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Cesare Chiodi
Urbanistica Rurale (1938)
30 Maggio 2006
Urbanisti Urbanistica Città
Moltissimi temi del dibattito sull'insediamento diffuso e la tutela storico-ambientale, in questo lucido intervento sullo sviluppo rurale a un convegno di ingegneri (f.b.)

Estratto da: Sindacato Fascista Ingegneri della Provincia di Milano, Atti del Convegno degli Ingegneri per il potenziamento dell'agricoltura ai fini autarchici - Lombardia - Emilia - Tre Venezia - Piemonte- Milano 23-27 aprile 1938-XVI

Non è forse fuori luogo chiarire prima di tutto l'apparente antitesi che esiste nell'espressione «Urbanistica rurale».

Se nella sua accezione più moderna ed autorizzata l'urbanistica è la scienza e l'arte di disciplinare le convivenze umane, nulla di più naturale che, superata la cerchia chiusa della città, essa spinga più oltre il suo sguardo e le sue aspirazioni e rivolga la sua cura al territorio circostante, alla Provincia, alla Regione.

L'urbanistica non tanto disciplina le vie, le case, i quartieri, le città, ma gli uomini stessi, curandone la distribuzione, soddisfacendone i bisogni, creando l'ambiente sociale, tecnico, economico più adatto allo sviluppo di ogni attività.

Ampliare la sua sfera di azione non significa quindi già estendere alla campagna i fasti ed i nefasti dell'urbanesimo, ma al contrario studiare e prendere alle loro radici i fenomeni demografici nelle loro manifestazioni più tipicamente moderne, determinarne le cause, valutarne la natura e l'intensità, apprestarne i correttivi ed i rimedi.

L'espressione «Urbanistica rurale» più che un'antitesi rappresenta allora una precisazione: necessaria precisazione soprattutto in un paese come il nostro e nel clima politico e storico nel quale viviamo, che del problema della valorizzazione agricola ha fatto uno dei cardini di quel potenziamento delle forze morali e fisiche della Nazione che è l'essenza stessa della autarchia.

«Bisogna sfruttare al massimo ogni zolla di terra» proclama il Capo del Governo, ma «la terra vale ciò che vale l'uomo» e «solo un ambiente moralmente e fisicamente sano è adatto alla massima produzione».

Queste frasi si seguono e si completano colla serrata logica di un sillogismo per arrivare alla conclusione finale che può essere assunta come lo scopo stesso dell'Urbanistica: «riscattare le terra, e con la terra gli uomini e con gli uomini la Nazione».

Non parliamo quindi di antitesi, non parliamo nemmeno più di precisazione, parliamo piuttosto di inversione di termini.

Il vero problema urbanistico, inteso in senso nazionale, ha le sue radici proprio nella campagna, in questo grande serbatoio di mezzi e di uomini.

Questa è la conclusione - solo apparentemente paradossale - alla quale, pur partendo da considerazioni e da impostazioni diverse, concordemente arrivano tutte le pregevoli relazioni che ho l'onore di riassumere.

Ed ecco così, individuato sotto la specie «rurale» uno degli aspetti e delle funzioni specifiche dell'Urbanistica: la regola e la disciplina non soltanto delle città, ma anche dei territori ra esse interposti, delle nostre campagne, dei centri minori e minimi.

Ma se l'Urbanistica cittadina ha norme e leggi più note e più generali, l'Urbanistica rurale ha forme ed aspetti vari e mutevoli insuperabilmente condizionati da fatti e situazioni locali.

Per favorire una più conveniente sistemazione della masse rurali occorre è vero migliorare l'ambiente, ma questo miglioramento deve essere non un sovvertimento, ma un adattamento ed un perfezionamento strettamente aderenti agli stati di fatto creatisi per lunga vicenda di eventi e di usanze.

