Caro professore: in che modo il nostro lavoro può contribuire a risolvere i problemi dell'uomo che va in tram, in macchina o in motorino?
Penso che sarebbe utile riannodare le tre dimensioni (strategica, regolativi e operativa) delle politiche urbanistiche che oggi sono disgiunte fra loro. Tutte le cose che tu indichi come auspicabili (dai trasporti ai servizi, dalla rete dei percorsi alla gestione sostenibile del territorio aperto) costano (quante risorse sottrae alle città la politica delle grandi opere? Come possiamo chiedere ai sindaci di promuovere politiche urbane se il governo impone loro di tagliare le spese correnti?). Tutte le cose di cui c’è bisogno richiedono un’onerossisma opera di governance, o più semplicemente - di gestione (mettere insieme le mille voci del pubblico, separare la farina dalla crusca nel privato, formulare progetti molto più dettagliati e responsabili che nel passato, districarsi nel mare di procedure in costante e convulsa evoluzione). Bisogna compiere ogni sforzo di dialogo con chi amministra e con chi lavora sul campo, magari navigando a vista. Insomma, nella maggioranza di sindaci e tecnici che si impegna esclusivamente nella dimensione operativa, non c’è solo berlusconismo, sebbene l’eccesso di pragmatismo può facilmente trasformarsi in opportunismo spicciolo, lasciando campo aperto agli interessi economici e alla ricerca di consenso politico. Mi sembra quindi una conclusione troppo pessimistica quella con cui concludi il tuo eddytoriale. Ad un 20% di ironia e un 20% di tristezza per come vanno le cose segua un 60% di voglia di rimedio...
Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà, suggeriva Antonio Gramsci. Ma bisogna partire dalla consapevolezza dell'analisi