Gli estatici paesaggi, i cavalli, gli elementi vegetali, i ritratti, le cattedrali, la Giudecca e gli altri temi ricorrenti hanno la medesima essenzialità di visione, una stessa commistione di elementi astratti e geometrie naturali, con variazioni tonali e cromatiche in funzione antinaturalista. Una pittura meditativa, che vive di lievi e modulate vibrazioni luministiche, di bianchi calcarei, come calcinati al sole, di neri fumosi e riarsi, di forme sfumate in atmosferiche dissolvenze. I contorni si sfrangiano e ricostituiscono in una spazialità riassorbita da fondali monocromi, luminosi alla maniera dei fondi oro bizantini e tardo gotici; travasano senza soluzione di continuità nelle fitte trame segniche che screziano le superfici o, ancora, s’infondono nelle velature trasparenti d’una gamma coloristica parca e di calibrata intensità: grigi lavici, terre bruciate, ocre, gialli ambra, verdi malva, rosa spenti, pallidi cobalti.
Tutto converge nell’unità poetica dell’immagine, nell’eco di remote memorie e di più recenti suggestioni: plastica etrusca, pitture rupestri e dei monasteri serbi, icone ortodosse, ricordi di Daumier e Klee, impressioni dei mosaici di Ravenna e Venezia in una sincronia di fonti, nella pacificazione del dualismo tra Oriente e Occidente, che è tra le altissime risultanze dell’arte di Music.
Anton Zoran Music nasce nel 1909 a Gorizia, all’epoca città sotto il dominio austro-ungarico. Nel 1922 segue la famiglia in Austria, dove realizza i primi disegni. Tra il 1930 e il 1935 frequenta l’Accademia di Belle Arti a Zagabria, allievo del pittore croato Babic, formatosi presso Von Stuck a Monaco.
Sempre nel 1935, conclusi gli studi, soggiorna a Madrid e a Toledo. L’anno seguente risiede in Dalmazia. Partecipa a due mostre collettive a Zagabria e Lubiana (1941-1942). In seguito all’occupazione italiana di territori dalmati e sloveni, rientra a Gorizia. Nel 1943 espone a Trieste (Galleria De Crescenzo) e alla Piccola Galleria di Venezia. Nel 1944 le SS lo deportano a Dachau, dove disegna in una febbrile e segreta attività le vittime dell’Olocausto. Raffigura grovigli di membra, scarni corpi trasportati a braccia, frutto dell’ “incredibile frenesia di disegnare... come in trans, mi attacco morbosamente a questi fogli di carta... accecato dall’allucinante morbosità di questi campi di cadaveri... irresistibile necessità... per non farmi sfuggire questa grandiosa e tragica bellezza”.
Dall’aprile del 1945 è libero. Torna a Venezia, dove dipinge i primi Cavallini, che diverrano un soggetto tipico, assieme alle serie delle Zattere e di San Marco. Nel 1948 espone a Venezia (Biennale) e a Roma (Galleria l’Obelisco). Kokoschka visita più volte il suo studio, molto frequentato anche da Campigli. Vende diversi dipinti alla contessa Pecci-Blunt e alla principessa Caetani (sue collezioniste). Soggiorna spesso in Svizzera, specie a Zurigo e vi esegue le prime litografie (1948), incide per la prima volta a puntasecca nel 1949 a Venezia (le più antiche acqueforti risalgono invece al 1955). Vince, assieme a Corpora, il Premio Parigi per la pittura (1951), esponendo quindi alla Galérie de France a Parigi (1952), con la quale stipula un contratto che gli consente di stabilirsi nella città francese (1953). In questo periodo si afferma professionalmente. Ha uno studio a Montparnasse, un altro presso l’Accademia di Venezia; si fa conoscere a New York (1953-1954), Londra e partecipa alla Quadriennale romana con una sala personale (1955). Ottiene il Premio della Grafica alla Biennale Internazionale di Venezia (1956), alla Biennale di Lubiana (1957) e il Premio UNESCO alla Biennale veneziana (1960). Nel frattempo incrementa l’attività d’incisore e, più tardi, di litografo.
Nel 1962 viene pubblicato il catalogo completo dei suoi disegni dal 1947 al 1961, anno peraltro cui risale l’avvio di una produttiva collaborazione con il gallerista Ugo Meneghini. Vanno citate le ampie retrospettive svoltesi a Parigi (1972), Darmstadt (1977), Venezia (1980), con particolare menzione delle mostre “Music opere” 1946-1985, Venezia, Ala Napoleonica e Museo Correr (1985) e “Zoran Music” all’Accademia di Francia in Roma (1992).