Ben hanno compreso i Relatori la imprescindibilità di questo fatto ed assai interessante e proficuo è il contributo da essi portato allo studio delle particolari situazioni ambientali delle quattro Regioni particolarmente rappresentate a questa nostra riunione e le cui caratteristiche sono sintetizzate in efficaci quadri riassuntivi che dal Basso Milanese al Friuli, dall'Appennino Emiliano alle Alpi Piemontesi, alla Brianza all'Oltre Po Pavese, dalla Bassa Reggiana alla Collina Veronese mettono in efficace evidenza situazioni demografiche, metodi colturali, tradizioni paesane, situazioni sociali ed economiche e sistemi costruttivi, offrendo una ricca messe di notizie, una buona e salda base di partenza per ogni nuova proposta ed una utile documentazione della varietà degli aspetti che assume la vita rurale nell'ambiente di una stessa Regione e di una stessa Provincia.

Una accurata indagine delle condizioni ambientali della Provincia di Milano è fatta dal Columbo mettendo in particolare evidenza con copia di dati statistici la essenziale differenza fra il regime agrario dell'Alto e del Basso Milanese. Nella Zona Alta la popolazione vive raggruppata in numerosi villaggi e borgate, diffusa è l'industria, predominano nel campo agricolo il piccolo affitto e la piccola proprietà, il contadino è legato alla terra che coltiva e dalla quale trae diretto profitto, mentre a saldare il bilancio domestico concorrono i proventi delle capacità produttive familiari che, esuberanti per il lavoro dei campi, trovano impiego nell'industria con flusso giornaliero di va e viene fra la casa rurale e l'officina, così da dar luogo, col favore delle comunicazioni, ad una forma mista di vita agricolo-industriale. Nella Bassa i centri abitati sono invece più radi, le industrie scarseggiano, nel campo agricolo predomina il grande fondo col grosso cascinale lontano dai centri comunali, mal favorito dalle comunicazioni, abitato da contadini semplici salariati, scarsamente attaccati alla terra che coltivano, e perciò animati da un inquieto spirito di nomadismo che li spinge ai frequenti «San Martini» dall'uno all'altro podere finchè fatalmente sono attratti dalla grande città.

Un quadretto del pari interessante è fatto dal Cosolo delle particolari condizioni del Friuli dove, a lato delle grandi proprietà delle zone di bonifica circumlagunare tuttora in corso di appoderamento e condotte con salariati e compartecipanti, si hanno ancora antiche proprietà di vecchie famiglie padronali di tradizione rurale che dalla loro villa, centro aziendale, dirigono l'amministrazione dei loro poderi coltivati a mezzadria. Il Cosolo si indugia ad esaminare con particolare competenza ed amore il problema della mezzadria per trarne acute e convincenti conclusioni circa le dimensioni dell'unità poderale e familiare intesa come cellula di tutta la organizzazione urbanistico-edilizia della zona.

Il Carena ci dipinge invece le condizioni del Basso Oltre Po Pavese ed opportunamente insistendo sul concetto che funzione dell'Urbanistica rurale non è solo la ideazione di nuove grandi opere come quelle di cui l'Agro Pontino offre così splendidi esempi ma anche la sistemazione - più modesta ma altrettanto utile e sotto molti aspetti più difficile - dei piccoli paeselli rurali esistenti, dà alcuni precisi e giudiziosi suggerimenti frutto di una personale profonda conoscenza dell'ambiente.

Della provincia di Verona il Poggi mette in evidenza la caratteristica del grande frazionamento delle case coloniche nella campagna, soprattutto nella parte bassa irrigua e nella zona collinare e la stazionarietà dei centri abitati, esclusi naturalmente i maggiori. Ciò non vuol dire, osserva giustamente il relatore, che i piccoli centri perdano importanza; al contrario la loro influenza si va maggiormente estendendo nella campagna.

Del pari esauriente è l'illustrazione che l'Artoni fa della Provincia di Reggio Emilia ricordando in primo luogo l'apporto dato alla risoluzione dei problemi che ci interessano dai Consorzi di Bonifica della zona bassa, ai quali fa ora riscontro il Consorzio per la difesa e la sistemazione della montagna reggiana.

Questi Consorzi non sono in effetto che una anticipazione dei principi e dei metodi dell'Urbanistica rurale, a proposito di che trova qui opportuna citazione l'affermazione del Rabbi che l'Urbanistica rurale non è che la prosecuzione del piano della bonifica integrale.

