Le ragioni per le quali la cosiddetta Torre Cardin è un’offesa alle regole di una trasformazione corretta, culturalmente rispettosa e socialmente utile del territorio della laguna sono state espresse con grande chiarezza da numerosi osservatori. Voglio segnalare soprattutto l’articolo di Vittorio Gregotti sulla “Nuova” (6 settembre) e quelli di Paola Somma (25 luglio) e di Sergio Pascolo su “eddyburg.it” (29 agosto). Nulla voglio aggiungere al merito di quelle critiche, ma non posso mancare di esprimere due brevissime riflessioni.
1) Possibile che i massimi esponenti del potere democratico locale e nazionale abbiano rivelato, con i commenti e le decisioni, una visione così meschina e incolta della città e del suo governo? Le dichiarazioni e gli interventi del sindaco di Venezia e del presidente della Repubblica dimostrano un totale disprezzo delle regole sulle quali la convivenza tra interessi diversi si fonda.
2) Sia Gregotti che Somma colgono il carattere sistemico del degrado di cui la torre del “couturier” francese costituisce (insieme all’impero Benetton e ai grattacieli del mare) l’episodio più vistoso. Ma dove affonda le sue radici politiche e culturali il degrado che la torre Lumière riassume e illumina? È chiaramente in quella politica di abolizione dei “lacci e lacciuoli” della pianificazione urbanistica che fu avviata con la giunta Cacciari-D’Agostino e sistematicamente proseguita da quelle successive, in un clima sempre più bipartisan. Venezia è sempre stata una città di mercanti. Ma una volta essi, arricchendosi, rendevano la loro Repubblica più solida, bella e ricca, oggi la distruggono.
* Urbanista