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Vezio De Lucia
"Volevano fermare la giustizia ora la democrazia è più forte"
13 Aprile 2004
I tempi del cavalier B.
Intervista all’ex procuratore di Milano Gerardo D’Ambrosio - Raccolta da Cinzia Sasso, su Repubblica del 30 aprile 2003: “Si volevano sottrarre al processo personaggi eccellenti - Strategia Fermeranno i processi in corso e Berlusconi sarà sollevato dai suoi impegni giudiziari”.

MILANO - Dottor Gerardo D’Ambrosio, lei è stato il capo dell’ufficio dell’accusa per tutto il tempo delle indagini, dell’udienza preliminare e per buona parte del dibattimento. Sette condanne e un’assoluzione, come commenta?

«Mi sembra una sentenza che dimostra la grande serietà e serenità del Tribunale che è stato attaccato pesantemente ma che ha saputo mantenere la sua indipendenza. Anche dalle tesi della procura. Un solo proscioglimento conferma l’impianto dell’accusa ma dimostra anche che non c’è stato nessun appiattimento. Una cosa, però, mi sembra ancora più importante».

Che cosa?

«Il fatto che si sia arrivati alla sentenza significa che la nostra giovane democrazia è forte, ha retto al tentativo che è stato fatto di fermare la giustizia e di sottrarre degli imputati eccellenti al suo corso. È la prova che il principio che la legge è uguale per tutti è una realtà. Sono state sconfitte le manovre di chi voleva l’impunità».

Più che un processo, questo dibattimento è stato un percorso di guerra.

«Diciamo che c’è stato un atteggiamento di insofferenza verso l’amministrazione della giustizia. Si è cominciato con le opposizioni in Svizzera alla trasmissione degli atti rogatoriali e si è arrivati a sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale, fino a presentare otto istanze di ricusazione e due istanze di rimessione. Certo non si è andati incontro al principio della ragionevole durata del processo.....».

Ci sono state anche interferenze legislative.

«Direi che è stato un processo molto singolare. Ha provocato addirittura un trattato internazionale tra Italia e Svizzera; l’articolo 111 della Costituzione e poi, quando il governo di centrodestra è salito al potere, tutta la politica giudiziaria è stata influenzata da questo processo. Bisognava trovare a tutti i costi una soluzione a quello che ho sempre definito il secondo conflitto di interessi del presidente del consiglio. Tra gli imputati c’è un suo ex ministro, Cesare Previti, che era il suo avvocato quando Silvio Berlusconi faceva solo l’imprenditore».

Quali leggi sono state viziate da questo conflitto?

«Quella sulle rogatorie, quella sul falso in bilancio, la legge Cirami. E che queste leggi tendessero a sottrarre gli imputati a questo processo non lo dico io, né l’opposizione, ma autorevoli esponenti di Forza Italia. E siccome quelle leggi non sono bastate è arrivato il maxi-emendamento, con il progetto di modificare l’ordinamento giudiziario; e poi i 45 giorni di sospensione per decidere se accedere al patteggiamento allargato».

Lei ha passato 45 anni in magistratura. Era mai successo?

«No. Non c’è nella storia giudiziaria italiana un precedente di questo tipo. Nel '39, in pieno fascismo, c’era stata una circolare del ministro Grandi che invitava a non usare l’istituto della legittima suspicione per sospetto per «non ingenerare deplorevoli dubbi sull’imparzialità della magistratura» e «autorizzare il sospetto che si potesse alterare il corso della giustizia»».

Che costi ha avuto tutto questo?

«Il costo per la credibilità delle istituzioni è stato elevatissimo. Delegittimare il pm significava attaccare una parte, ma quando si sono attaccati anche i giudici è stato gravissimo. Per scongiurare i temuti effetti di una singola sentenza si è seminato il dubbio sull’imparzialità del giudice e, a cascata, sull’intero sistema: dai giudici d’appello fino a quelli delle sezioni unite della Cassazione».

L’onorevole Previti sostiene che si è solo difeso da un complotto e giudica questa sentenza una persecuzione.

«Previti ne ha dette di tutti i colori, la sua reazione è coerente con il comportamento che ha tenuto finora. Ma ha già risposto la Cassazione a sezioni unite e otto volte i giudici, sempre diversi, della Corte d’appello. Se avesse ragione lui, vorrebbe dire che la persecuzione è di tutta la magistratura».

Crede che dopo questa sentenza sia finita la guerra tra politica e magistratura?

«Secondo me sì. Seguirà una coda, una legge per concedere la sospensione dei processi in corso nei confronti delle più alte cariche istituzionali; così il presidente Berlusconi (imputato in un processo simile, quello per il caso Sme, ndr.) sarà sollevato dai suoi impegni giudiziari. E dopo, finalmente, si comincerà a occuparsi di giustizia. Lo sciopero annunciato dagli avvocati mi sembra un segnale molto forte, anche loro sono molto scontenti di quanto si è fatto finora. Spero davvero che adesso si volti pagina».

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