Il regime fondiario del Reggiano è caratterizzato da un notevole frazionamento della proprietà: il sistema di conduzione prevalente è l'affitto, che però va gradatamente modificandosi a favore della mezzadria. Anche la grande proprietà terriera, una volta eseguito l'appoderamento, non rifugge da queste forme di conduzione.

Notevole è l'attività industriale particolarmente diretta alla trasformazione dei prodotti agricoli.

Gli aggregati urbani sono assai ravvicinati fra loro. Solo nelle zone di recente bonifica si rileva qualche discontinuità nella attrezzatura urbanistica della campagna che potrà in casi specialissimi consigliare la creazione di qualche nucleo o borgata rurale. Le case coloniche sono prevalentemente distribuite nei singoli poderi della zona bassa. Raggruppate nei paeselli della zona montuosa.

Il problema urbanistico-rurale da risolvere riguarda in parte l'edilizia ma soprattutto i servizi pubblici di carattere igienico, quali la distribuzione idrica e lo smaltimento delle acque di rifiuto.

Malgrado i progressi compiuti nella valorizzazione delle risorse locali vi è infine da risolvere un problema cronico di disoccupazione il quale dovrà trovare il suo sbocco in un ulteriore progresso della bonifica, in una migliore dislocazione delle industrie, in una sempre maggiore formazione di centri e i comuni ad economia mista che sono quelli nei quali la popolazione gode di un maggiore benessere. E tutto ciò non potrà realizzarsi se non attraverso una visione meno particolaristica e più «regionale» di queste complesse questioni.

Avvertiamo subito che alla parola «regionale» qui e altrove usata non intendiamo dare il significato attinente al termine «Regione» nella accezione geografica italiana, bensì il significato comunemente accettato dagli Urbanisti, di una entità territoriale individuata da comuni fattori geografici, economici, morfologici, cui meglio che la nostra «Regione» corrisponderebbe la Provincia od il Circondario od altro simile complesso territoriale.

Non poteva infine mancare nella rassegna delle condizioni ambientali dell'Alta Italia anche un esame delle particolari condizioni delle nostre montagne e ce lo offre la relazione del Porzio, il quale giustamente osserva come, rappresentando il suolo produttivo montano circa un terzo della superficie totale del Regno, fra i compiti della bonifica integrale quello della restaurazione montana è certo il più grave per aspetti sociali e tecnici.

La montagna si spopola. Il montanaro lascia la montagna non tanto perchè attratto da illusori miraggi della città, quanto perchè letteralmente non può più viverci.

Per equilibrare il fenomeno dello spopolamento - osserva il Porzio con sussidio di esempi pratici - non vale la creazione dei centri turistici e sportivi di alta montagna. Sembra anzi ad un primo esame che ciò acceleri il corso degli eventi.

Per arginare questo processo, in certo senso cronico, per trattenere la popolazione sui monti nativi occorre agire sulle cause prime del fenomeno: attrezzatura tecnica arretrata degli abitati (povertà di case, di comunicazioni, di servizi pubblici) e condizioni non redditizie del lavoro e della proprietà.

Il Porzio illustra ciò che in questo particolare campo dell'Urbanistica rurale si è fatto negli ultimi anni, a partire dal Raduno di Pinerolo del 1934, colla istituzione degli Uffici di Fondovalle, accenna alla proposta apparsa in una autorevole rivista di far sorgere ovvero ampliare o riattare a titolo di esperimento in qualche tipico centro montano un Comune colle indispensabili attrezzature moderne di vita civile e rurale, e ricorda la istituzione di apposite Commissioni di studio anche presso il Sindacato Ingegneri.

Dalla considerazione delle condizioni particolari di ambiente le singole Relazioni passano all'esame dei provvedimenti coi quali l'Urbanistica rurale può raggiungere lo scopo essenziale di migliorare le condizioni di vita delle masse rurali.

