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Maurizio Rovini
La questione geotermica toscana: conflitto lavoro e ambiente?
10 Dicembre 2018
La questione energetica
Non è la prima volta che assistiamo all' entusiasmo, sostenuto da soldi pubblici, per fonti di energia etichettate come rinnovabili e pulite. Si scopre poi che inquinano, sottraggono risorse, arricchiscono qualche azienda, impoveriscono la popolazione, ma gli investimenti continuano e neanche la scusa occupazionale è rilevante. Sempre vilipesi sono gli interessi collettivi! (i.b.)

Non è la prima volta che assistiamo all' entusiasmo, sostenuto da soldi pubblici, per fonti di energia etichettate come rinnovabili e pulite. Si scopre poi che inquinano, sottraggono risorse, arricchiscono qualche azienda, impoveriscono la popolazione, ma gli investimenti continuano e neanche la scusa occupazionale è rilevante. Sempre vilipesi sono gli interessi collettivi! (i.b.)

Da molti anni assistiamo alla falsa alternativa tra mantenere produzioni nocive generatrici di occupazione, e l'ambiente. Proprio in questi mesi abbiamo visto la parabola dei movimenti ambientalisti che si sono spesi politicamente per una alternativa all'Ilva di Taranto, alla galleria in Val di Susa per il TAV Torino-Lione, alla trivellazione del TAP a Melendugno e ogni volta che la questione della bonifica dei siti inquinati entrava in conflitto con gli interessi economici si poneva la questione occupazionale come ostacolo insormontabile, irrisolvibile, tutto in carico ai comitati dei cittadini.

La questione è vecchia e databile almeno 40 anni, ovvero dalla bonifica di Seveso. In quel caso l'ICMESA dovette pagare la bonifica del sito inquinato dalla fuoriuscita di diossina e i costi di quell'intervento di ripristino fu presa come base per contabilizzare il danno ambientale e fu evidente che più grande è l'industria inquinante, più grande il territorio inquinato da bonificare, maggiore la quantità di popolazione investita da elementi nocivi, i costi sarebbero stati talmente alti che nessuna impresa sarebbe stata in grado di sopportare il ripristino e le bonifiche. Da quel momento in poi ogni intervento legislativo è stato teso a favorire la socializzazione dei costi ambientali, riconoscendo alcuni buchi normativi per poter permettere alla grande industria la sopravvivenza.

Nel caso della Geotermia Elettrica Industriale della Toscana, monopolio di Enel, ora sappiamo che queste centrali hanno quotidianamente inquinato il territorio. Le centrali geotermiche Flash (con fluidi caldi tipici dell'Amiata) oppure a vapore dominante come quelle di Larderello con i classici soffioni producono e diffondono nell'aria tonnellate di anidride carbonica, metano, boro, acido solfidrico, ammoniaca, mercurio, tallio e arsenico, che ricadono nella Val di Cecina e sul Monte Amiata.

La popolazione investita non è monitorata adeguatamente. Solo negli ultimi anni, dopo infinite richieste alla Regione Toscana, sono saltati fuori i dati di un danno alla salute paragonabile ai siti altamente inquinati come la Val Bormida, Porto Marghera o l'Ilva di Taranto: l'incidenza di alcuni tumori è in alcuni casi superiore a questi siti e fa pensare che siamo di fronte al più grave danno ambientale della storia repubblicana, prodotto da una azienda pubblica, su un territorio vastissimo e su una popolazione tenuta all'oscuro da forze politiche, sindacali e in qualche caso anche ambientaliste.

Dirigenti di Enel Green Power sono sotto inchiesta della magistratura. La Procura della Repubblica di Grosseto ha aperto un fascicolo di indagini, iscrivendo l’Amministratore Delegato di ENEL Green Power, ing. Montemaggi, quale persona informata delle indagini a suo carico, per l’ipotesi di reato di emissioni fuori norma delle centrali di Bagnore di Santa Fiora. Il procedimento è in corso davanti al GIP.

