Eolo sa leggere, meglio non truffarlo
Guglielmo Ragozzino
Ai tempi della rivoluzione francese, l'ultimo mese dell'inverno, quello stesso che, senza rendercene conto, stiamo attraversando, si chiamava Ventoso.Ventoso finirà il 20 marzo, lasciando dietro di sé qualche perplessità, qualche domanda. In tutta Italia - anche oggi si parla del Molise e della Toscana, ogni altra regione ha gli stessi problemi - si discute se e come utilizzare il vento per produrre energia pulita.
Togliamo di mezzo ogni forma di parlar-d'altro: lasciamo perdere il risparmio che certo è la nostra prima scelta; e non consideriamo lo stile di vita più sobrio che viene subito dopo. E' un fatto che un certo quantitativo di energia è indispensabile. Non serve che sia crescente, anno dopo anno; anzi il nostro impegno dovrebbe essere di garantirci quanto ci serve con un mionore dispendio di energia. A questo punto dobbiamo vedercela con l'energia che ci serve e scegliere quella che consuma meno natura, quella che produce meno inquinanti, meno scorie nucleari, meno cambiamenti climatici. Petrolio e gas, nella misura minore possibile, per gli usi, oggi indispensabili, nei settori dei trasporti. E poi sole, idroelettrico, vento.
Il vento, come energia non inquinante, è entrato da qualche anno nei programmi di grandi imprese internazionali. Forse è stato il prezzo elevato del petrolio che ha reso necessaria la ricerca di alternative e possibili molte innovazioni in campi prima trascurati.
come risultato, le compagnie elettriche maggiori che in precedenza consideravano il vento come una variante minore, ai margini del lavoro importante - quello di produrre quantità enormi di energia in complessi giganteschi - ora si sono ricredute, oppure, le più pigre, si stanno ricredendo. La tecnica è progredita e l'elettricità nasce ormai dalle pale anche senza un vento molto forte. Con gli accorgimenti della tecnica e gli appoggi finanziari della politica, anche il vento può essere un affare.
A questo punto, con il rovesciamento dell'incredulità precedente nel suo contrario, l'entusiasmo del neofita, tutti progettano il vento, seguendo una moda che poi è complicata dalle leggi nostrane: un po' di eolico consente carbone e gas delle centrali tradizionali. Gli ambientalisti sono in parte sconcertati: quel vento non è più quello che essi auspicavano; spesso anzi è una presa in giro, un ulteriore attacco ai loro valori.
La questione del vento va afrrontata dal governo con urgenza, senza togliere alle regioni il potere di scegliere, ma indicando loro un atteggiamento coerente. Il governo e l'autorità garante devono affidare al vento un ruolo preciso nel piano energetico nazionale, che non deve essere fatto per raggiungere i prezzi più bassi per ogni unità di energia, ma la minima produzione di anidride carbonica, rispettando la democrazia, l'eguaglianza tra i cittadini e il resto della Costituzione italiana, compreso l'antico articolo 9, quando la repubblica che ancora non sa niente di ambiente però « tutela il paesaggio. Dunque il vento deve essere sottoposto a tre diverse forme di controllo: la prima è l'obbligo di utilizzare le migliori tecniche disponibili, senza neppure tentare di usare i rottami dell'eolico altrui; segue l'obbligo di preparare una dettagliata carta dei venti. Non è più il tempo di cercare il vento, fiutandolo, o mettendo all'aria l'indice bagnato; infine, con buon senso e generosità, si deve fare una carta dei luoghi giusti: quelli che non offendono nessuno, quelli che non opprimono gli altri.
Ventoso, un nome che forse è di buon augurio.
Soffia il vento, infuria la bufera
Serena Giannico
«'Sta storia ha il sapore della beffa, perché le comunità locali non sono state sentite per esprimere i propri pareri...». Sulle «pale selvagge» che dovrebbero presto adornare il litorale del Molise spira bufera. Per il progetto della Effeventi di Milano, che intende realizzare una centrale eolica in mare, è rivolta dei cittadini, che hanno costituito un comitato per la tutela del territorio, e dei comuni, che si sono uniti in un secondo comitato. Mentre gli ambientalisti sono in guerra tra loro.
Il piano del parco offshore ha scatenato polemiche e conflitti. Tutti contro tutti. Le amministrazioni di sei comuni - Vasto e San Salvo (Chieti) e Termoli, Montenero di Bisaccia, Petacciato e Campomarino (Campobasso) - sono insorte. «Ogni palo - tuonano i sindaci - sarà alto ottanta metri, ai quali si dovranno aggiungere i venti metri delle eliche. L'intervento sarà su un'area - che verrà pure interdetta alla navigazione - di 25 milioni 600 mila metri quadrati, non lontano dalle spiagge che stiamo cercando di valorizzare, di promuovere e di far conoscere ai turisti di tutto il mondo per le bellezze naturalistiche. Sarebbe il primo impianto del genere nel Mediterraneo e sarebbe così brutto che...». Che loro neppure si soffermano a dire che sono contrari, perché, in realtà, sono inferociti. «Se fossimo stati interpellati, avremmo detto di no - riprendono -. Adesso, però, ci debbono ascoltare. Siamo pronti alla mobilitazione e ad adire le vie legali...».
