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Laury-Anne Cholez
La rete 5G ignora le questioni ecologiche
12 Luglio 2019
Per comprendere
Sulle conseguenze, ancora largamente ignorate, del 5G. Dalla questione energetica all'obsolescenza programmata che costringerà all'acquisto di nuovi dispositivi cellulari. Con commento (i.b)

Sulle conseguenze, ancora largamente ignorate, del 5G. Dalla questione energetica all'obsolescenza programmata che costringerà all'acquisto di nuovi dispositivi cellulari. Con commento (i.b)

Le ripercussioni del wireless di 5^ generazione potrebbero essere non solo negative per l'ambiente, ma anche per la salute pubblica, come messo ben in evidenza dal 1° meeting nazionale "Emergenza politica di precauzione’ promosso dall’alleanza italiana Stop 5G. A conclusione dei lavori è stata prodotta una risoluzione per mettere in campo delle strategie emergenziali, ispirate al Principio di Precauzione, da adottare a livello nazionale e locale a sostegno dei diritti costituzionali alla tutela della salute pubblica.
Inoltre 180 scienziati e medici provenienti da 36 paesi hanno sottoscritto un appello all'Unione europea, per mettere in guardia sul pericolo del 5G, che porterà ad un massiccio aumento dell'esposizione involontaria alle radiazioni elettromagnetiche. Gli scienziati chiedono all'UE di seguire la 'risoluzione 1815' del Consiglio d'Europa costituendo una task force indipendente per rivedere gli effetti sulla salute di questa tecnologia e raccomandando una moratoria sull'introduzione del 5G per le telecomunicazioni fino a che i potenziali pericoli per la salute umana e per l'ambiente siano stati completamente investigati da scienziati indipendenti dall'industria. (i.b.)

«Il 5G uccide». In un post Facebook molto commentato, l'astrofisico Aurélien Barrau critica lo sviluppo di questa nuova rete, allarmato dalla nostra strutturale incapacità di dire «basta, non abbiamo bisogno di, non vogliamo, questa insensata dissolutezza» così come «questa arroganza suicida di creare bisogni materiali che prevalgono sulle devastazioni insensate che la loro messa in azione necessariamente induce sugli esseri viventi». Contro di lui, Laurent Alexandre, fondatore di Doctissimo e apostolo del transumanesimo, deplora una «visione reazionaria e retrograda, che vuole bloccare il progresso tecnologico».

Tecnofilia contro il ritorno al lume di candela? Al di là delle caricature che proliferano sui social network, cerchiamo di fare il punto sulle conseguenze ecologiche del 5G. In primo luogo, in termini di efficienza energetica. Il ricercatore Romain Chevillon ha appena pubblicato una tesi di ricerca su questo argomento. Lui calcola che a perimetro di utilizzo costante, il 5G sarà meno energivoro, grazie in particolare alle antenne direzionali. «Ma, poiché il numero di utenti aumenterà, probabilmente avremo un aumento dei consumi». L'ottimizzazione dei processi per assorbire la crescita senza spendere più energia rimane secondo lui «nel campo della matematica pura che incorpora l'intelligenza artificiale. Siamo ancora nella ricerca di base». Il ricercatore è un esempio perfetto dell’“effetto rimbalzo”: questo si verifica quando i guadagni ambientali derivanti dall'efficienza energetica sono annullati da un maggiore utilizzo. Nel caso del 5G, gli utenti divoreranno più dati e quindi distruggeranno i benefici dei progressi tecnologici.

Gli sperimentatori e gli operatori di telefonia mobile ne sono ben consapevoli. E stanno lavorando su sistemi che permetterebbero di ridurre i costi energetici. Tra le vie percorribili: il trattamento decentralizzato dei dati, per evitare feedback inutili e distribuire la potenza di calcolo in modo intelligente. Sarebbe come installare un sistema “start and stop”, come sulle auto, per risparmiare energia quando il computer è al minimo. Tuttavia, questi progressi rimangono aneddotici di fronte all'entità del problema. E la ricerca rimane confidenziale. «È complicato, perché non è questa la direzione di ricerca che porterà subito dei soldi», nota Guy Pujolle, professore alla Sorbona del laboratorio informatico Paris 6. Egli sottolinea anche che «non è il 5G, che è un mezzo di trasporto di informazioni, che consuma veramente. Ma piuttosto centri dati, che conserveranno i dati trasportati».

