«Il cemento del potere - Storia di Emilio Colombo e della sua città» fu il pamphlet dello scrittore e storico Leonardo Sacco che nel 1982 squarciò il velo su Potenza, «città a misura di ministro», contribuendo a inquadrare in termini più politici il sacco urbanistico del capoluogo lucano. Un saccheggio certamente inserito nel disastro ambientale che la classe dirigente democristiana era andata compiendo nella penisola. Ma a Potenza la tragedia aveva anche connotati squisitamente meridionali, emanazione di un «partito dell'edilizia» che sovrastava qualsiasi altro gruppo di potere, con investimenti che diventavano sempre più fini a se stessi, e in genere lontani da indici corretti di sviluppo. Insomma, l'affermazione di una sorta di «baronato edile urbano» famelico e distruttivo dei caratteri della storia della città.
Cristo si è fermato a Matera
La Lucania però, è stata anche terreno di sperimentazioni urbanistiche d'avanguardia nell'altro capoluogo di provincia, quella Matera che la presenza di un nucleo antico di grande pregio come i Sassi, oltre allo straordinario effetto che ebbe ovunque il racconto dell'avventura di Carlo Levi, avrebbe portato all'attenzione di tutti in Italia e all'estero e ne avrebbe fatto centro di discussioni culturali e politiche. Ma soprattutto, uno dei laboratori dell'urbanistica italiana del dopoguerra. Fu così che si venne formando un'idea della città in cui gli interventi, nei tre settori in cui è possibile dividerla (centro antico-Sassi, centro storico, nuovi insediamenti), avrebbero dovuto avere un andamento armonico e razionale, l'uno in funzione dell'altro. Le cose non andarono così, ma la storia di quel passato in cui Matera divenne punto di riferimento per l'urbanistica italiana più avveduta, è fondamentale per capire quello che sta accadendo adesso in un territorio governato dal centro sinistra in tutte le sue varianti.
Il grido d'allarme che un gruppo di intellettuali da sempre attenti allo sviluppo sostenibile della città ha lanciato dalle colonne di un numero speciale di Basilicata, vecchio giornale di battaglia che ha contribuito in passato all'apertura di inchieste e dibattiti (vedi l'articolo a lato), ha urtato una classe dirigente che non sa reagire alle critiche. Prevale un mugugno tutto meridionale, mitigato da repentine e non molto credibili aperture alla società civile, nell'illusione di andare avanti come se niente fosse, quando invece è evidente che a Matera non sta scoppiando soltanto una questione locale. Perché, in modo del tutto particolare, si intravede una questione più ampia, cioè la linea che il centro sinistra in tema di urbanistica e di «nuove manipolazioni edilizie» sta portando avanti da tempo in molte città meridionali (e italiane) governate dallo stesso schieramento. Ma quali sono i punti che stanno stravolgendo ulteriormente la città lucana? Si va dai palazzoni del centro direzionale con volumetrie ingiustificate, alle operazioni speculative della zona 33 di ingresso alla città, con quello che ironicamente la popolazione ha battezzato il grattacielo, dai complessi residenziali dell'ex Mulino Padula che grava sui Sassi come un orrendo mostro, all'espansione di una città di cinquantamila abitanti che porta alle estreme conseguenze la divaricazione degli anni Settanta.
Una mirabile costruzione tufacea
Nei Sassi non va meglio. Oltre a tagliare cipressi secolari per far posto a ridicoli parcheggi, si va a tentoni con interventi spesso demandati ai privati che disaggregano un sito storico che ha valore solo nella sua interezza e nel suo rapporto con la Murgia dirimpettaia. Oltre che con il retroterra delle cave di estrazione del tufo, ancora abbandonate a se stesse quando invece potrebbero essere il «biglietto da visita» di una cultura del lavoro di grande pregio (i Sassi sono una mirabile costruzione tufacea di grande ingegneria spontanea e non una teoria di grotte). Colpisce in tutto questo l'intreccio tra imprese, tecnici del comune e politici, come se la storia del passato non avesse insegnato nulla. E mentre è difficile mettere il naso nel vespaio di ditte edili, dove spicca la solita impresa Tamburrino, più facile è indagare sull'intreccio tra politici e tecnici comunali. Nel marzo scorso la magistratura ha arrestato il capo dell'ufficio tecnico comunale, architetto Franco Gravina, che oggi è ritornato al lavoro al comune (con altre mansioni). Il tecnico è inquisito per la discutibile gestione dei «Progetti integrati di sviluppo urbano», un affare da 32 milioni di euro. Lo stesso Gravina, insieme all'ex assessore Vincenzo Santochirico, sta poi dietro alla «Eolica Craco», una società edile costituita con l'ambigua copertura delle firme delle mogli, che si propone di costruire, contrastato da un movimento di protesta, la megacentrale elettrica tra Ferrandina e Pisticci.