Risalendo di un passo più indietro il Rabbi prende in esame il complesso dei coordinamenti iniziali - che egli definisce pre-urbanistici - atti ad incrementare l'energia e l'attività delle masse rurali ed a migliorare i coefficienti di produzione, quali la elevazione professionale del lavoratore agricolo, la tecnicizzazione delle giovani generazioni rurali, la creazione di una gerarchia di capacità e di qualifiche nelle maestranze, la evoluzione dei patti colonici per promuovere i miglioramenti colturali ai fini autarchici, il perfezionamento dei sistemi di raccolta e di distribuzione dei prodotti.

Il fattore uomo, i suoi bisogni morali e materiali, le condizioni di ambiente atte a soddisfare ad un minimo di esigenze di benessere e di decoro, come mezzo necessario del potenziamento agrario della Nazione, sono pure analizzati dal Radice Fossati.

I provvedimenti urbanistici da adottare a vantaggio dei lavoratori della terra potrebbero riassumersi nella forma breve: «Dare al lavoratore la dignità e la gioia del lavoro con la sanità della vita sgombra dai disagi non necessari».

Nella loro estrinsecazione pratica essi possono raggrupparsi intorno ai seguenti punti:

1) diffusione e perfezionamento delle aziende agrarie e delle case rurali isolate;

2) formazione di raggruppamenti e di borgate rurali;

3) miglioramento dei vecchi paesi;

4) incremento e sviluppo della viabilità;

5) incremento e sviluppo dei servizi pubblici.

L'unità aziendale agricola è la cellula dell'urbanistica rurale, la necessità di migliorare gli edifici aziendali nei quali si svolgono la vita ed il lavoro del rurale è intuitiva, le opportunità di conservare il cascinale colonico presso la terra da coltivare è essenziale agli effetti di un miglior sfruttamento della terra.

L'Aguzzi prendendo particolarmente in esame le condizioni del Basso Milanese si preoccupa di ridurre la dispersione dei cascinali e vorrebbe per questi un maggiore avvicinamento al capoluogo di comune.

Il Poggi nota invece con soddisfazione che nella campagna veronese la tendenza al decentramento dei cascinali è già in atto e ritiene che un simile movimento sia da favorire collo scopo tendenziale di ridurre i paesi rurali alla loro ideale funzione di centro amministrativo, politico, commerciale e di sede di quelle attività e di quei soli strati della popolazione che non sono intenti alla coltivazione dei campi o che vi hanno solo occupazione temporanea come braccianti. Le disposizioni sanitarie che limitano alcune possibilità di esplicazione delle funzioni di una azienda agraria nei centri abitati, soprattutto per quanto si riferisce alla tenuta del bestiame, inducono indubbiamente ad un graduale decentramento.

Delle due tendenze ci sembra che quella esposta dal Poggi e sostenuta da altri relatori sia la più consigliabile.

Se ci è consentita una breve digressione vorremmo qui ricordare i recentissimi lavori di bonifica edilizia della sua proprietà rurale eseguiti nello scorso anno e nel corrente da parte dell'Amministrazione dell'Ospedale Maggiore di Milano, i quali sono stati appunto condotti con questo indirizzo.

L'Ospedale Maggiore di Milano è il più grosso proprietario terriero della Lombardia possedendo circa 10.000 Ea di ottimi poderi parte nella Zona Alta e parte nella Zona Bassa fra il Ticino e l'Adda sui quali hanno stabile dimora circa 1.500 famiglie rurali.

Il piano di riassetto delle case coloniche attualmente in corso col quale verrà dato alloggio in nuovi edifici a più di 300 famiglie coloniche, senza contare i lavori di restauro delle rimanenti case, si competa nei programmi dell'Amministrazione ospitaliera con un piano di rimaneggiamento della consistenza dei singoli poderi affittati e colla formazione di entità agrarie più rispondenti alle necessità di una buona e conveniente conduzione. Perciò nelle zone irrigue della Bassa - dove sussiste ancora qualche podere di più di 200 Ea - fu fatto luogo al frazionamento in due delle vecchie unità poderali colla formazione di nuovi cascinali completi di ogni accessorio aziendale ed opportunamente dislocati sul fondo da servire, e nella Zona Alta - a Sesto Calende, Seregno, Vanzago, Magenta, ecc. - dove un buon numero di vecchie corti coloniche si trovava ad essere ormai completamente incorporato nell'abitato di quei centri urbani venne senz'altro adottato il partito di trasferire le corti coloniche stesse in località più eccentriche e più prossime ai poderi, in luogo di procedere al riattamento in sito delle vecchie costruzioni, le quali furono di preferenza invece vendute a privati od agli stessi Comuni per consentirne o la trasformazione per uso residenziale delle masse operaie e della popolazione non rurale, o, più spesso, la demolizione per sistemazioni di piano regolatore di quei centri.

