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Eddytoriale 134 (13 novembre 2009)
18 Dicembre 2009
Eddytoriali 2008-2009

Non bastano le Grandi opere avviate senza sapere se raggiungeranno lo sc opo (come il MoSE a Venezia e il Ponte sullo Stretto, dove i treni non passeranno mai), e intanto devastano il territorio e dilapidano le risorse finanziarie del paese (aumentando il debito di chi è appena nato o nascerà nei prossimi anni). Non basta la rinuncia a qualsiasi iniziativa che valga ad arrestare il consumo di suolo, particolarmente grave nel nostro paese grazie alla sua orografia, alla densità di lasciti della storia e al rifiuto dei governi nazionali e regionali di contrastarlo (a differenza di quanto avvieni negli altri paesi europei).

Tutto questo non basta. Ecco che arriva una vergognosa legge bipartisan che, col pretesto di costruire stadi, dà il via alla “più grande speculazione urbanistica nelle città italiane dal Dopoguerra”, come ha scritto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.

In Italia il pensiero prevalente ritiene che la pianificazione delle città e del territorio sia un optional: sembrano non sapere che in tutti i paesi liberali è una prassi, e un sistema di regole, praticate da due secoli, con continuità e serietà, per consentire che l’uomo, sul territorio e nelle città, viva bene, ordinatamente, senza subire il disordine, la congestione del traffico, il disagio urbano, la mancanza di servizi essenziali per la vita sociale e personale, la difficoltà di trovare alloggi a prezzi sopportabili.

In Italia solo in poche stagioni la pianificazione è stata praticata. Il suolo, la madre Terra, non è stato considerato dai più (e dai più potenti) come una risorsa scarsa da utilizzare con parsimonia, ma come una macchina per fare soldi trasformandola in terreno edificabile. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, fino a metà degli anni Ottanta, si è tentato di pianificare. I risultati devastanti del boom edilizio dei primi decenni del dopoguerra aveva fatto comprendere che bisognava cambiare strata, che il territorio va aministrato con saggezza: con la pianificazione. Negli ultimi vent’anni si è tornati al passato: via la pianificazione, ciascuno faccia del territorio ciò che vuole. Ed ecco le deroghe alla pianificazione, il condono dell’abusivismo, l’incoraggiamento al consumo di territorio, il via libera alle iniziative immobiliari.

L’ultimo colpo, l’orrenda legge, già approvata dalla commissione del Senato in sede deliberante, che sta passando adesso l’esame dell’altro ramo del Parlamento. Il titolo ipocrita è “disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale”. Sembra una legge per favorire lo spettacolo sportivo, per ristrutturare e realizzare nuovi stadi. No. L’obiettivo della legge è consentire la realizzazione di “complessi multifunzionali”: insieme allo stadio si può costruire un nuovo quartiere, con centri commerciali, alberghi, attrezzature di svago, culturali e di servizio, insediamenti residenziali e direzionali, da realizzarsi attorno allo stadio o addirittura in aree ad esso non contigue.

Prima pesante infrazione alla legalità urbanistica e al buonsenso: si costruiscono nuove città e si cementificano centinaia di ettari al di fuori di ogni pianificazione del territorio, dell’ambiente, del paesaggio. Seconda infrazione: il potere di trasformare radicalmente l’assetto del territorio è sottratto alla pubblica amministrazione ed è attribuito a chi ha i soldi, puliti o sporchi che siano, al di fuori da qualunque interesse pubblico.

La cosa più allarmante è la scarsissima eco che questa folle iniziativa ha avuto. La proposta di legge è stata approvata all’unanimità nella commissione senatoriale. L’hanno criticata solo Legambiente, con un ottimo comunicato stampa che denuncia tutti gli aspetti devastanti del provvedimento, Roberto Musacchio e Mirko Lombardi sul quotidiano L’Altro, Vezio De Lucia su eddyburg.it. Ma i giochi non sono fatti. Non è ancora troppo tardi per bloccarla.

Questo articolo è stato postato su Tiscali l'11 novembre 2009, e lì riceve numerosi commenti. Suggerisco a frequentatori di eddyburg di andare a leggerli, perchè rivelano in modo inquietante come pensano moltissimi italiani.

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