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Rodolfo Sala
Vitale: povera Milano chi governa non ha idee spadroneggiano le sette
4 Maggio 2010
Milano
In una intervista a un osservatore critico, il disastro politico e amministrativo del capoluogo lombardo. E forse un’autocandidatura. La Repubblica ed. Milano, 4 maggio 2010 (f.b.)

L’economista Marco Vitale si sente «l’uomo più infelice del mondo, e lo sa perché?».

Dica, professore.

«Perché Milano, città che amo profondamente e dalle enormi potenzialità, è governata in modo pessimo. E non parlo solo di ordinaria amministrazione: per dire, le buche o il traffico caotico. Ciò che manca è un pensiero, un’idea forte, un impegno profondo per rilanciare davvero la capitale morale».

E gli Stati generali promossi da Letizia Moratti dove li mettiamo?

«Ma non scherziamo: li hanno fatti per mettersi d’accordo tra di loro in questa fase finale di mandato: ma sono inutili, perché questi non sono capaci di fare niente».

Manca un’idea, lei dice. Ma non c’è l’Expo?

«Una buona intuizione, poi si è visto che disastro hanno combinato: litigi nella maggioranza e fra istituzioni, un anno di paralisi, e meno male che Tremonti ha impedito alla Moratti di gestire tutto da sola».

Non salva niente di questo sindaco?

«Che cosa dovrei salvare? Una politica ridotta, come ha spiegato Guido Martinotti a Repubblica, a marketing e comunicazione? Una volta i politici non sapevano parlare, facevano e basta. Adesso hanno imparato l’importanza della comunicazione e fanno solo quello. L’ho scritto nel mio libro "Passaggio al futuro, oltre la crisi attraverso la crisi": qua ci si riempie la bocca di riforme senza risolvere i problemi, e questa liturgia senza fede purtroppo viene seguita anche nella pragmatica Milano. Quando poi fanno qualcosa è pure peggio».

A che cosa si riferisce?

«Prenda il Piano di governo del territorio: è impantanato e comunque, se dovesse passare così com’è, sarebbe un disastro».

Perché?

«Troppo sbilanciato sul lato degli interessi immobiliari, che hanno ormai assunto un peso schiacciante. Non esiste più una visione del bene comune, e questo è l’effetto di un’altra grave stortura».

Quale?

«A Milano lo strapotere non viene esercitato dai partiti, ma dalle sette. La prima è Cielle, centro di potere straordinario. Per diventare primario devi essere ciellino: alla faccia dell’apertura che ha sempre caratterizzato l’anima vera di questa città».

Un quadro a tinte fosche. E l’opposizione?

«Sì, buonanotte».

Prego?

«Non esiste, io non la vedo né la sento. Sta lì, attorcinata attorno a se stessa, chiusa nelle sue stanze a baloccarsi di primarie senza occuparsi dei problemi veri della gente».

L’anno prossimo si vota per il sindaco, chi dovrebbe candidare il centrosinistra?

«No guardi, è proprio questo l’errore. A sinistra devono capire che prima bisogna costruire un progetto credibile e una squadra che lo possa realizzare. Il candidato viene dopo. La smettano di cercare l’oggetto misterioso e si diano da fare. L’uomo che ha amministrato meglio Milano si chiamava Radetzky, lui sì che amava la città. E il miglior "sindaco" è stato Sant’Ambrogio. Purtroppo non ci sono più».

Opposizione bocciata, dunque.

«Assolutamente sì. Ha tagliato i ponti con la città, riducendosi a fare discorsi tipici delle oligarchie burocratiche. Per non parlare dei patti che ha contratto...».

Può spiegare, professore?

«Se Cielle fa quello che vuole, è anche grazie all’accordo di ferro stipulato con la Lega delle Cooperative: una mano lava l’altra, e gli interessi veri della città vanno a farsi benedire».

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