Ho creduto interessante di citare questi esempi già in atto perchè sono una documentazione del come sia stato possibile conciliare le direttive del proprietario terriero colle necessità e le vedute delle Amministrazioni comunali, cosicchè il piano di bonifica dell'edilizia rurale si è automaticamente identificato con un piano di riforma urbanistica dei centri abitati, che altrimenti assai difficilmente si sarebbe attuato coi soli mezzi municipali.

Sull'argomento del riassetto dei vecchi paesi si soffermano con particolare attenzione quasi tutti i relatori, mentre logicamente sorvolano sull'altro della creazione di nuovi raggruppamenti e di borgate rurali perchè - all'infuori delle zone di bonifica dove si rivela qualche discontinuità nella attrezzatura urbanistica - per il resto delle nostre regioni non è il caso di pensare alla vera e propria creazione di nuovi centri abitati.

Se lo spazio lo consentisse varrebbe la pena di riportare per intero ciò che i singoli relatori e soprattutto il Carena scrivono sull'argomento del riassetto dei vecchi paesi rurali.

L'essenziale è questo: dopo aver dato al rurale presso la terra che coltiva una casa sana e decorosa ed una struttura aziendale atta alla migliore utilizzazione dei prodotti del suolo, occorre però offrirgli nel riassettato capoluogo del Comune anche un punto di riferimento e di raccolta dove possa trovare in un più decoroso ambiente quegli aiuti morali, culturali, assistenziali, che gli sono necessari per la sua elevazione.

I confronti colla città saranno meno stridenti se il paesello sarà più lindo ed accogliente, l'osteria avrà meno frequentatori se più sani luoghi di riunione cureranno lo sviluppo del fisico e del morale.

Potrei ancora qui citare quanto si è fatto dall'Ospedale Maggiore di Milano negli aggregati di Monticelli e di Fallavecchia, completando il rinnovo dell'ambiente edilizio colla dotazione di tutte quelle istituzioni assistenziali e ricreative di cui finora - a differenza dei loro fratelli operai delle officine cittadine - i lavoratori della campagna erano completamente privi.

Insieme al risanamento delle case rurali singole, dei complessi aziendali e dei centri rurali - inteso come mezzo per fissare il maggior numero possibile di famiglie alla terra - un utile sussidio allo stesso fine può derivare da una limitazione della concentrazione industriale nei grandi centri urbani e dalla creazione di nuovi impianti industriali, con particolare riguardo a quelli più affini al ciclo di produzione agraria, opportunamente dislocati nelle campagne.

A questo proposito sarà bene rilevare che solo un piano regolatore «regionale» delle industrie permetterà di precisare in modo conveniente i criteri distributivi degli impianti, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche geografico, considerando la opportunità di appoggiare le nuove industrie a quei centri rurali già provvisti di una attrezzatura adeguata e qualche volta esuberante rispetto alla loro funzione attuale e dove il fenomeno della disoccupazione - prima grande molla dell'esodo verso la città - assume aspetti più gravi.

Anche le occupazioni di carattere artigiano possono essere di grande utilità perché permettono di occupare il contadino nei periodi intermedi delle lavorazioni agricole.

Analisi urbanistiche particolarmente diligenti svolte presso i singoli Comuni rurali - come propongono l'Artoni ed il Radice Fossati - permetteranno di individuare esattamente i caratteri fondamentali della loro economia, di stabilirne le necessità e le possibilità, e quindi di segnalare gli squilibri e le situazioni anormali e di suggerire i rimedi ed i provvedimenti da inserire nel Piano regionale.