Secondo un rapporto pubblicato da Cisco, un'azienda statunitense specializzata in reti e server informatici, nel 2017 sono stati scambiati 7,2 exabyte di dati al mese in tutto il mondo [un exabyte rappresenta 1018 ovvero un miliardo di miliardi di byte; un gigabyte è 109 byte ovvero un miliardo di byte], con un aumento del 63% rispetto al 2016. Un volume che dovrebbe aumentare di sette volte entro il 2022 fino a 49 exabyte mensili. Per fare un confronto, un exabyte rappresenta l'equivalente di 215 milioni di DVD... Tutti questi dati sono stoccati in centri dati super-affamati di energia. Secondo la rete francese di trasmissione dell'elettricità (RTE), il consumo di elettricità in tutti i data center francesi nel 2015 è stato di circa 3 TWh. Cioè più della città di Lione. Alcuni stanno facendo sforzi per essere più “verdi”: elettricità idraulica fornita dalle cascate del Niagara Falls per Yahoo; raffreddamento polare per Facebook e le sue strutture nel lontano nord della Svezia; congelamento dell'acqua dal mare scozzese per i server Microsoft.

Oltre all'aspetto energetico, c'è anche la questione dell'obsolescenza programmata dei nostri dispositivi connessi. Infatti, per godere dei vantaggi del 5G, dovremo cambiare i nostri telefoni. E rompere il nostro salvadanaio. Il Samsung Galaxy Fold viene annunciato al prezzo di 2.000 euro. L'Huawei Mate X è in vendita a 2.299 euro. «Si tratta piuttosto di una vetrina tecnologica per mostrare la nostra capacità di innovazione», spiega Steeve Bourdon, responsabile della comunicazione del marchio cinese. Non c'è bisogno di elencare qui tutti i modelli venduti dai vari produttori: il sito specializzato Les Numériques sconsiglia di attrezzarsi prima del prossimo anno. O anche prima del 2021.

«Le persone che acquisteranno uno smartphone nel 2020 vorranno che sia compatibile con il 5G. Ma correranno un rischio, perché la tecnologia non è ancora completamente testata. È probabile che i telefoni arrivino prima delle reti», afferma Jean-Pierre Casana, innovation manager di Orange.

L'impiego del 5G è un ottimo affare per i produttori. «Siamo alla fine del ciclo del 4G. Dal punto di vista dei produttori, dovremo trovare qualcosa che giustifichi il rinnovo dei telefoni. Per questo motivo dobbiamo già iniziare a programmare nella nostra mente la futura obsolescenza dello strumento attuale», dice Dominique Boullier, sociologo e specialista nell'uso delle tecnologie digitali e cognitive. In Francia, cambiamo telefono ogni 20 mesi circa. Dove finiscono i rifiuti? La maggior parte di loro nei nostri cassetti. Secondo un rapporto del Senato, solo il 15 percento passerebbe attraverso un circuito di raccolta.

Per quanto riguarda il riciclaggio, è ben lungi dall'essere una panacea, come spiega Vianney Vaute, co-fondatrice di Back Market, una piattaforma dedicata ai prodotti ricondizionati: «Fino a quando il settore tecnologico non avrà realizzato una profonda rimessa in discussione culturale e le sue aziende cercheranno in tutti i modi di incoraggiare l'acquisto perpetuo di nuovi prodotti, tutti i processi di ecodesign e i programmi di riciclaggio (...) rimarranno alibi con effetti limitati che ostacoleranno anche l'emergere di approcci alternativi e complementari al riciclaggio».

Dovremmo anche ricordare le conseguenze ambientali della progettazione di telefoni cellulari, pieni di metalli noti come «minerali di sangue», estratti da miniere sfruttate da gruppi armati dove spesso lavorano i bambini.

Abbiamo fatto riferimento al telefono, oggetto simbolico del 5G, ma questa logica di obsolescenza programmata si applica a tutti i gadget tecnologici che popoleranno la nostra vita quotidiana di domani. Cosa faremo quando i 75,44 miliardi di oggetti connessi annunciati nel 2025 saranno alla fine della loro vita? Sarà necessario aprire cimiteri di robot, come già esiste in Russia? «La tecnologia digitale rende i rifiuti totalmente invisibili. Un po' come l'energia nucleare» dice la sociologa Dominique Boullier «Quando si getta una plastica a terra, la si vede. Ma per il digitale, è altrove. Non esiste una visione sistemica di tutto questo. Dovremmo rallentare la nostra connettività permanente, ma la sfida è difficile. Lo Stato deve fare leggi, imporre bilanci energetici, aiutare le persone a cambiare comportamento». E infine, integrare la sobrietà digitale nelle nostre pratiche tecnologiche.

[Traduzione a cura di Andrea Mencarelli dell’articolo pubblicato su Reporterre]

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