In questa situazione è arrivata la scomparsa degli incentivi alla geotermia nella bozza FER 1 nel passaggio tra Ministero dell'ambiente e MISE. La geotermia non viene più considerata energia rinnovabile e sindaci geotermici, consiglieri regionali, qualche parlamentare, e in testa il Presidente della regione Toscana continuano a dare “ i numeri” del disastro che causerebbe. Eppure il decreto non tocca gli incentivi ex certificati verdi e le tariffe incentivanti degli attuali impianti di produzione geotermoelettrica che ammontano complessivamente a 90 milioni € l'anno. Una enormità, che continueranno a prenderli fino al 2028, dopo quindi la data nella quale si prevede la messa all'asta degli impianti nella liberalizzazione del mercato geotermico previsto dalla legge Scajola; la torta ricca nella quale i dirigenti Enel puntano per accaparrarsi soldi pubblici senza colpo ferire. Gli impianti verranno comprati da multinazionali e Banche e i dirigenti Enel si metteranno alla loro direzione (sono gli unici che conoscono effettivamente ogni impianto e anche il modo di “coltivarlo” efficacemente).

I contributi ai comuni sono 35 milioni € l'anno.

L'azienda elettrica è anche lei in via di privatizzazione; quote consistenti sono già in mano a grandi investitori internazionali che non credono nello sviluppo della geotermia come fonte alternativa (esperimenti tedeschi e cinesi sono fermi al 2014, gli americani, cileni, islandesi e turchi costruiscono centrali solo nelle zone desertiche) a causa degli alti costi di ricerca e trivellazione (oggi a carico dello Stato in Italia con i famosi contributi di Fer ) e con una resa piuttosto bassa della produzione elettrica.

Il 30% del fabbisogno di energia elettrica regionale toscana, non giustifica i soldi pubblici spesi per mantenerla, proprio perché i consumi elettrici sono solo l'8% dei consumi energetici totali. In 10 anni la produzione solare con pannelli in Toscana ha raggiunto la quota del 30%, quando per la geotermia ci sono voluti 40 anni. Si pensa che se gli stessi incentivi si spostassero dalla geotermia al solare e all'eolico, si avrebbe l'80% di energia elettrica prodotta da queste fonti e con l'idroelettrico arriveremmo in pochi anni a non avere bisogno di combustibili fossili per la produzione elettrica. In realtà la geotermia impedisce la transizione energetica per l'interesse di pochi.

La fonte geotermica non è rinnovabile: un pozzo geotermico che emunge fluidi caldi dal sottosuolo ha una vita efficace solo per una decina di anni, poi viene “coltivato” con una miscela di acidi che vengono reimmessi per “spingere” i fluidi profondi verso i pozzi. Questa pratica proibita per gli idrocarburi in Europa è invece altamente praticata dal 1975 proprio in Val di Cecina, una delle cause principali della subsidenza, terremoti e inquinamento di falde acquifere.

Nel 1975 la produzione geotermica aveva subito un declino irreversibile e al calo della produzione si reagì con varie strategie. I pozzi furono portati a profondità di 3000\4000 metri, venne proposta la tecnologia di reiniezione con la stimolazione delle fratture con una miscela di acido cloridrico e acido fluoridrico, misto ad acqua, stimolazione e reiniezione che serve anche a rimuovere fango e detriti (da 10 e 50 tonnellate al giorno per pozzo, dati rilevati da un progetto di trattamento fanghi Ecogest) e mineralizzazioni. Lo stress termico della reiniezione produce una contrazione e un cracking. Non è il fracking, ma gli somiglia tanto.

La reimmissione dei fluidi incontra delle difficoltà proprio nella condensazione dei gas. Sappiamo che una delle difficoltà del circuito chiuso (se no avremmo impianti senza emissioni, i famigerati impianti binari) è proprio la non condensabilità dei gas presenti in Val di Cecina e sull'Amiata. Il fallimento degli impianti binari è solo questione di tempo. Gli esperti ci dicono che si potrebbero nascondere i gas in qualche modo, ma la reiniezione porterà sicuramente a fenomeni tellurici, anche di grossa entità.