Si può in genere rilevare dalle dimostrazioni dei singoli Relatori che i Comuni rurali che si trovano in condizioni economiche più favorevoli e nei quali la popolazione è più stabile sono quelli nei quali accanto ad una sana economia agricola si sono sviluppate piccole industrie legate all'agricoltura oppure speciali attività artigiane, mentre i Comuni dove l'unica risorsa è rappresentata dalla agricoltura la classe del bracciantato è numerosissima ed il fenomeno della disoccupazione assume ricorrenze più frequenti ed aspetti più acuti.

Di qui quel circolo chiuso di disoccupazione e di situazioni debitorie che allarma e preoccupa continuamente le Autorità politiche locali.

Ultimo e grave problema infine del riassetto locale quello delle vie di comunicazione e dei servizi pubblici.

E' vano sperare il risorgere della vita delle campagne, se queste non vengono adeguatamente permeate dal sistema capillare delle reti stradali e dei servizi indispensabili all'igiene ed al vivere civile.

Ma su questo argomento non ci dilunghiamo, perchè esso è trattato come tema particolare di altre sezioni di questa nostra riunione.

Fra i problemi collaterali del tema generale in discussione meritano speciale cenno quelli trattai in due apposite relazioni dai colleghi torinesi Orlandini e Rigotti.

Il primo, colla particolare competenza che gli deriva dal suo ufficio di sovraintendente ai Servizi tecnici di una grande città industriale come Torino, si occupa giustamente della stretta interdipendenza fra lo sviluppo delle grandi città e quello delle circostanti campagne che costituiscono il «suburbium», interdipendenza che porta di necessità i servizi tecnico-urbanistici del centro maggiore ad interessarsi della sistemazione delle plaghe marginali, anche oltre i limiti territoriali e cioè per tutta la zona in prevalenza rurale dell'«intercittà».

Questi studi, se in primo luogo devono tendere al miglioramento delle comunicazioni e dei servizi ed alla disciplina costruttiva per il razionale sviluppo dei centri secondari, non possono trascurare, debbono anzi tenere nella massima considerazione, la necessità di contemperare l'urbanesimo ruralizzando la città. Ma per ruralizzare la città e dare ad essa una struttura meglio rispondente alle sue esigenze di oggi e di domani occorre provvedere tempestivamente alla difesa della zona agricola esterna controllandola e potenziandola ed assicurando estese superfici marginali di terreno che, destinate a colture arboree, costituiscono le necessarie riserve per un più ampio respiro della città. Come esempio pratico l'Orlandini descrive gli arboreti in formazione intorno a Torino ed i provvedimenti adottati per la valorizzazione della collina, delle sponde del Po, della Dora e della Stura.

L'Ing. Rigotti rilevando infine come le caserme e gli stabilimenti militari per le loro particolari esigenze siano fra gli elementi negativi dell'assetto urbano per la loro ingombrante estensione, per l'antiestetica monotonia delle loro linee, per i disturbi alla viabilità ed alla tranquillità dei quartieri, e rilevando ancora come il temperamento di creare delle «zone militari» ai margini della città per la riunione di tutti gli alloggiamenti di truppe e dei servizi annessi non risolva neppur esso il problema per l'eccessivo agglomeramento che determina e per i conseguenti pericoli di una maggiore vulnerabilità in tempo di guerra, crede che le caserme debbano decisamente allontanarsi dalle città e trasferirsi nelle campagne e vede in ciò un mezzo per evitare da un lato i danni morali, che dalla permanenza nelle città durante il periodo della ferma derivano alle falangi dei giovani rurali, e dall'altro per promuovere o conservare l'attaccamento del soldato alla terra.

L'argomento molto interessante e complesso per la incidenza anche di fattori che esulano dalla nostra specifica competenza meriterebbe certo una più ampia trattazione di quella che non sia possibile nella nostra attuale riunione.

Arrivando alle proposte conclusive delle singole relazioni restano da considerare gli organi e i mezzi per la realizzazione di un così vasto programma di coordinamento dei fattori della vita rurale.

