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DIFESA E VALORIZZAZIONE DELL’AMBIENTE FISICO E CULTURALE
80. Sono già stati rilevati i danni inferti dall’intenso sviluppo di questi decenni all’ambiente naturale e alle condizioni di vita del nostro paese ed è stato chiarito come la creazione di un rapporto equilibrato tra l’uomo e il suo ambiente costituisca una finalità della programmazione.
Di seguito sono indicate nelle linee generali le direttive di una politica di vasto respiro e di lungo periodo che consenta, attraverso un attivo intervento dello stato e della regione, di riparare i danni più vistosi, di contrastare le tendenze al deterioramento dell’ambiente, di creare le condizioni di una nuova civiltà del territorio, nella quale siano armoniosamente composte le esigenze della tecnica, della cultura, della natura.
Il primo gruppo di problemi riguarda l’ambiente fisico e culturale: difesa del suolo. tutela e valorizzazione delle risorse naturali, tutela del paesaggio, preservazione del patrimonio storico-artistico.
Difesa del suolo
81. L’impostazione data alla difesa del suolo dal programma economico nazionale 1966-70 - di cui si conferma la validità - richiede l’unitarietà dell’azione pubblica, resa difficile dalla ripartizione delle competenze oggi esistenti. Si profila l’esigenza di istituire un’agenzia per la difesa del suolo, capace di formulare e gestire un piano generale di interventi e di coordinare - d’intesa con le regioni - gli organismi pubblici operanti in questo campo.
La necessità di ampliare e di migliorare la manutenzione delle superfici boschive richiede inoltre un allargamento del demanio forestale. A questo scopo dovrà essere conferita all’azienda di stato la possibilità di acquisire superfici appartenenti ai demani comunali, di acquistare terreni di proprietà privata e, nei casi più emergenti, di sottoporre a vincoli di miglioria i terreni minacciati, sotto pena di espropriazione in caso di inadempienza.
L’azione di rimboschimento dovrà essere affiancata da un’azione preventiva, intesa alla conservazione degli ambienti silvo-pastorali, al recupero forestale di ampi territori, alla prevenzione dei gravissimi danni recati dal fuoco alla superficie forestale.
Sarà opportuno estendere la soluzione adottata per il regime idrografico del Po ad altri bacini idrografici istituendo magistrature responsabili della gestione di tutti gli interventi a monte e a valle, sulla base di piani regolatori dei bacini idrografici.
Tutela delle risorse naturali
82. Nel recente passato la utilizzazione delle risorse naturali, con riferimento oltre che al suolo ad alcune grandi categorie di beni ad utilizzazione collettiva - l’acqua, l’aria, la flora, la fauna - ha assunto caratteristiche di sfruttamento distruttivo, anziché di gestione razionale ed efficiente. In questo modo si sono depauperate - per fini economici di breve periodo e di interesse strettamente locale o settoriale - risorse insostituibili, di inestimabile valore per la collettività.
La politica di tutela delle risorse naturali si baserà sul riconoscimento pieno ed effettivo del carattere di beni collettivi di tali risorse. Il riconoscimento della funzione sociale della natura implicherà il rispetto del principio secondo il quale ogni deterioramento delle risorse naturali può essere in ogni caso orientata e contenuta, entro precisi limiti, utilizzando varie forme di azione pubblica, di prevenzione, di riparazione e di compensazione.
83. Le risorse idriche sono minacciate dal depauperamento e dall’inquinamento. Un bilancio nazionale delle risorse e dei fabbisogni idrici dovrà prevedere le esigenze di consumo e di produzione di acqua in relazione alle risorse, ivi comprese quelle ottenibili attraverso processi di desalinazione. Quanto all’inquinamento, è necessario predisporre una legge sulla disciplina generale delle acque, che contenga norme di conservazione, regolamento e distribuzione delle risorse idriche e di tutela contro l’inquinamento delle acque marine e delle acque interne.
