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Paola D'Amico
Paola D'Amico, Milano 2 e la nutria della discordia
17 Maggio 2014
Invertire la rotta
In un quartiere simbolo una vicenda emblematica di nuovi possibili atteggiamenti ed equilibri fra città e natura.

In un quartiere simbolo una vicenda emblematica di nuovi possibili atteggiamenti ed equilibri fra città e natura. Corriere della Sera Milano, 17 maggio 2014, postilla (f.b.)

C’è una nutria che vive nel laghetto di Milano 2. Nuota insieme alle anatre selvatiche, pascola nel prato dove si riscalda al sole e assaggia le margherite. «È socievole, non dà fastidio e non fa danni», dicono alcuni residenti, che hanno chiesto alla Polizia provinciale di poterla sterilizzare e mantenere nello specchio d’acqua. Invece, è scattata l’operazione di cattura, «nell’ambito del piano di contenimento delle nutrie». Nel laghetto sono state posizionate due grosse gabbie. Ed ecco lo scontro. Nei giorni scorsi una abitante, scrive la Polizia provinciale, «è stata colta in flagrante mentre liberava la nutria dalla gabbia, indagata e denunciata per sabotaggio e interruzione di pubblico servizio». E l’assessore alla Sicurezza Bolognini aggiunge: «Per quanto si cerchino di comprendere le posizioni degli ambientalisti, è irragionevole che venga ostacolato il lavoro dei nostri agenti, costretti a svolgere servizio di appostamento di notte per evitare che venga vanificata un’operazione finalizzata a salvaguardare la comunità da una specie dannosa per l’ambiente». La donna nega: «Le gabbie non avevano contrassegni istituzionali, avrebbero potuto danneggiare la fauna del laghetto. Sterilizzino la nutria e la riportino qui».
postilla
Forse salta abbastanza all'occhio, o forse no, sino a qual punto stia cambiando non solo il rapporto fra città e natura, ma l'atteggiamento dei cittadini rispetto a questo cambiamento. C'è da un lato la nutria, animale considerato infestante per i danni agli argini e l'enorme potenzialità riproduttiva tipica dei roditori, e dall'altro gli abitanti di un quartiere che ne hanno non solo adottata una, ma paiono ben consapevoli della necessità di cercare una specie di “terza via” fra il classico equilibrio città-campagna e le forme tradizionali di gestione del territorio. Che, provano a spiegare loro le autorità locali, prevedono l'eliminazione fisica dei soggetti devianti. Era successo qualcosa del genere anche con l'oasi naturale cresciuta nel vecchio cantiere abbandonato alla Darsena di Milano, ma forse lì il tema appariva troppo complesso. Qui ci sono un grosso simpatico topone, dei cittadini che cercano di capire, e dei funzionari che applicano regole. La domanda suona: non sarebbe forse il caso di porre l'enfasi sull'obiettivo (l'equilibrio città campagna) anziché sulla lettera burocratica delle regole, senza per questo cedere ai particolarismi e a una specie di rischiosa deregulation ideologica?
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