Mercoledì 16 dicembre: parto da Bologna alle 8.47, arrivo previsto a Roma, 10.55. Tempo bello, cielo terso. L’impiegato del Club Eurostar mi consegna il biglietto con una punta di orgoglio: «Ce l’abbia mo fatta, adesso si va a Roma in due ore!». Per una pendolare fissa come me è una bella notizia.
Il treno arriva con 10 minuti di ritardo, a Firenze ne ha già accumulati altri 20. Mi siedo nel salottino vuoto perché devo fare molte telefonate e non voglio disturbare. Quando passa il controllore allungo i 10 euro di supplemento. «Da una settimana sono 20 euro» mi dice. Anche se me li rimborsa la Rai, 20 euro per un treno in ritardo non glie li do; mi alzo e torno a sedermi al mio posto sulla carrozza 3.
Arrivo a Termini con 35 minuti di ritardo. Mi infilo al Club Eurostar per chiedere il rimborso. Una signora guarda il biglietto edice: «Ripassi fra 20 giorni, perché deve essere lavorato». Lavorato?
«Si», dice «adesso c’è tutta un’altra procedura ». Imbufalita vado a prendere il taxi. Due giorni dopo sono di nuovo lì, in anticipo sulla partenza e con il tempo a disposizione per capire meglio questa storia del rimborso. Tre persone in fila e un solo sportello aperto. Dal nulla compare una mastina che sbarra la strada a quei pochi passeggeri che varcano la porta automatica del club, e gli chiede di esibire la tessera associativa. A lei domando informazioni sul bonus, ma non sa nulla, è lì solo per impedire l’ingresso agli abusivi. Quando è il mio turno l’impiegata mi dice che, dal 13 dicembre, con 35 minuti di ritardo non si ha più diritto al 50% di rimborso, «sta scritto nel regolamento europeo al quale abbiamo dovuto adeguarci» e mi allunga un malloppo di 40 pagine.
Lo sfoglio, trovo il riferimento al rimborsoin caso di ritardi, ma non ci sono indicazioni specifiche. Mi indigno, arriva un’altra impiegata, guarda anche lei, e poi scompare dentro un ufficio a consultare internet. Alla fine il mio treno parte e ne so come prima. Le carrozze sono piene, ma i salottini viaggiano vuoti.
Chiacchiero con il capotreno che mi dice «è stato fatto un gran can can per andare sui giornali e in televisione a dire che si accorciano i tempi, ma la Firenze Bologna non si riesce a fare in mezz’ora, in pratica ci vuole ancora lo stesso tempo di prima e il rimborso del 50% del biglietto te lo danno solo con 2 ore di ritardo». E in effetti quando scendo a Bologna il tempo di percorrenza è sempre di 2 ore e 40. Il capotreno mi saluta e sussurra «i 37 chilometri di tunnel, sa, sono un problema». Quel tunnel lo percorrerò tutte le settimane, penso, mentre vado verso casa con in mano un gianduiotto gentilmente offerto dal personale di bordo, è in carta argentata con scritto «frecciarossa».
Epilogo: le ferrovie spagnole rimborsano il 50% del biglietto AV per ritardi superiori ai 15 minuti e il 100% sopra i 30 minuti. Francia e Germania il 25% dai 60 ai 119 minuti, il 50% se si superano le due ore. Quindi Trenitalia si è adeguata alle condizioni dei due paesi europei noti per la puntualità dei loro treni. Poco puntuale è invece anche il sito di Trenitalia dove nell’area clienti, all’indice «bonus previsti» trovi scritto: «Se il treno AV, AV Fast, ES su cui si viaggia porta più di 25 minuti di ritardo hai diritto al 50% del prezzo pagato». Buon Natale, ingegner Moretti.