84. La difesa contro l’inquinamento dell’aria va condotta con altrettanta energia. Occorre evitare la costruzione di impianti industriali che comportino particolari effetti di inquinamento in aree prossime a centri abitati, e curare che le zone destinate a nuovi insediamenti industriali vengano parzialmente urbanizzate. Occorre inoltre un più rigoroso controllo e una severa disciplina relativa all’impiego dei combustibili negli impianti termici e dei carburanti nelle auto; come pure una disciplina in materia di biocidi, di scorie radioattive, di inquinamento degli ambienti chiusi (locali pubblici e mezzi di trasporto).
85. Anche il depauperamento della flora e della fauna richiede provvedimenti di difesa, intesi a ristabilire l’equilibrio biologico. A questa esigenza dovrà ispirarsi una revisione della disciplina di caccia e pesca. Un apposito servizio per la protezione della natura dovrebbe sovraintendere alle attività di tutela e di conservazione del patrimonio floro-faunistico.
86. La difesa dell’ambiente naturale richiede una “politica del verde” basata su iniziative di grande respiro. Una nuova disciplina dovrà consentire di vincolare, nell’ambito dei grandi sistemi territoriali metropolitani dei quali si tratta più oltre, vaste unità ambientali da adibire a parco naturale, i parchi saranno di interesse nazionale, regionale o locale secondo la loro estensione, funzione e caratteristiche specifiche. La disciplina urbanistica dei parchi sarà differenziata secondo le esigenze specifiche che ciascuno di essi presenta: dal massimo della tutela in zone di riserva naturale assoluta al massimo di utilizzazione in zone atte a costituire parchi metropolitani attrezzati. È opportuno che le unità maggiori, di interesse nazionale, siano disciplinate in enti autonomi, opportunamente coordinati al centro. Le altre unità saranno disciplinate nell’ambito dell’ordinamento regionale.
La formazione dei parchi implicherà un’azione intesa all’espansione e al coordinamento della proprietà pubblica nelle zone agricole povere di collina e di montagna, ad eminente vocazione silvo-pastorale, Questa azione dovrà essere condotta attraverso una coordinata politica di acquisti, espropriazioni, cessioni e trasferimenti di terreni, che consenta di valorizzare come parchi e riserve naturali ampie superfici di boschi e di parchi, oggi praticamente abbandonate.
In appendice I sono indicate, sulla base di studi preliminari, le zone suscettibili di essere organizzate come parchi e riserve di preminente interesse nazionale.
Tutela delle bellezze naturali
87. La tutela delle bellezze naturali e del paesaggio rende necessaria la predisposizione di una “carta nazionale” dei luoghi da salvaguardare o da ripristinare, come base di riferimento per gli opportuni interventi.
Preservazione del patrimonio storico e artistico
88. L’immenso patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale di cui dispone l’Italia è oggi sottoposto a un grave rischio di deterioramento e di perdita, La comunità nazionale deve al riguardo assumere una precisa responsabilità, anche nei confronti della cultura mondiale.
Gli interventi si ispireranno alla preoccupazione di salvaguardare il primato dei valori e delle tradizioni della cultura nel processo di sviluppo, senza sottovalutare la funzione che i beni culturali svolgono anche a fini economici. A questo scopo sarà necessario, anzitutto, formulare un inventario completo di tutto il patrimonio storico, artistico e monumentale, attuare una revisione delle leggi e disposizioni esistenti, per definire con precisione i vincoli nella destinazione e nell’uso dei vari beni e le misure necessarie ad impedire il saccheggio del patrimonio stesso, che si sta compiendo da parte di privati e di mercanti; provvedere di mezzi finanziari adeguati, di mezzi tecnici moderni e di procedure di intervento agili e rapide le sovrintendenze; ampliare la proprietà pubblica nelle zone suscettibili di ritrovamenti archeologici.
