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La città come bene comune. gruppi etnici e sociali insieme per costruire una città vivibile
5 Agosto 2008
2008 European Social Forum Malmoe
La proposta iniziale presentata agli organizzatori dell’European Social Forum 2008 e alle reti che vi partecipano

LA CITTÀ COME BENE COMUNE

GRUPPI ETNICI E SOCIALI INSIEME PER COSTRUIRE

UNA CITTÀ VIVIBILE

Il Forum Sociale Europeo è un’occasione per avviare - con una platea internazionale, ampia e motivata - un lavoro comune sul tema della costruzione di città più vivibili, a partire dal concetto di città come bene comune.

L’obiettivo è di promuovere la collaborazione di movimenti, organizzazioni e gruppi che possano ragionare insieme sia per comprendere i fenomeni e le tendenze in atto sia per costruire azioni per il superamento dei problemi individuati.

il tema dei seminari e dei dibattiti

La città già presenta oggi gravi forme di esclusione economica e sociale che provocano un generale disagio. Le dinamiche migratorie inseriscono in questa situazione ulteriori elementi di complessità, i quali vengono accentuati dall’insistenza sul discorso della sicurezza, fomentato dalle forze politiche nella ricerca di un facile consenso.

Il diverso grado di mobilità, fisica, economica e culturale, espresso dal diverso uso della città, costituisce una delle variabili decisive al fine di cogliere le dinamiche che strutturano le attuali disuguaglianze sociali. D’altra parte la città – per la sua stessa natura, per la sua storia, per i principi della sua organizzazione – è il luogo nel quale si manifestano l’incontro, il conflitto e il superamento di questo e nel quale quindi possono esprimersi lo scambio, il reciproco arricchimento culturale e la definizione delle regole della convivenza. Questa potenzialità è costituita e rappresentata, sia materialmente che simbolicamente, dagli spazi pubblici e dalla loro utilizzazione.

Seminario I: Quali problemi e quali opportunità

Si vuole approfondire l’analisi sui problemi che derivano dal fatto che alle differenze e segregazioni di carattere socio-economico si aggiungono quelle derivanti dalla crescente multietnicità determinata dalle migrazioni di popolazioni attraverso i confini nazionali.

La pluralità dei riferimenti culturali, già tipica della società contemporanea occidentale, e la presenza di sistemi culturali importati dagli immigrati, diversifica ancora di più il paesaggio culturale. Questa potenziale ricchezza, che potrebbe contribuire a trasformare le coordinate di senso in più direzioni, viene a connotarsi invece come uno dei problemi della convivenza tra autoctoni e immigrati. La compresenza di una molteplicità di comportamenti diversi nei confronti delle istituzioni del vivere sociale (abitare, nutrirsi, matrimonio, famiglia, religione, modi di socializzare) provoca incomprensione e conflitto, soprattutto quando tali comportamenti sono visibilmente in contrasto con i principi della cultura in maggioranza. Si realizzano così discriminazioni nei confronti delle minoranze, innescando conflitti di tipo razziale.

È possibile che le diverse presenze concorrano invece a costruire città più vivibili? In altri termini, differenze sociali e differenze etniche possono diventare occasioni per accrescere la vivibilità delle città europee?

II Seminario: Quali azioni per il futuro

Sulla base dell’approfondimento dei problemi e delle opportunità ci si propone di individuare gli argomenti, gli strumenti, le iniziative capaci di far sì che le diverse presenze sociali e culturali concorrano a costruire città più vivibili. Il quadro generale è costituito dall’insieme delle politiche urbane (abitazione, welfare, ambiente, ecc.), ma si ritiene che il centro del ragionamento possa essere costituito dall’uso degli spazi pubblici.

L’uso degli spazi pubblici. I migranti hanno tendenzialmente e per motivi assai diversi, un rapporto stretto con la città in cui vivono e/o lavorano. È un rapporto che può essere qualificante per la città, perché essi spesso recuperano spazi pubblici dimenticati o sottoutizzati, piazze, giardini, strade. Dall’altra parte, abbiamo cittadini autoctoni che, per complesse ragioni, hanno progressivamente abbandonato lo spazio pubblico, o lo frequentano per ragioni strettamente legate al consumo di merci e di eventi. Ma i cittadini autoctoni appaiono sempre più spaventati dall’altro, dallo ‘straniero’.

Sicurezza e benessere. Il tema che recentemente sembra influenzare di più la vivibilità degli spazi di vita, e in particolare degli spazi pubblici è quello della sicurezza urbana. Se è vero che essa è riconducibile ad una percezione di pericolo legata ai profondi mutamenti in atto nella struttura sociale e fisica della città e della società, è anche vero che essa tende sempre più ad essere ridotta e ricondotta al problema dell’immigrazione che viene identificata come sinonimo di disordine, delinquenza e disagio. La domanda di sicurezza, spontanea o indotta, rimette in discussione l’utilizzo degli spazi pubblici, luoghi da sempre capaci di assicurare una migliore qualità alla città, ponendo in primo piano le esigenze di controllo del territorio e la promozione di forme di appropriazione da parte di particolari gruppi.

Pubblico e privato. Il deperimento della sfera pubblica a favore della sfera privata accresce la difficoltà di costruire un dibattito pubblico e riduce quindi la capacità di costruire, attraverso il dialogo e la condivisione, un ‘progetto’ nell'interesse generale dei cittadini: un progetto non proteso verso molteplici interessi particolaristici. Occorre quindi promuovere azioni che rimettano al centro lo spazio pubblico, materialmente e simbolicamente, come spazio di incontro e di dibattito per la costruzione di una città comune.

È possibile attraverso la progettazione condivisa tra autoctoni e immigrati, fisica e immaginaria dello spazio pubblico, e contemporaneamente del dibattito pubblico, costruire città più vivibili? Come?

CGIL Vicenza, Venezia, Padova

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