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Massimo Gaggi
Così New York è ritornata la locomotiva del mondo
20 Febbraio 2015
Città quale futuro
Cifre e qualità di una ripresa economica “miracolosa” che però a ben vedere trova anche spiegazione in un fenomeno specificamente urbano, che l'articolo non sa o non vuole sottolineare.

Cifre e qualità di una ripresa economica “miracolosa” che però a ben vedere trova anche spiegazione in un fenomeno specificamente urbano, che l'articolo non sa o non vuole sottolineare. Corriere della Sera, 20 febbraio 2015, postilla (f.b.)

Quattrocentoventicinquemila posti di lavoro creati a New York, una città di poco più di otto milioni di abitanti, dall’uscita dalla recessione (fine 2009) ad oggi. Con una retribuzione media (oltre 87 mila dollari l’anno) elevata e in ascesa. Nella ripresa economica degli Stati Uniti, oggi l’unica vera «locomotiva» mondiale, New York cresce a velocità più che doppia rispetto al resto del Paese. Non era scontato dopo il crollo di Wall Street che ha provocato la più grande distruzione di ricchezza della storia universale e l’implosione di un settore, la finanza, che era la spina dorsale dell’economia della città.

Un miracolo frutto delle caratteristiche inimitabili della «capitale del mondo» o un recupero che può ispirare anche altri? I numeri dicono che a creare nuovo lavoro sono stati soprattutto sanità, ristorazione e servizi come alberghi e negozi. Impieghi che spesso non offrono retribuzioni elevate, ma che sono molto numerosi. E questo grazie a una crescita formidabile del turismo, attratto da una città che in questi anni è diventata molto più sicura, pulita e verde, coi nuovi arredi urbani e i milioni di alberi piantati dall’amministrazione Bloomberg.

 Certo, la ripresa immobiliare trainata dalla costruzione di torri per i super ricchi è un fenomeno che non si può replicare in Italia (e che anche il sindaco de Blasio cerca di contenere, per non alimentare ulteriormente le sperequazioni nella distribuzione del reddito). Ma, oltre alla cura per la sicurezza e l’ambiente, ci sono altri fattori che possono ispirare o far riflettere: gli investimenti nell’istruzione che non solo hanno fatto di New York una città accademica per eccellenza (Columbia, NYU, Fordham, Baruch, cento altri college, e presto la grande università tecnologica della Cornell che sorgerà su Roosevelt Island), ma hanno portato a Manhattan e Brooklyn molte aziende tecnologiche a partire da Google e Facebook.

Decine di migliaia di posti di lavoro dell’economia digitale ad alto reddito, una concentrazione — la «Silicon Alley» — ormai seconda solo alla Silicon Valley californiana. Ma le caratteristiche di fondo della città restano la flessibilità e la creatività che hanno consentito a New York di cambiare pelle già varie volte: da città portuale a metropoli industriale a polo di finanza e assicurazioni. E, ora, la New York dei servizi, dell’arte, di tv e cinema, dell’istruzione, e delle mille piccole attività manifatturiere, dalle fabbriche di stampanti 3D ai produttori artigianali di birra.

postilla
Come hanno osservato moltissimi commentatori americani, ma a quanto pare il corrispondente ha deciso di non rilevare, il boom economico di New York spicca soprattutto proprio per quest'ultimo aspetto soprannominato Silicon Alley, letteralmente il vicolo del silicone, versione rigidamente urbana del più noto distretto tecnologico californiano. Per usare come metafora il titolo di un noto best-seller di settore, questo è davvero un “Trionfo della Città”, del tutto in linea con le migliori tendenze di urbanizzazione planetaria, che spesso leggiamo descritte solo in termini di problemi ed emergenze. Quando si parlava mesi fa delle manifestazioni di San Francisco contro i Google-bus e l'impennarsi dei prezzi delle abitazioni, ci si scordava di menzionare come alla base di tutto ci fosse il ritorno in città di tantissime imprese di punta, che abbandonavano la dispersione nei campus suburbani, quelle impattanti e autoritarie cattedrali sul modello della sede Apple fortemente voluta sul modello classico anni '60 da Steve Jobs in persona. Il caso di New York conferma da un lato il potenziale trionfo del modello urbano su quello disperso, dall'altro l'importanza di enfatizzare gli aspetti propositivi di sviluppo e stimolo alla complessità, da affiancare o addirittura premettere alle politiche ambientali di contenimento del consumo di suolo e tutela di paesaggio e superfici agricole produttive. Quando si dice che la città moderna contiene sia le malattie che la loro cura, in fondo si intende soprattuto questo (f.b.)

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