89. Particolare rilievo dovranno assumere iniziative dirette alla protezione e alla valorizzazione dei centri storici. A un’azione di emergenza intesa ad arginare il deterioramento con opere di consolidamento, restauro e ripristino, si accompagneranno iniziative rivolte a promuovere la vitalità economica e sociale là ove i centri versino in condizioni di abbandono e di progressivo degradamento. Data la vastità del patrimonio rappresentato dai centri storici, occorrerà scegliere e definire un insieme di concrete operazioni che tengano conto della natura e dell’urgenza dei problemi da risolvere (particolarmente evidenti nel caso della città di Venezia). In alcuni casi queste operazioni dovranno costituire elemento di più complessi progetti, rivolti a dare un ordinato assetto metropolitano allo sviluppo di grandi città (con speciale riferimento a quelle indicate nel prospetto successivamente esposto).
Un forte impegno dovrà essere rivolto alla valorizzazione turistica dei centri stessi. Nuovi circuiti turistici, opportunamente predisposti dal punto di vista sia della “offerta” di attrezzature adeguate sia della promozione della “domanda”, dovranno consentire di diffondere su vaste parti del territorio nazionale, soprattutto nell’Italia centro-meridionale, i flussi turistici che oggi si concentrano in un limitato numero di aree, sovraccaricandole e congestionandole.
90. Va infine posto in rilievo - accanto all’azione di difesa e di valorizzazione - il debito che ogni generazione ha di arricchire il patrimonio estetico delle città.
Per un paese come l’Italia, dove ogni secolo ha lasciato un segno di arte e di bellezza, questa è una responsabilità particolarmente impegnativa. Una maggiore attenzione alle esigenze architettoniche, nel campo dell’edilizia pubblica, potrà evitare soluzioni dozzinali e sgradevoli e incoraggiare nuove espressioni artistiche.
ORIENTAMENTO DELLO SVILUPPO URBANO
91. Lo sviluppo urbano sarà forse l’aspetto dominante degli anni settanta. In Italia l’evoluzione verso grandi aggregati metropolitani è cominciata in ritardo rispetto ad altri paesi, ma sta procedendo con grande rapidità.
È in corso un processo di gravitazione urbana verso un ristretto numero di aree. Questo processo tende a svuotare e a impoverire il tessuto cittadino e la vita economica e sociale di vaste zone, e a creare condizioni di sovraccarico e di congestione nelle aree di afflusso.
Se si proiettano nel futuro le attuali tendenze, si può prevedere che nel 1980 il 37%della popolazione italiana sarà concentrata in otto aree metropolitane (Milano, Napoli, Roma, Torino, Genova, Firenze, Palermo, Bologna) che rappresentano il 4% della superficie, e che nel 2000 tale percentuale salirà al 45%.
È necessario contrastare questo movimento centripeto attraverso un’attiva politica che si proponga di realizzare un nuovo tipo di civiltà urbana. Essa si fonderà su due premesse. La prima è il riconoscimento della necessità dell’evoluzione urbana verso dimensioni “metropolitane”. Soltanto a certe dimensioni è possibile infatti assicurare ai cittadini i beni e i servizi propri di una società evoluta. La seconda è l’esigenza che tale processo si verifichi in modo equilibrato, all’interno di ogni area urbanizzata e nei rapporti tra le varie aree.
92. Queste due esigenze possono essere soddisfatte con un nuovo modello di sviluppo urbano che preveda la realizzazione - nel lungo periodo - di una serie di “sistemi di città” (o “metropolitani”) i quali dovrebbero: presentare proporzioni e dimensioni non molto diverse l’uno dall’altro; coprire l’intera area urbanizzata del territorio nazionale; assicurare al loro interno una ripartizione e organizzazione dello spazio e dei servizi tali da consentire a tutti i cittadini facili e rapidi accessi alle attività di lavoro e di tempo libero; rispettare e valorizzare le caratteristiche differenziali -storiche, tradizionali e culturali - del territorio.