Intanto hanno chiesto un incontro per il 16 marzo prossimo al governatore Michele Iorio (Fi). Su cui, per questa vicenda, si stanno abbattendo tuoni e fulmini. Gli ultimi sono stati scagliati da Cristiano di Pietro, consigliere provinciale e figlio del ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. «Siamo pronti - afferma Di Pietro jr - a dare battaglia al governo regionale che prima, con ripicche e strane autorizzazioni, ha dato il via all'iter procedurale e ora grida la propria avversità».
«Ci risiamo - rincara Marcella Stumpo, del Coordinamento ambiente-salute che, assieme alla fondazione "Lorenzo Milani" sta mettendo a punto le osservazioni antiturbine -, sembra davvero che la Regione non perda il vizietto: era da tempo a conoscenza del progetto, ma ha taciuto. Ha tenuto l'iniziativa nascosta e non ha coinvolto la popolazione con conseguenze negative per il territorio. Certo - aggiunge - non era un obbligo di legge informare, ma lo avrebbero imposto la correttezza istituzionale e i più elementari principi di democrazia. Invece anche stavolta è rimasta in silenzio, come per la centrale a ciclo combinato, come per il gessificio, come per la centrale biomasse...».
Il presidente della Regione, bersagliato, e dopo il coro di resistenze che si è levato, ha scritto al presidente del Consiglio, Romano Prodi, al vice, Francesco Rutelli e a sei ministri, dimostrando «la contrarietà alla costruzione del parco». Il ministro Di Pietro, molisano verace, ha nel frattempo chiesto lumi al collega dei Trasporti e convocato per il 14 marzo, a Roma, il comandante della Capitaneria di porto di Termoli, Luca Sancilio, per avere chiarimenti. Ed è stato il putiferio. Così facendo è finito nel mirino dei Verdi, che lo accusano di non essere stato «sensibile» nell'affrontare progetti che sconvolgono altre parti del Belpaese. «Ora - gli viene rimproverato - Di Pietro capisce perché gli abitanti della Val Susa si oppongono al tunnel della Tav? Perché i vicentini e il movimento contro la guerra si scagliano contro la base militare americana? Perché in molti non vogliono il ponte sullo Stretto di Messina?».
Arrivano, dirette, a Di Pietro pure le stoccate di Grazia Francescato. «E' singolare - afferma la deputata dei Verdi, già responsabile del Wwf - che egli scopra la sua vocazione ambientalista solo per quello che potrebbe accadere a Montenero. E' paradossale viste le tante opere ad alto impatto ambientale a cui vorrebbe dare il via libera. Una fra tutte: il corridoio tirrenico che farebbe sparire la Maremma in Toscana».
«Intendiamoci - si difende Di Pietro - sono convinto che l'energia eolica sia un'alternativa valida. Ma va valutato il rapporto costo-benefici. E poi quella è un'area inadatta e unica per il valore paesaggistico, perché ancora vergine. Mi sembra più una speculazione».
Controversie e progetto preoccupano il presidente del Senato, Franco Marini, che ha chiesto al presidente della Provincia di Chieti, Tommaso Coletti, di essere informato su quanto accade. Mentre la Provincia di Campobasso, allarmata, domani si riunirà con urgenza per adottare provvedimenti contro «l'imponente insediamento che andrebbe ad installarsi in prossimità degli arenili, determinando, tra l'altro, la crisi irreversibile del settore della pesca».
Per non parlare dei danni e del rumore generato dalle pale rotanti. Rifondazione comunista ribadisce dissenso «alla selva di torri d'acciaio che si slargherebbe in acqua». Il parco offshore divide anche gli ecologisti. Edoardo Zanchini, responsabile Energia di Legambiente, assicura che «il progetto è stato a lungo esaminato in commissione al ministero dell'Ambiente e che sono stati apportati correttivi per minimizzare l'impatto con i fondali, per garantire l'allacciamento dei cavi elettrici senza interferire sulle dune e sulla fauna». Mentre Legambiente del Basso Molise sottolinea che «il progetto non ha tenuto conto di specifiche peculiarità, quali la vulnerabilità del litorale interessato - infatti è a ridosso di uno dei fronti franosi più estesi d'Europa - e il fatto che è situato nei pressi di un Sito di interesse comunitario. E' una zona - evidenzia - diversamente vocata. E, per essere il primo eolico marino in Italia, va sostanzialmente modificato e rispondere ai requisiti di distanza e prospettiva degli ultimi impianti del Nord Europa».
Il Comitato nazionale per il paesaggio che fa riferimento all'ex ministro Carlo Ripa Di Meana, dichiara: «Quelle torri bianche deturperebbero un luogo idilliaco». Ritenuto pregiato per la presenza del fiume Trigno, per il passaggio migratorio degli aironi, così come per la flora. «Negli anni passati - ricorda Giuseppe Vatinno, responsabile nazionale energia ed ambiente dell'Italia dei valori - nel caso dell'eolico abbiamo assistito ad una sorta di far west, che ha portato a scempi e a bidoni industriali dei quali è ancora disseminato lo Stivale».
Il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio aggiunge: «Per produrre energia di questo tipo vanno rispettate le condizioni per un suo corretto utilizzo ed è necessaria la pianificazione nazionale degli impianti».