loader
menu
© 2024 Eddyburg
Luca De Vito
La disfida della pista ciclabile
11 Aprile 2014
Muoversi accedere spostare
Un copione classico va in scena nella variante mobilità sostenibile: commercianti contro amministrazione per una limitazione di traffico, ma non è tutto.

Un copione classico va in scena nella variante mobilità sostenibile: commercianti contro amministrazione per una limitazione di traffico, ma non è tutto. La Repubblica Milano, 11 aprile 2014, postilla (f.b.)

È la ciclabile della discordia. Progettata dal Comune, voluta dai ciclisti ma ostacolata dai commercianti. Prima ancora che siano partiti i lavori, la (doppia) corsia riservata alle bici in viale Tunisia ha già scatenato polemiche. Da una parte ci sono i proprietari dei negozi che temono di perdere clienti, dall’altra i ciclisti che hanno lanciato il boicottaggio degli esercenti anticiclabile. Ancora non è stata posata una goccia di vernice sull’asfalto e quella di viale Tunisia è già diventata la pista ciclabile della discordia. Scatenando una battaglia a tre, fra il Comune, i commercianti che si oppongono al progetto, e i ciclisti che attendono la corsia riservata da anni. Uno scontro durissimo, fra denunce, boicottaggi e polemiche al vetriolo sui social network.

Tutto è cominciato quando Palazzo Marino ha annunciato il progetto di una doppia corsia ciclabile (una su entrambi i lati del viale). La notizia ha mandato i commercianti dell’Asscomm Porta Venezia su tutte le furie perché secondo loro ostacolerebbe il traffico e la sosta dei clienti. «È un progetto inutile e scellerato — ha spiegato Luca Longo, presidente dell’associazione — perché esiste già una pista che viaggia parallela in via Monforte. Senza contare i soldi, 850mila euro per poche centinaia di metri. Risorse che chiediamo vengano investite per l’abbattimento delle barriere architettoniche ». Un disappunto che i commercianti — o almeno parte di loro, visto che la Confcommercio ha preso le distanze — hanno espresso nei modi più disparati: prima diffondendo vignette di Pisapia e Maran sopra una bara con la scritta “hanno condannato a morte commercio e sicurezza in tutta Milano”, poi intervenendo a un incontro pubblico dove hanno apertamente contestato l’assessore. Infine con volantini che hanno fatto infuriare la giunta per una frase («c’era scritto “le ciclabili si fanno per dare le mazzette agli assessori”», ha spiegato Maran) e per cui è stata avviata una causa. «Cose che non ci spaventano — ha commentato Longo — noi vogliamo che Maran ci incontri e ci ascolti».

Ma quello che probabilmente non si aspettavano i commercianti è la rivolta che si è scatenata sulla pagina Facebook dell’associazione dopo questa presa di posizione: decine e decine di ciclisti hanno cominciato a postare messaggi di indignazione, lanciando di fatto una campagna per il boicottaggio dei negozi di viale Tunisia. «Ho preso nota di tutti i vostri soci, dove non metterò mai più piede » ha scritto ad esempio Marco Mazzei, ciclista e attivista della critical mass. «Vista la vostra insensata posizione vedrò bene di non fare più acquisti in nessuno dei vostri negozi», ha commentato Federico Cupellini. Un boomerang che ha spinto alcuni esercenti a fare marcia indietro: come il ristorante Delicatessen che ha comunicato ufficialmente di non essere più un socio sostenitore.

I piani per l’avvio dei lavori, nel frattempo, procedono. E l’apertura dei cantieri (che dovrebbero durare otto mesi) è prevista entro il mese. «Questi commercianti stanno difendendo il diritto a sostare irregolarmente su strada — ha detto l’assessore Maran — perché il progetto della ciclabile, oltre a dare spazio alle bici, contrasta la sosta selvaggia. Senza contare che la pista in quel tratto ha una funzione fondamentale di raccordo con il resto della rete ciclabile».

postilla

Forse sfugge a prima vista l'analogia fra queste polemiche, che coinvolgono un paio di corporazioni (come altro definire chi si autodefinisce “ciclista” oppure “commerciante a orientamento automobilistico”?) e altre apparentemente lontanissime, come quelle fra gli esercenti tradizionali e le catene della grande distribuzione. Come insegnano di recente le numerose analoghe battaglie in grandi città del mondo dove non esisteva alcuna tradizione di mobilità su due ruote, introdurre o recuperare un certo tipo di metabolismo e scambio tra il fronte edificato e la strada/piazza può rivelarsi traumatico. E non riguarda solo, appunto, problemi di mobilità, inquinamento, gestione dei parcheggi, ma lo stesso funzionamento dell'organismo urbano, la distribuzione delle funzioni, i loro rapporti reciproci. Forse il commercio affacciato sulle arterie a scorrimento veloce (si fa per dire, quando sono mezze intasate dalla sosta dei veicoli) dopo mezzo secolo non ha ancora compreso davvero la massima secondo cui non si è mai dato che un'automobile entri in un negozio a comprare o consumare qualcosa. E che se si tratta di gestire l'interfaccia in termini di parcheggio loro hanno già perso in partenza, appunto da oltre mezzo secolo, la battaglia coi centri commerciali a scatolone e autosilo. In definitiva, come si immagina inizino a capire anche le amministrazioni cittadine, qualunque azione sulla mobilità innesca rapidissime reazioni a catena, e va inquadrata in un piano/programma con obiettivi di massima coordinati. Ecco: questi non si capisce ancora quali siano, e magari aiuterebbe anche a evitare scontri paralizzanti. Qualche considerazione in più su Millennio Urbano (f.b.)

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg