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Eddytoriale 18 (20 giugno 2003)
17 Maggio 2006
Eddytoriali 2003
20 giugno 2003 – Piccoli scempi crescono. Il caso di piazza della SS Annunziata, il gioiello di Brunelleschi a Firenze, è particolarmente vistoso (sebbene pochi l’abbiano visto) ma non è certo l’unico né il più grave. Mi sembra significativo d’un clima di rilassatezza verso la cura del patrimonio comune. Un clima certo favorito dal dilagare del berlusconismo, ma solo come il caldo e l’umido favoriscono il proliferare di nefaste colonie di perniciosi germi. I germi c’erano già.

Non a caso, la leadership di Firenze non è berlusconiana, come non lo era quella di Venezia quando si sono lasciate esibire le automobili a piazza San Marco e si sono cancellate le norme che ostacolavano i fast food e gli affittacamere. Del resto, la politica di privatizzazione/liquidazione dei beni culturali dell’attuale governo non era stata innescata dai precedenti governi “alternativi”? Lo hanno raccontato sia Stefano Settis sia Giuseppe Chiarante, come i lettori di Eddyburg sanno bene.

Non ho nessuna intenzione di fare d’ogni erba un fascio e di dire che tutti sono uguali. Il problema è questo: se chi deve difendere il patrimonio comune dal saccheggio degli altri non ha valori diversi, non esprime una diversa idea di società, non riuscirà ad essere convincente nel tentativo di mobilitare chi sente il regime di Berlusconi come una vergogna e un delitto. E – seppure riuscirà a battere l’antagonista sul campo elettorale – non riuscirà a governare durevolmente.

Il problema della sinistra, e del centro democratico, è in primo luogo questo, e questo è il problema dell’Ulivo (allargato, come spero, o meno). Da quali valori ripartire, su quali valori costruire la propria identità, per quali valori chiedere il consenso? Non dovrebbe essere difficile individuare nella solidarietà, nella responsabilità verso il futuro, nella tutela del patrimonio fondante della propria storia, nel primato del lavoro, nella custodia dei diritti personali, nell’eguaglianza di fronte alla legge i cardini di in sistema condiviso di valori.

Più difficile, però, il passo successivo. Comprendere che solidarietà deve anche significare vivere la diversità dell’ altro non solo una particolarità da rispettare, ma una ricchezza da amare. Comprendere che la responsabilità verso il futuro (sostenibilità) comporta il sacrificio nell’immediato di alcune comodità e privilegi, e l’abbandono di molte miopie. Comprendere che i diritti personali hanno la loro garanzia di base (e insieme il proprio limite) nel diritto comune. E comprendere che vi sono valori che le leggi dell’economia non sono (ancora?) in grado di apprezzare, che il mercato non sa riconoscere. Che vi sono beni, insomma, non riducibili a merci: come la dignità del lavoro, come le qualità dell’ambiente, come i patrimoni della cultura e della storia.

Che quest’ultima realtà sia stata così rapidamente dimenticata a sinistra dimostra quanto superficiale e scolastica fosse stata la comprensione dell’analisi marxista della società.

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