Tutti i relatori sono concordi nell'individuare nei cosiddetti «Piani regolatori regionali» gli istrumenti più efficaci per la impostazione di insieme di tutti gli studi e le indagini occorrenti. Opportunamente osserva però il Poggi che della abusata espressione «Piano Regionale» occorre fare preciso e giustificato uso. In questi ultimi tempi cornice immancabile di ogni Concorso di Piano regolatore urbano è un abbozzo organizzativo di tutto il presunto territorio di influenza delle singole città.

Sulla attendibilità di questi Piani regionali ipotetici e abborracciati su pochi imparaticci si debbono fare le più ampie riserve.

Il Piano regionale non è un mosaico di vivaci tinte stemperate a impressione e ad effetto a creare una cervellotica «zonizzazione», bensì il riassunto grafico di maturi studi e di indagini intese, attraverso una coscienziosa analisi geografica e statistica, alla esatta individuazione delle caratteristiche, delle necessità e delle possibilità di una determinata plaga.

Bando perciò alle improvvisazioni individuali.

Il lavoro di redazione del Piano regionale, che è soprattutto un piano tecnico ed economico, ed il lavoro di propulsione, di guida, di coordinamento di tutte le energie intorno all'Urbanistica rurale - intesa nella sua definizione di disciplina delle convivenze umane nell'ambito rurale - devono far capo ad appositi Enti convenientemente attrezzati.

In questo campo, giova riconoscerlo francamente, perchè la verità in tempo fascista nè spaventa nè offende, l'Estero ci ha da tempo preceduto ed in Germania ed in Inghilterra esistono organizzazioni ed istituti che opportunamente adattati al nostro particolare clima sociale ed economico possono servire di esempio.

Questi Enti di studio e di coordinamento nell'ambito provinciale dovrebbero secondo alcuni relatori essere autonomi, secondo altri dipendere dai già esistenti organismi quali il Consigli Provinciale dell'Economia Corporativa o la stessa Amministrazione Provinciale, secondo altri ancora dipendere dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste.

Senza ricorrere ad un eccessivo - e forse pericoloso - accentramento statale sembra che gli organi provinciali siano i meglio qualificati ed i più sensibili alle necessità locali. Il che non esclude affatto la possibilità di intese più vaste per quei problemi che trascendono i limiti territoriali della Provincia.

Quanto al passaggio dal campo degli studi a quello delle pratiche realizzazioni l'istituto dei Consorzi, attraverso il quale già in tanti campi si estrinseca l'attività degli Enti provinciali, sembra il meglio rispondente.

La istituzione dei Consorzi, i rapporti colle altre iniziative della Bonifica integrale, la graduazione dei programmi, le norme per l'intervento del credito e degli aiuti finanziari del Governo e degli Enti pubblici sono materia che richiede particolari provvedimenti di legge per dare pratica attuabilità ai piani licenziati dagli Enti di studio provinciali od interprovinciali.

Va da sè che a far parte di tutti questi Enti di studio ed esecutivi dovrebbero con preciso indirizzo corporativo entrare insieme coi rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, e di ceti agricoli ed industriali e delle grandi organizzazioni dei pubblici servizi anche i tecnici particolarmente competenti nel campo dell'Urbanistica.

Troppo spesso dobbiamo assistere con profonda amarezza ad errori grossolani che pregiudicano la soluzione razionale dei problemi o che danno luogo a sprechi vistosi con conseguenze penose per le pubbliche finanze. Interessi particolari, idee ristrette, individualismi sfrenati, una valutazione sommaria ed unilaterale dei problemi rappresentano quel complesso di forze negative che possono frustrare completamente le superiori finalità alle quali si ispirano gli studi ed i programmi urbanistici.

In nessun campo, meglio che in questo, le concezioni politiche, etiche e sociali proclamate dal Fascismo, possono trovare la loro perfetta ed integrale applicazione.

Ordine, disciplina, gerarchia, valutazione integrale dei problemi, subordinazione degli interessi singoli agli interessi generali: ecco i principi che caratterizzano l'Urbanistica come metodo di studio e di indagine e come azione pratica.

Se infine è necessario evitare l'improvvisazione individuale è d'altra parte opportuno evitare una eccessiva burocratizzazione degli Enti e degli Uffici che sono chiamati o saranno chiamati a svolgere la loro attività nel campo dell'Urbanistica rurale.