Racconta Leonardo Sacco, memoria storica delle forze democratiche lucane oltre che direttore di Basilicata: «Il quadro della manipolazione edilizia, sia negli antichi rioni che nella parte nuova della città, è sconcertante. Si impongono oggi riflessioni rigorose, fuori dagli attendismi fiduciosi che fino a poco tempo fa hanno caratterizzato molti convegni. Il fatto è che Matera si è distinta nel panorama dell'urbanistica italiana degli anni Cinquanta del secolo scorso per effetto di un movimento culturale che però allora non poteva riscuotere una convinta partecipazione, per il proibitivo clima politico nazionale e le chiusure della tradizionale società locale. Oggi Matera può essere compresa nella media della cattiva urbanistica nazionale, ma qui è più grave per il suo passato. I poteri locali hanno agito fuori e contro piani e progetti. Hanno avviato con enormi ritardi e maldestri interventi il risanamento degli antichi quartieri dei Sassi, e hanno manipolato fino a travolgerla la pianificazione della parte nuova della città». «Il problema - prosegue lo storico ed ex deputato comunista Raffaele Giura Longo - è che nell'ultimo decennio, dominato dal centro sinistra con tutta la sinistra parte attiva (e qui è l'amarezza per noi), si è irrobustita, non solo negli eredi dell'ex democrazia cristiana, la pratica degli affari personali delle lobby di carta, in cui l'intreccio di interessi tra imprese edili e amministratori ha avuto il sopravvento sulla politica un tempo vigile delle sinistre materane. La pubblica amministrazione, in pratica, assume un ruolo centrale nel selezionare uomini e interessi da avvantaggiare, attraverso un sapiente e mai disinteressato uso del go-and-stop, applicato in versione aggiornata: si fermano negli uffici le pratiche spesso più equilibrate e razionali per accelerare quelle più consone agli interessi lobbystici, che a conti fatti risultano essere anche le più improvvisate e rozze».
Alfonso Pontrandolfi, tecnico ed esperto di bonifica, aggiunge: «La contraddizione più appariscente dell'attuale situazione è la permanenza in posizione dominante delle tradizionali forze consolidatesi nel tempo, sia intorno alle politiche espansive urbano-edilizie, sia intorno al mai abbandonato modello clientelare e assistenziale della spesa pubblica. Il ricomposto centro-sinistra che da un decennio amministra la città, sembra così assicurare una sorta di continuità con il passato, nell'azione politica come nei metodi dell'amministrazione». La scelta di dare gratuitamente in concessione per 99 anni un immobile nei Sassi (i quartieri sono proprietà demaniale) a condizione che lo si risani con un importo a fondo perduto che va dal 40 al 60%, ha fatto sì che si ristrutturi con la più fervida fantasia, al di fuori di qualsiasi rispetto dell'unitarietà del luogo. Tommaso Giura Longo, docente di architettura oltre che autore di articoli sul nostro giornale del destino dei centri storici e dei Sassi in particolare, è come sempre puntuale: «La collocazione casuale degli immobili per abitazione e per attività produttive e la mancanza tra di loro di una rete dei servizi sociali, commerciali, di trasporto pubblico, hanno impedito che tra le persone oggi insediate nei Sassi si ripropongano quei civilissimi legami di mutuo scambio e di solidarietà umana che caratterizzavano i rapporti tra il vicinato. Perciò, oggi i Sassi non si presentano più come una parte di città abitata, ma soltanto frequentata. Suoi frequentatori sono anche coloro che li abitano e che vanno a lavorare altrove e anche coloro che vi esercitano una qualche attività di artigianale. Girando oggi per i Sassi, si può constatare che gli interventi a ruota libera dei privati, né guidati né arginati da significativi interventi pubblici, sembrano proporre spesso falsificate operazioni di presunte manifestazioni popolari».
La vittoria di Mel Gibson
Raffaele Giura Longo riprende l'analisi, cercando di mettere il dito nella piaga di questi anni: il rilancio dei Sassi come una sorta di Disneyland dell'affare e del divertimento: «Sono stati anni di grande sbando per i Sassi, con l'affiorare di vecchie tendenze oleografiche, populiste e avventuriste. Messa la mordacchia a ogni seria sperimentazione socio-culturale, quasi del tutto inascoltata è rimasta la voce di coloro che avevano proposto anni fa lo slogan virtuoso «i Sassi attirano ma la città accoglie», per dire dell'unitarietà dell'intervento tra i Sassi, il centro storico dal Settecento in poi e la parte nuova. Alla fine ha vinto Mel Gibson con il suo bisogno dell'orrido scenografico». Ma non è detto. Perché in città si respira un'atmosfera critica verso il comportamento delle amministrazioni degli ultimi anni. Quattromila cittadini hanno firmato un documento di protesta contro la politica urbanistica comunale; gli abitanti del borgo rurale di Venusio, nato negli anni Venti con i fondi dei combattenti della 1° guerra mondiale, sono scesi in piazza contro gli stravolgimenti dei nuovi insediamenti, mentre non si fa nulla per la riqualificazione del loro villaggio; nei Sassi ci sono state proteste di un comitato di quartiere contro l'uso scorretto dell'antica città. Saprà Matera essere punto di riferimento, oggi, contro un uso sconsiderato del territorio da parte di un centrosinistra che si fa scudo della politica berlusconiana sul piano nazionale per perpetrare i vecchi vizi del trasformismo sul terreno locale?