Ci sarà sempre meno verde nell’hinterland milanese. Quanto saranno sviluppati tutti i piani di governo del territorio nei comuni, l’area urbanizzata schizzerà dal 34 al 42,7 per cento. La soglia di sostenibilità del 45 per cento. «Oltre quel dato i terreni non garantiscono più la rigenerazione ambientale» spiega Maria Cristina Treu, docente del Politecnico che ha curato lo studio insieme alla Provincia. Di questo passo, la città infinita divorerà i campi e l’ambiente. Ma ci sono comuni che si ribellano. E nascono comitati che dicono no.
Paolo vive da cinque anni ad Abbiategrasso. «Ho scelto di vivere qui perché Milano era diventata impossibile. Ma ora tutt’intorno a me stanno sorgendo nuovi cantieri. E il traffico si è quintuplicato. La pace che cercavo non c’è più». L’area del Milanese ormai è satura. Il punto è che non è affatto finita qui: «In provincia rischiamo ormai di superare la soglia tollerabile di consumo di suolo», spiega Maria Cristina Treu, docente del Politecnico. Dallo studio che ha curato insieme alla Provincia si ricava che quando saranno sviluppati tutti i piani di governo del territorio vigenti, nei comuni dell’hinterland la percentuale dell’area urbanizzata schizzerà dal 34 al 42,7 per cento. La soglia di sostenibilità definita dal piano territoriale di coordinamento provinciale è del 45 per cento, in linea con i valori definiti da tutta la letteratura scientifica sul tema. «Oltre quel dato, i terreni non garantiscono più la rigenerazione ambientale».
Ma in molte aree il livello minimo è stato già abbondantemente superato. Non solo nella prima cintura urbana di Milano, dove si è già al 70%: nella Brianza delle Groane - l’area tra Varedo e Lentate - è del 66%, l’area del Sempione - tra Rescaldina e Rho - è intorno al 60 per cento. E ci sono comuni come Cusano Milanino e Sesto San Giovanni dove ci si avvicina pericolosamente al 100 per cento. Ad abbassare la media provinciale è la zona sud-sudovest: il comune meno urbanizzato è Morimondo, seguito da Besate e Nosate e al di sotto del 20 per cento si colloca, per ora, anche Abbiategrasso. Ma è proprio in queste aree che sta esplodendo il conflitto tra urbanizzazione e bisogno di ambiente: chi è fuggito dalla giungla metropolitana ora si ritrova di nuovo assediato dal cemento e non ne può più. A contenere l’espansione della città resta il Parco agricolo sud - urbanizzazione pari al 19% - ma proprio lì si concentrano le mire dei grandi gruppi di costruttori. D’altronde le stime del Cresme - il centro di ricerche economiche sociali di mercato per l’edilizia e il territorio - valutano che entro il 2016 ci sarà una domanda di «Costruire significa, per i comuni, incamerare oneri di urbanizzazione», spiega Damiano Di Simine, di Legambiente, che sta organizzando, per il 7 novembre, un convegno sul consumo di suolo in provincia. Una sorta di "business del suolo" che Pietro Mezzi, assessore provinciale al territorio in quota Verdi, vuole tentare di governare: «La crisi della finanza locale, stretta tra patto di stabilità e riduzione dei trasferimenti, sta portando molti piccoli paesi dell’hinterland a utilizzare gli oneri di urbanizzazione, sempre meno vincolati alla creazione di aree verdi, per alimentare i servizi comunali». Che questo poi determini l’anarchia, non lo dice un ambientalista ma Mario Breglia, presidente dell’istituto di ricerche "Scenari immobiliari": «Non esiste una programmazione integrata del territorio, ogni comune va per conto suo. Il risultato è che ormai i milanesi non si spostano più a Monza, dove per costruire si pagano 5-6mila euro al metro quadro, o a Rho, dove i valori sono tra i 4 e i 5mila, ma direttamente fuori regione, nel Piacentino o nel Novarese, dove il costo della casa scende a 2000 euro a metro quadrato».
Il peccato originale di Milano, spiega Treu, è la sua dimensione: troppo piccola. Questo fa sì che sia al primo posto, in Italia, per indice di occupazione del suolo. E così il conflitto si sposta verso la prima fascia e il cemento punta a erodere parchi e giardini. «Ormai qui siamo arrivati alla saturazione - attacca Biagio Latino, del comitato di Segrate - non possiamo più andare avanti».
Per Claudio De Albertis, presidente dell’associazione costruttori di Milano, «una certa intelligente edificazione si potrebbe anche pensare in certe aree del parco sud, al di qua della tangenziale. Bisogna capire se il parco ha questa volontà». Milano ha perso il 16 per cento della popolazione negli ultimi vent’anni, spiega, anche se negli ultimi due c’è un’inversione di tendenza: «L’mmigrazione certo, ma c’è anche qualche segnale di ritorno da parte dei milanesi che erano andati a vivere nella prima o seconda fascia. Secondo noi l’unica soluzione è demolire e ricostruire quartieri periferici in abbandono, ricomporre i margini della città». In alternativa, gli imprenditori cercano aree tra Rozzano e Milano, ad Appiano Gentile, a Settimo Milanese. Oppure ambiscono ad aree come il parco del Grugnotorto, polmone verde tra Cinisello Balsamo, Muggiò e Paderno Dugnano, avviando interminabili contenziosi amministrativi.