93. I sistemi metropolitani non devono essere quindi intesi come aree urbanizzate compatte, disposte attorno ad un unico centro, ma come strutture articolate e policentriche. Ciascuno di essi sarà naturalmente configurato in modo diverso: alcuni sistemi si fonderanno su un centro urbano di maggiori dimensioni, collegato a centri minori; altri su una rete di centri equivalenti, variamente collegati e integrati tra loro. Ciascun sistema dovrà comunque presentare certi requisiti e misure fondamentali, riguardanti: la consistenza demografica minima; i tempi di percorrenza massimi all’interno di ciascun sistema; la presenza di una organizzazione economica complessa e differenziata, capace di offrire possibilità di lavoro in un’ampia gamma di attività produttive; la presenza di un minimo di istituzioni e attrezzature e servizi civili, sociali e culturali; le disponibilità di spazio per il tempo libero.
Di tali misure e requisiti si forniscono alcune indicazioni orientative nell’appendice.
94. La compiuta attuazione di una rete nazionale di sistemi metropolitani costituisce naturalmente un problema di lungo periodo, che si porrà per varie decine di anni. Ciò non significa che la sua realizzazione non imponga misure urgenti. Al contrario, la forza delle attuali tendenze centripete è tale che soltanto un’azione vasta e vigorosa, da intraprendere nei prossimi anni, potrà arrestarne il corso e porre le premesse per la progressiva attuazione dei nuovi indirizzi. Questo impegno richiede la determinazione di orientamenti precisi quanto al “disegno” generale dei sistemi, e la predisposizione di politiche e di interventi urbanistici.
95. Nell’appendice I si presenta un disegno dei sistemi metropolitani, quale può essere fin d’ora configurato - in forma ancora approssimativa - sulla base di una prima indagine. Tale disegno servirà come base per le consultazioni che si svolgeranno nella fase di predisposizione del programma economico nazionale 1971-75, che determinerà i contorni geografici dei vari sistemi. Fin d’ora è possibile definire alcuni criteri essenziali.
96. Sarà opportuno distinguere i sistemi fondati sulla base delle attuali principali aree metropolitane, dai sistemi di riequilibrio e dai sistemi alternativi. Nei riguardi dei primi l’intervento dovrà essere rivolto principalmente alla decongestione e al decentramento interno, contrastando le tendenze all’ulteriore concentrazione.
Sistemi di riequilibrio saranno considerati quelli adiacenti alle attuali aree metropolitane, che presentano condizioni atte a un rapido sviluppo metropolitano, ma che rischiano di essere attratti nell’area di gravitazione delle suddette aree. Nei riguardi di questi sistemi sarà necessario adottare politiche urbanistiche, imprenditoriali e di trasporto che ne rafforzino le tendenze alla coesione e indeboliscano l’attrazione esercitata dai sistemi del primo tipo.
I sistemi del terzo tipo comprendono zone più lontane dalle attuali aree di gravitazione. La progressiva realizzazione di tali sistemi costituisce una vera e propria alternativa rispetto alle attuali tendenze centripete. Naturalmente una politica di realizzazione di sistemi alternativi comporta l’adozione di determinati ordini di priorità. In una prima fase, corrispondente grosso modo al prossimo decennio, sarà necessario concentrare l’azione pubblica sulla realizzazione di un primo gruppo di sistemi, che riveste particolare importanza ai fini dell’ordinamento policentrico dell’assetto territoriale nazionale e che presenta al tempo stesso tutte le condizioni per uno sviluppo economico e urbanistico intensivo. Nell’appendice I questo gruppo è individuato nei sistemi friulano-giuliano al nord, toscano inferiore e umbro-laziale al centro e nei sistemi del territorio pugliese, della Sicilia occidentale e della Sardegna meridionale al sud.
