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Le emergenze provocate: l'occasione Mondiali
19 Aprile 2007
L'Italia a sacco, Editori riuniti, Roma 1993
Dal libro di P. Della Seta ed E. Salzano, L'Italia a sacco, Editori RIuniti 1992, inseriamo un paragrafo che oggi, 19 aprile 2007, è di nuovo d'attualità

DAL CAPITOLO IV

IL VENTO DELL’EMERGENZA NELLE VELE DELLA DEREGULATION

Quando le "emergenze" non sono causate da calamità naturali e altri eventi impre­vedibili si inventano, con italica fantasia. Manifestazioni sportive, esposizioni, celebrazioni, esigenze di ordine pubblico: tutto fa brodo per gli sregolatori.

Tra le "emergenze inventate" va annoverata la calamità territoriale dei Mondiali di calcio. Dal maggio del 1984 si sapeva che la grande kermesse agonistica si sarebbe tenuta in Italia nel 1990, sei anni dopo. Tutto il tempo di provvedere, quindi: ma allora, non sarebbe stata un'emergenza! E infatti si dorme per tre anni. Ci si sveglia nel 1987, e si approva un decreto, dominato dall'urgenza [1]. Questo prevede, nella sostanza, due cose: soldi per opere d'ogni genere, e facoltà di derogare sia dalle procedure degli appalti che da quelle urbanisti­che.

I finanziamenti previsti sono 3.500 miliardi di lire, ma gli incrementi dei prezzi por­tano la spesa a 7.320 miliardi: più del doppio. Gli appalti sono affidati in deroga alle norme ordinarie, con un largo ricorso all'istituto della concessione della progettazione e dell'esecu­zione delle opere. La deroga è motivata dalla considerazione che esiste una "eccezionale ur­genza derivante da avvenimenti imprevedibili": abbiamo appena ricordato che era dal 1984 che si sapeva che i campionati mondiali di calcio si sarebbero svolti in Italia nel 1990.

Lo strumento impiegato per derogare alle procedure urbanistiche è la "conferenza". Una riunione di rappresentanti di tutti gli enti interessati, vuoi per competenza tecnica vuoi per obbligo di esprimere pareri o accertare conformità, esamina frettolosamente i progetti delle opere e li approva, anche se sono in deroga agli strumenti urbanistici. Un rappresen­tante del comune presente a una riunione, in cui in mezza giornata si esaminano decine di progetti, col suo "si" o, molto più raramente, col suo "no", scavalca la discussione del con­siglio comunale, la partecipazione dei quartieri, il parere della cittadinanza: senza alcuna pubblicità, decide per tutti su opere che, in molti casi, condizionano pesantemente il futuro delle città coinvolte.

Si tratta infatti di opere che incidono notevolmente sull'assetto delle città e del terri­torio. Eccone alcune: la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Firenze e dell'intero piazzale di S. Maria Novella, la grande circonvallazione a Cagliari, la tangenziale di Verona, tronchi di autostrade un pò dovunque. E poi, dappertutto, alberghi, centri congressi, e na­turalmente stadi e parcheggi: il più delle volte (come a Palermo, come a Trieste) localizzati in luoghi che aumentano la congestione del traffico. È la stessa Corte dei Conti a rilevare "gli effetti destabilizzanti che le opere realizzate hanno indotto nelle città interessate" [2].

In definitiva, come osserva Luigi Scano, lo sport non c'entra e neppure il tifo:

“L'evento calcistico viene cupidamente visto come una nuova occasione per riproporre un vecchio e adusato gioco: prendere le mosse da una circostanza "straordinaria" per attivare ingenti investimenti, totalmente o prevalentemente pubblici, essenzialmente nel comparto delle opere edificatorie, assumendo l'urgenza e la ristrettezza dei tempi disponibili, l'assenza di coerenti e funzionali previsioni sedimentate negli strumenti di pianificazione e di programmazione, e anche la farraginosità (presunta, e anche reale) delle ordinarie disposizioni di merito, le carenze dei sistemi decisionali politici e delle amministrazioni, come ragioni ("e che ragioni forti!", direbbe Leporello) per sospende­re l'efficacia del maggior numero possibile di regole[3].

