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Vezio De Lucia
Errori degli urbanisti? Non credo
29 Marzo 2004
Periferie
Vezio De Lucia interviene nel dibattito sulle periferie, con una e-mail del 29 agosto 2003. Invita a non confondere le responsabilità degli urbanisti e quelle delle istituzioni. Ricorda che cosa in realtà accadde a Scampìa e a Corviale.

Caro Eddy, due o tre veloci considerazioni sulle periferie, cominciando dal tuo giudizio, francamente troppo sbrigativo [vedi link in calce-ndr], sugli "errori" delle Vele, dello Zen, di Corviale. Anche tu cadi nel tranello di attribuire a certe soluzioni architettoniche, o addirittura a certi architetti, responsabilità che appartengono invece al modo in cui quei quartieri sono stati gestiti. Ti ricordi la parola d'ordine che accompagnava le grandi manifestazioni popolari (e le grandi speranze di progresso e di riforma) della fine degli anni Sessanta: "la casa come servizio sociale"? Fummo tutti impegnati nel tentativo di trasformarla in pratica sociale. Ci hanno provato anche alcuni architetti, fra i migliori che hanno operato in questo paese. Le Vele, lo Zen e Corviale sono una generosa configurazione architettonica di quella parola d'ordine. Io sono d'accordo con te che la residenza ordinaria dev'essere tessuto e non monumento, eccetera, eccetera. Ma non credo che questo convincimento possa essere imposto per norma. Finiremmo nell'estetica di stato. In altre società e in altre epoche la "monumentalizzazione" della residenza ordinaria è andata a buon fine. E anche a Napoli, a Palermo e a Roma le cose potevano andare diversamente se non fosse successo che i tre quartieri di cui parliamo sono stati, tutti e tre, oggetto delle più selvagge e criminose occupazioni abusive che si ricordino. Gli edifici furono sistematicamente vandalizzati. Nelle Vele, alte fino a 15 piani, non sono mai entrati in funzione gli ascensori. Per lustri è mancata acqua e luce. Per non parlare di quello che succedeva tutt'intorno, terra di nessuno dove, tra l'altro, non sono mai state realizzate le urbanizzazioni previste. E dove prosperavano delinquenza e malavita. Nell'inerzia, talvolta peggio, dei pubblici poteri. Franco Ferrarotti ha scritto che il "serpentone" di Corviale resta un monumento all'insipienza di chi ha scambiato i valori collettivi con la mancanza di rispetto per i diritti individuali. E' una belle frase, ma è sbagliata. Mi pare che negli ultimi anni a Corviale abbia infine prevalso la ragione e il quartiere è adesso avviato a diventare ordinario. Penso che fra dieci anni possa essere, come pensavano Mario Fiorentino, Gino Petrangeli e altri, un quartiere modello. Non so niente dello Zen. Potrei scrivere a lungo, e in parte l'ho fatto (cfr. Napoli, cronache urbanistiche, Baldini e Castoldi) delle Vele. Lì era stata scelta la strada della demolizione, accompagnata da un'insopportabile retorica sul piccone risanatore. Scampìa, è un mostro istituzionale. E' addirittura una circoscrizione di Napoli, 30 - 40 mila abitanti (le Vele ne sono un frammento), fatta esclusivamente di edilizia pubblica. Non c'è altro che edilizia pubblica, neanche una casa di edilizia privata, un ufficio, un negozio. Solo edilizia pubblica, di basso rango. In un orizzonte di inverosimile povertà, con la disoccupazione al 60 per cento. A che serve demolire le Vele, se non si trasforma radicalmente il contesto? E' quello che abbiamo cercato di fare, portando a Scampìa l'università (nelle Vele), la metropolitana, importanti uffici pubblici e privati, anche residenze di iniziativa privata. Ma nessuno ha saputo sottrarsi, da Bassolino in giù, alla soddisfazione della dinamite. Che sarebbe meglio, a certe latitudini, riservare all'abusivismo. Par non fare un polverone che confonde il brutto (presunto) con l'illegale.

Ancora due parole sulla questione delle periferie. Secondo me, chi si occupa di governo del territorio, deve partire dal fatto che, delle tre funzioni essenziali di un sistema urbano - abitare, lavorare, consumare - le ultime due nelle periferie mancano, o sono assolutamente marginali. Per quantità e qualità. A Firenze, gli abitanti di giorno (popolazione reale o city users) sono il doppio dei residenti ufficiali. Nella periferia di Napoli ci stanno il 45 per cento dei residenti e solo il 32 per cento dei posti di lavoro. Rispetto alla provincia, a Napoli si concentra un terzo della popolazione e il 51 per cento dei posti di lavoro. Nella media delle grandi città italiane, per ogni pendolare che esce dal capoluogo, ne entrano 4,5. Quando esisteva l'urbanistica, si cercava almeno di correggere questi difetti (ti ricordi lo Sdo?). Adesso, con il rito ambrosiano e simili, la polarizzazione centro-periferia sarà sempre più esasperata. Sempre per colpa dei comunisti. Che portano sfiga.

Un'ultima telegrafica osservazione riguardo al disegno di legge del ministro Urbani sull'architettura di qualità. Te ne sei già occupato. Ti immagini che può succedere se si determina una contaminatio con la questione delle periferie. Bisognerebbe ricordare quel che ripeteva Cederna e cioè che la buona architettura nasce solo dalla buona urbanistica.

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