I fluidi geotermici non salgono da sé. Specialmente nei pozzi molto profondi si prevedono anche tre pompe in linea. Lascio immaginare il bilancio energetico finale. Mentre nelle centrali flash Enel si può arrivare ad un rendimento del 40%, nelle centrali con reiniezione si parla di 9%. Il bilancio è comunque molto basso.

La vita media delle centrali può essere anche più lunga, ma la coltivazione di un sito è molto breve. In Toscana ci sono 900 pozzi e 36 centrali, ma i pozzi chiusi sono molti di più. Capitolo a parte la chiusura dei pozzi. Possiamo fare una gita nelle campagne toscana a visitare le trivellazioni Eni degli anni 60 che all'epoca era alla ricerca di petrolio. Sono diventate dopo 50 anni, nei quali il cemento si è degradato, dei laghetti di anidride solforosa, cianuro e fanghi caldi. Il danno alle falde acquifere è irreversibile.

Peccato che proprio la falda del monte Amiata risulti scesa di quasi 200 metri se non di più in alcuni punti. Attraverso il sito INGV possiamo monitorare tutti i terremoti i delle zone metallifere toscane, essi coincidono con le centrali. La subsidenza all'Amiata è così evidente che hanno dovuto cambiare strade e ponti, case crepate etc.

Abbiamo le prove che nella Val di Cecina l'arsenico nelle acque potabili potrebbero essere direttamente riferibili alla geotermia. I pozzi profondi producono il mescolamento di acque appartenenti a stratificazioni diverse. La differenza di potenziale elettrico tra acque superficiali e profonde produce arsenico, che rimane localizzato nelle vicinanze del pozzo, ma con il degrado delle cementificazioni e il movimento delle acque sotterranee arriva ai pozzi di sollevamento della piana del Cecina. Non si può dire che il dilavamento diluisca gli inquinanti. Questa mentalità ingegneristica è lontana dalla realtà. Occorre tener conto delle sinergie tra gli elementi e non possiamo essere contenti di una minaccia che porterà conseguenze nel tempo, quando la geotermia sarà archeologia industriale.

Enel da qualche anno ha fatto capire che avrebbe abbandonato il settore, disinvestendo e portando uomini e mezzi finanziari in altri settori. Nei mesi scorsi c'era già stata la sollevazione dei sindaci della Val di Cecina contro la perdita questa fonte di soldi pubblici sulla quale però solo una parte della popolazione ne ha beneficiato.

Questo è stato evidente lo scorso sabato nella quale ex dipendenti Enel, sindacati e apparati di partito con i sindaci in testa hanno dato vita ad una manifestazione SI Geotermia, sulla stessa linea della manifestazione di Torino Si Tav. Il parallelo con le due manifestazioni è evidente: in entrambe chi si oppone al danno all'ambiente e alla salute dei lavoratori viene dipinto come terrapiattista, medioevale, contrario al progresso, mentre difendono un settore industriale che non produce valore da 40 anni e si tiene in piedi esclusivamente con i soldi delle bollette, come per la Tav sappiamo non ripagherà mai i miliardi spesi per una galleria pericolosa e inutile.

L'ambizione della manifestazione era quella di cambiare verso nell'opinione pubblica, ma il territorio è già ampiamente impoverito, desertificato dall'inquinamento e abbandonato dai giovani. Se gli incentivi di Fer 1 non riguardavano le centrali esistenti, i posti di lavoro attualmente presenti nel settore non sarebbero toccati, ci chiediamo perché i sindaci, il presidente della regione, i sindacati hanno allora mobilitato social, giornali e televisioni locali?

Togliere gli incentivi ai progetti progetti pilota gestite da multinazionali petrolifere o dell'acqua , società offshore ucraine, portoghesi, cerchi magici fiorentini e gioiellieri di Arezzo forse ha toccato un nervo scoperto che con l'occupazione e lo sviluppo economico c'entra poco.

Il conflitto ambiente e lavoro nel caso della geotermia quindi non si pone. Un settore che ormai destinato ad una fine ingloriosa, nel quale nessuno vorrà pagare i danni sociali e ambientali, giunto al crepuscolo della sua parabola, difende con i denti le ultime briciole di potere.

Articolo inviato contemporaneamente anche a controlacrisi.org e perunaltracittà.org

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