Nonostante l'eccezionalità delle procedure, alla scadenza del termine solo il 40 per cento delle opere è completato. Come denuncia il Wwf in una conferenza stampa a Mon­tecitorio, degli 87 interventi di viabilità previsti solo 33 sono ultimati, mentre per gli altri 54 lo stato d'avanzamento dei lavori non supera il 65 per cento. Nella conferenza stampa si fa osservare che più d'una impresa che sta operando per i Mondiali è sotto inchiesta ad opera dei giudici milanesi di Mani pulite.

E non c'è forse una sola opera tra quelle finanziate e realizzate che - dopo aumenti dei costi, varianti, prezzi magari raddoppiati o triplicati - non abbia mostrato qualche pecca o malanno e la necessità di nuovi lavori e rifacimenti. "Costato cinquantacinque miliardi, l'impianto sportivo non ha retto al "ciclone": partita rinviata, spogliatoi allagati, impianti elettrici fuori uso" - titolava il 29 settembre 1992 il quotidiano la Repubblica la notizia del mancato incontro allo stadio Marassi di Genova, e concludeva: "per il ristrutturato stadio mondiale è una Caporetto". Ma lasciamo parlare la Corte dei conti.

“Gli investimenti fatti per i mondiali di calcio presentano non solo segni di precoce de­grado, ma appaiono privi dei necessari interventi integrativi che ne avrebbero permes­so l'inserimento nel tessuto urbano. Sulla lievitazione dei costi e sulle inadeguatezze delle strutture portate a termine sono in corso indagini presso le procure della Re­pubblica di Roma e di Palermo. Il versante più problematico è rappresentato dagli in­terventi non previsti originariamente dalla legge che, approvati dalla conferenza dei servizi, sono stati portati a termine dai comuni di Bari, Verona, Firenze, Milano e Roma con grande lievitazione dei costi. D'altra parte, ben 17 opere programmate per l'"Italia 90" non sono state portate a compimento, pur essendo approvate dalla confe­renza dei servizi” [5].

Non ci sono differenze, nel malgoverno, tra Nord e Sud. A Palermo

“le opere relative alla ristrutturazione dello stadio centrale, che in un primo momento erano state deliberate dal consiglio comunale "a termine" nella previsione della di­smissione dell'opera alla fine del campionato, sono oggi oggetto di inchieste giudizia­rie a causa del loro degrado. Anche il nuovo stadio San Gabriele, ultimato solo suc­cessivamente al campionato e non utilizzato, è tuttora chiuso al pubblico. La situazio­ne non appare dissimile a Milano dove gli interventi di adeguamento e ampliamento dello stadio San Siro, il cui costo è lievitato da 64 a 133 miliardi, necessitano di im­mediate modifiche. A Roma la ristrutturazione dello stadio Olimpico, che ha assorbito circa 212 miliardi rispetto agli 80 delle previsioni, è oggetto di particolari indagini della magistratura ordinaria e contabile”[6].

[1] Decreto-legge n.2 del 3 gennaio 1987, convertito in legge e integrato con successivi provvedimenti del 1987, del 1988 e del 1989.

[2] Corte dei Conti, Sezione Enti locali, Relazione sui risultati dell'esame della gestione finanziaria e dell'atti­vità degli enti locali per l'esercizio finanziario 1990, (relazione alle Camere), deliberazione n. 11/1992, p.519.

[3]Luigi Scano, "Anni ottanta e mondiali. Chiuso il cerchio della deregulation", in Urbanistica informa­zioni, n.119, gennaio-febbraio 1990.

[5] Corte dei conti, doc.cit.

[6]Ibidem.

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