97. La progressiva realizzazione di sistemi metropolitani secondo i criteri generali indicati, comporta la destinazione alle infrastrutture urbane di risorse molto più ampie di quella finora rese disponibili e l’attuazione di politiche urbanistiche, di trasporti metropolitani e di infrastrutture coordinate, sia nell’ambito nazionale sia con le regioni.
98. Quanto alle politiche necessarie per realizzare concretamente la rete dei sistemi metropolitani, sarà opportuno che per ogni sistema urbano si elabori un progetto specifico e che nell’ambito di ciascun progetto siano definite le responsabilità degli organi nazionali e di quelli regionali.
I progetti metropolitani dovranno, sulla base di una rigorosa ricognizione delle caratteristiche di ciascun sistema e dei fattori limitativi del suo sviluppo, definire le esigenze di intervento nel campo delle infrastrutture e dei servizi sociali e culturali, in quello economico-produttivo, in quello residenziale, in quello dei trasporti e delle comunicazioni.
Dovranno in particolare essere definite, nell’ambito dei territori compresi in ogni sistema: le nuove aree residenziali; le aree destinate ad accogliere i servizi urbani di ordine superiore (istruzione superiore, università, ricerca, centri direzionali); le aree produttive; le aree di salvaguardia naturalistica e artistica; le aree destinate al tempo libero (parchi, aree archeologiche e monumentali, riserve naturalistiche, itinerari panoramici); le aree destinate alla saldatura dei differenti sistemi di trasporto, metropolitani e nazionali.
RIASSETTO DELLE ZONE POVERE
99. Le direttive più oltre delineate sulla politica agricola pongono in evidenza il problema di un’azione a favore del mondo rurale, non circoscritta nell’ambito del settore agricolo ma rivolta a una più ampia promozione della vita rurale e basata su molteplici forme d’intervento in vari settori. Per quanto riguarda l’assetto del territorio, questa direttiva implica una precisa delimitazione delle “zone povere” e di progetti specifici di intervento in ciascuna zona. Tali progetti, elaborati in sede regionale nell’ambito degli schemi di sviluppo economico e di assetto territoriale, dovranno essere inseriti nel piano e successivamente attuati secondo la ripartizione delle competenze tra stato e regioni, in modo coordinato.
SISTEMA DEI TRASPORTI E DELLE COMUNICAZIONI
100. I grandi spostamenti di popolazione e il ritmo dello sviluppo economico a livelli di reddito via via più elevati intensificheranno fortemente la “mobilità geografica” nell’ambito del sistema economico italiano e tra questo e gli altri sistemi, Si può stimare per il 1980 un raddoppio del volume di merci trasportate, una quadruplicazione del traffico dei passeggeri, un raddoppio del traffico internazionale.
Le infrastrutture di trasporto dovranno adeguarsi a questo volume di domanda. Ciò richiederà anzitutto la destinazione di risorse finanziarie che si possono calcolare dell’ordine di quattro volte quelle attualmente disponibili.
101. La politica dei trasporti si proporrà, come obiettivi essenziali, il profondo inserimento dell’Italia nella rete dei flussi di traffico internazionale e la realizzazione di eguali possibilità di accesso a tutti i punti del territorio per tutti i cittadini. La scelta tra i vari mezzi di trasporto dovrà essere effettuata in modo che siano utilizzate al massimo le capacità e le caratteristiche di ogni mezzo; che sia minimizzato l’ingombro; che sia massimizzata - attraverso l’integrazione dei mezzi - la rapidità e l’economia totale dei flussi di trasporto.
Tali scelte dovranno essere compiute, per quanto possibile, sulla base di analisi di costi e di benefici, nell’ambito di progetti raggruppabili nelle seguenti principali categorie: collegamenti internazionali; collegamenti tra i sistemi metropolitani (rete primaria); collegamenti interni ai sistemi metropolitani (rete metropolitana).
102. Per quanto riguarda tipi di infrastrutture di trasporto (valichi, trafori, porti, aereoporti, strade, ferrovie) si forniscono in appendice alcune indicazioni specifiche, che potranno - dopo la fase di consultazione - costituire la base dei progetti inseriti nel piano.