Anche nello studio dei piani regionali, come già in quello dei piani cittadini, la collaborazione delle classi professionali potrà dare ottimi risultati.

Come ultimo anello della catena degli organi di studio ed esecutivi il Poggi prospetta la figura nuova dell'«Ufficiale Tecnico» in analogia a quella dell'«Ufficiale Sanitario» organo di direzione e di controllo non appesantito e impastoiato dal gravame di una burocratica organizzazione.

E' bene mettere pure in evidenza come fa il Quaglini anche la parte che nella esecuzione di dettaglio dei piani agrario-edilizi va conservata alla proprietà privata la cui funzione è insopprimibile nell'armonico complesso delle varie attività.

Resta infine essenziale il problema dei mezzi economici per fronteggiare così vasti problemi.

L'ambiente rurale non è un ambiente ricco. Esso solo non può disporre dei mezzi occorrenti al vasto piano di riordinamento di cui si è trattato. Ma, se il miglioramento delle condizioni di vita delle campagne è - come abbiamo dimostrato - condizione essenziale per il potenziamento delle nostre risorse agricole, l'intera Nazione, coi suoi organi statali e periferici, colle sue forze di risparmio e colle sue istituzioni di credito deve provvedere quelle annticipazioni e quei mezzi che saranno indubbiamente garantiti e compensati dai risultati finali dell'opera di bonifica degli uomini, degli ambienti e del suolo che solo se completa nei tre termini di questo trinomio può veramente chiamarsi «integrale».

Riassumendo le proposte emerse dalle singole Relazioni e dallo studio del Tema in discussione il Relatore generale dà quindi lettura delle seguenti conclusioni e proposte:

Ritenuto che nel quadro generale dell'Urbanistica - intesa in senso nazionale - l'Urbanistica rurale, e cioè la sistemazione del suolo, dell'ambiente e delle popolazioni di quel grande serbatoio di uomini e di mezzi che è la campagna, costituisce il necessario complemento dell'urbanistica cittadina,

riconosciuta la difficoltà di fissare all'urbanistica rurale rigide norme che possano uniformemente applicarsi alle svariate situazioni agricole e sociali delle diverse regioni e la opportunità dell'intervento di Enti di circoscritta competenza territoriale per il coordinamento delle iniziative pubbliche e private

il Convegno fa proprii i seguenti punti programmatici illustrati dai Relatori particolari:

1) Il miglioramento delle condizioni di vita della massa rurale - compito specifico dell'Urbanistica rurale e condizione essenziale per il potenziamento delle risorse agricole della Nazione - può essere raggiunto solo attraverso un organico coordinamento delle iniziative d'ordine tecnico, economico e sociale.

2) Base di studio per tale coordinamento è la predisposizione di piani intercomunali, provinciali od interprovinciali affidati a competenti Enti tecnico-urbanistici di emanazione locale nei quali si armonizzino tutte le rappresentanze dell'Ordinamento corporativo dello Stato.

3) I detti piani dovranno considerare con visione unitaria i problemi inerenti alla demografia, all'edilizia, alla viabilità, ai trasporti, ai servizi pubblici, all'assetto agricolo ed industriale delle singole zone, tenendo particolarmente presenti i seguenti obbiettivi:

a) perfezionare la distribuzione e la struttura delle singole aziende agrarie e delle case rurali per un sempre maggiore avvicinamento dei coltivatori alla terra;

b) migliorare l'assetto dei vecchi centri rurali (paesi e borgate) per elevare il tenore di vita delle masse lavoratrici della campagna;

c) favorire il decentramento delle industrie attinenti all'agricoltura allo scopo di promuovere la formazione di centri rurali ad economia mista (agricoltura, artigianato, piccola e grande industria);

d) incrementare i mezzi di comunicazione e di trasporto ed i servizi pubblici;

e) affiancare le iniziative già in corso per fronteggiare il preoccupante problema dello spopolamento delle zone montane.

4) Alla realizzazione di detti piani che costituiscono la prosecuzione ed il perfezionamento del programma di bonifica integrale promosso dal Regime occorrono opportuni interventi legislativi e creditizi dello Stato.

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