Salerno. Se gli chiedi come ha fatto a resistere dieci anni affianco a Vincenzo De Luca se pensa e dice le cose che riportiamo nell’intervista, Fausto Martino risponde: “Ho scoperto il personaggio poco alla volta. Molte vicende, purtroppo, le ho apprese solo dopo. E volevo portare a termine il piano regolatore”. Architetto della Soprintendenza, Martino è stato dal 1993 al 2003 l’assessore all’Urbanistica della Salerno da bere cantata dagli agiografi del candidato Governatore del Pd e di Idv. La movida, i cantieri, il Prg affidato a Oriol Bohigas. E le vicende finite nel mirino della Procura: Ideal Standard, il Parco Marino, la Mcm. Martino può descrivere il ‘sistema De Luca’ visto dall’interno.
Una definizione di De Luca.
“Personalità diabolica. Sembra sincero quando lancia accuse contro le clientele di Bassolino dimenticando le proprie. Nulla si muove a Salerno se De Luca non è d’accordo”.
Dieci anni con De Luca. A dire il vero, dal 2001 al 2003 il sindaco era Mario De Biase.
“De Biase era teleguidato da De Luca, che dagli uffici di via Testa inviava gli ordini”.
De Luca la chiamò in giunta nel 1993.
“Per ricucire i rapporti con Bohigas. L’architetto era preoccupato delle notizie di Tangentopoli che avevano azzerato la precedente amministrazione e non si era ancora mosso. Riuscimmo a produrre un lavoro il cui spirito è andato perso”.
Parliamo di Ideal Standard e dei lavoratori che il sindaco afferma di aver difeso.
“Nel 1998 partecipo a una riunione in cui due manager Ideal Standard comunicano che intendono cedere suoli e capannoni a un consorzio emiliano, la Cecam, per un prezzo bassissimo, un miliardo e mezzo di lire circa, perché questi avrebbero assunto i 204 operai licenziati. Ma…”
Ma?
“Propongono una cessione modale: Ideal Standard vendeva al Comune, e il Comune alla Cecam. Una triangolazione che avrebbe determinato un risparmio fiscale, diciamo così. Fui brusco e dissi no, il Comune non poteva prestarsi a un’operazione che pareva fattaper eludere le tasse. Ricordo il loro sguardo di sorpresa, del tipo: “Ma a questo nessuno gli ha detto niente”?
Poi che succede?
“Dopo qualche tempo si manifesta la Cecam attraverso due personaggi da operetta. Una signora, Dina Monti, coi capelli tinti rosso fuoco, e un ex calciatore con le scarpe risuolate, Gianni Benetti. A prima vista non affiderei loro le chiavi di casa. Mi dicono che sono pronti a investire 40 miliardi di lire per un parco marino nell’ex Ideal Standard. Rispondo che non si può fare, il vincolo industriale non può essere rimosso”.
Eppure insisteranno nel progetto.
“La Cecam non puntava al parco marino, ma al possesso dell’ex Ideal Standard. Valeva almeno dieci miliardi e l’acquistavano per quattro soldi. Bisognava però capitalizzare il valore dell’area e porre a carico della collettività il costo degli operai, inventandosi qualcosa che giustificasse la cassa integrazione: il progetto del Parco Marino”.
Lei espresse questi timori a De Luca?
“Molte cose purtroppo le ho sapute e comprese solo dopo”.
A quel punto?
“La Cecam cerca di trasferire il parco in terreni vicini allo stadio, di proprietà dell’imprenditore Vincenzo Grieco. Preparano una variante, la presentano allo Sportello Unico. Nel progetto si ipotizza l’utilizzo dei suoli Ideal Standard per la produzione del merchandising. Ma nel frattempo fanno a fette l’area – anche questo lo scoprirò dopo – attraverso una serie di compromessi di cessione di piccoli lotti, operai compresi”.
In che senso “operai compresi”?
“Nei compromessi c’era scritto: tu acquisti tot metri ed assumi due ex operai Ideal, tu ne compri di più e ne assumi tre…”.
Grande idea, a prima vista.
“Un imprenditore interessato a uno di quei suoli, però, va in Emilia e ne approfitta per recarsi alla sede Cecam. Ma scopre che a quell’indirizzo c’è solo una cassetta postale”.
Insomma, il Parco marino non si farà mai. De Luca che colpe ha?
“Un uomo che controlla militarmente Salerno non poteva non essersi accorto di quel che stava accadendo. Specie se la Procura, che stoppa la lottizzazione, rinviene nello studio di uno dei suoi fedelissimimolta documentazione relativa all’operazione”.
Lei però si dimette per altri motivi.
“Per tre ragioni: le licenze per alcune ville sul Masso della Signora; l’ostruzionismo sul Prg Bohigas, che eliminava i quartieri popolari e riduceva le rendite fondiarie; gli indici di edificabilità della variante Mcm, più che raddoppiati. Vado a litigare da De Luca, perché De Biase non conta nulla. Chiedo che il Prg vada in consiglio ma De Luca mi dice: “Una volta che lo approviamo, chiudiamo lo Sportello e che facciamo? Suoniamo i piattini”?
Traduca.
“La condizione migliore per tenere aperto lo Sportello è l’assenza di un Prg. Altrimenti lo si chiude e si perde il potere contrattuale con un’imprenditoria allergica a regole certe. Mi dimisi dopo una notte insonne, capii che si buttavano all’aria dieci anni di lavoro. Il Prg è stato infatti sottoposto a una feroce revisione, privato di tutte le cose buone di Bohigas, e grazie ad esso è iniziato il sacco edilizio di Salerno, del quale il Crescent rappresenta la punta dell’iceberg”.