Ma sono gli stessi comuni a sentirsi stretti nei vincoli dei parchi. «Su venti chilometri quadrati del nostro territorio, 18 sono in area parco - protesta Franco Toscano, vicesindaco di Rosate - questo significa che non abbiamo più possibilità di espansione. Noi non vogliamo ridiscutere il parco, vogliamo però verificare la possibilità di individuare una crescita minima che consenta alle nuove coppie di non andare fuori città e alle aziende del posto di evitare la delocalizzazione».
Dai campi di Segrate al parco Sud la rivolta di chi non vuole le ruspe
Biagio Latino calcola che fino a dieci anni fa ci fossero sette agricoltori a Segrate. Ora hanno smesso di lavorare la terra. «Perché i proprietari terrieri hanno lasciato deperire i campi per renderli poi edificabili. Eppure oggi, con l´impennata dei prezzi del granturco, un valore economico ci sarebbe, nell’agricoltura, anche qui». Latino, consigliere comunale dei Verdi, è alla testa del comitato cittadino che si batte contro il nuovo centro commerciale. Ma non si batte tanto per il ritorno all’agricoltura a Segrate quanto per lo stop alla costruzione di nuovi quartieri residenziali in un centro già congestionato. «La prossima battaglia riguarda il centroparco - spiega Latino - ci è stata presentata come un’area verde, in realtà è un nuovo insediamento». Segrate è uno dei centri dell’hinterland dove da anni cova il conflitto ambientale: petizioni, manifestazioni di protesta, ricorsi amministrativi. Tutto va bene per impedire la nuova cementificazione.
A Vaprio d’Adda, ai confini tra la provincia di Milano e quella di Bergamo, è nato un comitato che propone un referendum contro il piano di governo del territorio proposto dall’amministrazione. A Milano, invece, sono in mobilitazione i comitati che cercano di difendere il parco agricolo sud minacciato, dice Roberto Prina, della rete dei comitati "verde, aria, acqua". Proprio oggi ci sarà una festa in una cascina in zona Barona. «In quell’area bisogna resistere alle speculazioni di grossi gruppi edilizi che minacciano l’integrità del parco, in primis Ligresti», spiega Damiano Di Simine, di Legambiente. A Viboldone, frazione di San Giuliano, è agguerritissima l’azione di un comitato capeggiato da Paolo Rausa contro l’abbattimento di un borgo agricolo. «Abbiamo coinvolto anche il ministero dei Beni ambientali - spiega - per noi è una battaglia decisiva». Anche la Provincia ha presentato un ricorso contro il Comune nel quale si richiama il vincolo che riconosce «le caratteristiche di grande valore ambientale» dell’abitato di Viboldone in quanto «il territorio che lo circonda ha mantenuto a tutt’oggi significative caratteristiche dell’iniziale modificazione sul paesaggio operata dagli Umiliati che ebbero qui sede dal 1187 nell’abbazia omonima».
Uno scontro tra esigenze di edificazione e difesa dell’ambiente è in corso anche a Pozzuolo Martesana. Anche lì si è formato il comitato cittadino "Primo marzo" che contesta il piano di governo del territorio: sono previsti duecentomila metri quadri di lottizzazione destinati alla logistica. E anche in quel caso la Provincia ha proposto un suo ricorso contro l’amministrazione comunale. Tra le vertenze ambientali più spinose anche quella di Cernusco sul Naviglio, dove si vuol rendere edificabile un’area tra l’Ikea - che però è in territorio di Carugate - e il Carrefour. Altre battaglie sono in corso a Desio, dove la Regione ha nominato due anni fa un commissario ad acta per uno scontro tra Provincia e Comune, e a Corsico, dove si contesta il raddoppio della linea ferroviaria. Senza parlare delle proteste contro la Brebemi e contro la tangenziale esterna Est che rischia di "urbanizzare" tutti i comuni attraversati.
Forse al lettore frettoloso può essere sfuggita l’osservazione, incolpevolmente riportata dal giornalista: “Per Claudio De Albertis, presidente dell’associazione costruttori di Milano, una certa intelligente edificazione si potrebbe anche pensare in certe aree del parco sud”. Proprio qualche giorno fa in un intervento di non particolare rilievo, un noto architetto milanese lamentava sulle pagine dello stesso quotidiano l’assenza di una politica della greenbelt metropolitana. De Albertis ecco che ne offre una, naturalmente con “intelligente edificazione” magari pure dietro qualche slogan “comunità sostenibili” o simili, chiamando paesaggisti, o qualche firma di prestigio internazionale new urbanism, ecc. Con quanto successo nel dibattito britannico sul medesimo tema, nel medesimo quadro di destra rampante e ex sinistra votata a “riformarsi” comunque e quantunque, i presupposti ci sono tutti, per ripetere quanto sta accadendo oltre Manica. Ovvero si crea un’emergenza (l’Expo potrebbe funzionare benissimo, mescolata di sponda a qualche altra cosa) con relativa grossa campagna di stampa, in fondo basta copiare la serie di articoli che ad esempio il Guardian ha dedicato al tema in questi anni, e il gioco è quasi fatto. Ne consiglio la lettura, di questi articoli: stanno quasi tutti nella cartella Spazi della Dispersione di eddyburg_MALL sia tradotti in italiano che in originale, per chi volesse (f.b.)