia festeggia e ci sono all’opera più gru qui che in tutto il Regno Unito. Un’altra esagerazione. Ma è questa, ormai, la misura standard della capitale britannica. Sotto qualunque aspetto la si esamini, la città all’ombra (si fa per dire) del Big Ben sommerge il resto della nazione che le sta intorno. E pure, a spingere lo sguardo più in là, il resto d’Europa. E forse, a ben rifletterci, il resto del mondo. Nemmeno New York, scrive questa settimana il Financial Times, rappresenta la globalizzazione quanto Londra. In America, comunque, esistono altre grandi città: Los Angeles, Chicago. Il gigantismo di Londra divora e fa scomparire tutti.

Nei giorni scorsi ha raggiunto il suo record storico di popolazione: 8 milioni e 615 mila abitanti. Quarant’anni fa erano 6 milioni e mezzo. Tra dieci anni si stima che saranno ancora di più: 10 milioni (e sono già 12 milioni adesso, in effetti, contando gli sterminati sobborghi). Ancora più significativa del totale, tuttavia, è la composizione della popolazione: il 40 per cento degli abitanti sono nati all’estero, percentuale destinata a diventare maggioranza entro un decennio. Nelle sue strade si parlano 300 lingue. Ci sono almeno 50 comunità etniche di 50 mila o più persone: come dire 50 piccole città straniere racchiuse in una sola. L’etnia più numerosa? I polacchi. Noi italiani siamo al sesto posto.

Lo strapotere di Londra ha ucciso le altre città del regno. La seconda maggiore è Birmingham, 1 milione di abitanti: alzi la mano chi l’ha visitata. Manchester e Liverpool non decollano. Edimburgo vive del festival estivo e comunque ambisce a diventare capitale di uno stato indipendente – la Scozia. A proposito: il valore di tutti gli immobili di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, le tre regioni autonome del Regno Unito, è pari ai dieci quartieri più posh di Londra (che di quartieri, in tutto, ne ha 88). Il valore medio di una casa, nel resto del paese, è 220 mila sterline (270 mila euro). A Londra è più del doppio, mezzo milione di sterline. Nelle zone più chic come Chelsea e South Kensington è due milioni. Il boom del mattone è finanziato dai ricchi: tutti quelli della terra vogliono un pied-a-terre da queste parti e proprio ieri l’Independent ha rivelato un giro di paradisi fiscali e riciclaggio di denaro dietro gli investimenti immobiliari. Ma a Londra circolano più soldi anche per gli altri. Il reddito medio britannico è 25 mila sterline, quello di Londra 50 mila. Se Londra fosse una nazione, negli ultimi quattro anni il suo pil sarebbe cresciuto del 12 per cento, più del doppio di quello britannico.

E’ anche una città di forti diseguaglianze, con sacche di profonda miseria e costi proibitivi: in questi giorni una campagna di poster denuncia il caro- vita con lo slogan «sono costretto ad andarmene». E’ pure più violenta dell’immagine che se ne fanno i turisti a spasso per il centro: nel 2014 ci sono stati 93 omicidi (ma nel 2001 erano 200), le gang giovanili fanno stragi di adolescenti, l’ultimo un 15enne ucciso da una coltellata a Islington, quartiere alla moda dove un tempo viveva Tony Blair, per rubargli la bici. Eppure frotte di immigrati ci sbarcano da tutto il mondo, attirati come da una calamita che offre di più: più opportunità, più cultura, più tutto. Un columnist propone che diventi una città-nazione, suggerendo come confine l’M25, la circonvallazione che le gira intorno: lunga 275 chilometri, per avere un’idea delle dimensioni. Londra potrebbe perfino avere il proprio campionato di calcio e sarebbe di ottimo livello: ha 6 squadre di Premier League e altrettante in B. Due sono agli ottavi di Champions: più di quante ne ha l’Italia.

postilla
Come ci racconta localmente, ad esempio, il blog del cronista Dave Hill sul
Guardian, presumibilmente ignorato dal corrispondente italiano, questi due mondi delle scintillanti torri di Central London e delle diseguaglianze sociali e urbane, non sono solo due facce di una medaglia, ma hanno un vero e proprio rapporto di causa ed effetto: da un lato la consegna nelle mani delle finanziarie internazionali di quella enorme fetta di metropoli in via di trasformazione e speculazione, dall'altro la conseguente espulsione (a volte ai limiti della violenza) di tutto ciò che le è incompatibile, vale a dire le fasce di reddito basse, medie, a volte anche medio-alte. Così l'emergenza casa, nella mente un po' perversa dei Conservatori più liberisti, si traduce anche in emergenza all'italiana, da sfruttare a proprio piacimento per allentare i vincoli ambientali della greenbelt. Ovvero allarghiamo l'area metropolitana in quanto area costruita (più o meno come succede a Milano con le Tangenziali esterne del centrodestra) per dare nuove case agli espulsi dal centro. Mentre il sindaco Boris Johnson, grande sponsor di queste forme di investimento finanziario colonizzatore e micidiale, si fa bello per la sua idea di “mobilità sostenibile”, con un po' di biciclette e le piste sospese che piacciono tanto a certi disattenti ambientalisti di maniera. Con la devolution delle maggiori autonomie, richiesta per questa specie di città-stato moderna, il ciclo si chiuderebbe: speriamo in un rivolgimento delle maggioranze politiche, locali e nazionali (f.b.)

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