Una volta completata la rete autostradale e il sistema dei collegamenti stradali e ferroviari internazionali attraverso le Alpi, l’impegno dovrà essere concentrato:
a) sulle infrastrutture portuali, opportunamente differenziate secondo le funzioni specifiche (grandi sistemi portuali continentali dell’alto Tirreno e dell’alto Adriatico; grandi sistemi portuali peninsulari del basso Tirreno e del basso Adriatico; porti di cabotaggio; porti pescherecci; porti turistici, porti industriali e petroliferi) e modernamente attrezzate, specie per quanto riguarda le nuove tecniche di trasporto attraverso contenitori;
b) nel sistema degli aeroporti intercontinentali e regionali;
c) nel sistema ferroviario, sia per quanto riguarda il traffico di lunga distanza, specie di merci, sia per quanto riguarda la più fitta trama dei trasporti metropolitani.
Un’importante funzione dovrà inoltre essere assolta, nell’ambito della viabilità, dalle autostrade urbane e dai collegamenti tra sistemi metropolitani intesi a correggere le attuali tendenze centripete dell’assetto territoriale.
103. Importanza crescente dovrà assumere, in relazione all’esigenza generale di una più stretta integrazione tra i vari sistemi di trasporto, la costituzione di centri interregionali di raccolta e smistamento delle merci, in corrispondenza di grandi terminali di trasporto, specialmente marittimo.
ISTITUZIONI DELLA POLITICA TERRITORIALE
104. Le direttive generali delineate in merito alla politica territoriale nei suoi vari aspetti implicano la soluzione di importanti problemi istituzionali. Il primo riguarda la definizione e la distinzione delle responsabilità e delle competenze attribuite allo stato e alle regioni.
Le soluzioni che si adotteranno nell’applicazione del dettato costituzionale dovranno tener presente l’esigenza di mantenere, pur nella distinzione delle diverse sfere di autonomia e di responsabilità, il carattere unitario degli interventi. A tal fine sembra necessario che ogni soluzione concreta si ispiri non tanto alla preoccupazione di ripartire le competenze per materie o per settori secondo linee di demarcazione astratte ed arbitrarie, quanto al criterio di individuare - per ogni materia o settore di intervento - i progetti specifici, nell’ambito dei quali possano essere individuate le rispettive zone di autonomia e di responsabilità. Una programmazione concepita come una serie di operazioni concrete e organiche non si adatta a ripartizioni di competenze troppo rigide e astratte.
105. Nell’ambito delle responsabilità di politica territoriale dovranno essere anche considerati i numerosi strumenti di intervento oggi esistenti, come il piano di coordinamento degli interventi ordinari e straordinari nel Mezzogiorno, il piano di coordinamento degli interventi nelle zone depresse e nei territori montani dell’Italia settentrionale e centrale, il piano di coordinamento degli interventi in agricoltura, i piani generali degli acquedotti e dei metanodotti, i piani per la costruzione di autostrade, il piano di rinnovamento delle ferrovie dello stato, i programmi per l’edilizia scolastica e ospedaliera, il programma per la difesa del suolo.
Ciascuno di questi programmi implica interventi sul territorio che non possono essere concepiti indipendentemente l’uno dall’altro, secondo una logica “dipartimentale”. La programmazione per progetti dovrà consentire di impostare i vari interventi sulla base di una visione unitaria. Essa richiede quindi l’esistenza, all’interno del governo, di un centro di responsabilità unitario per l’assetto del territorio.
106. Infine, le direttive delineate nei precedenti paragrafi richiedono, per essere attuate, un’estensione dell’area della proprietà pubblica dei terreni, soprattulto nei territori destinati a pascoli e riserve naturali o interessali da intensi processi di urbanizzazione, con le forme di acquisizione che si riveleranno più opportune nei singoli casi.