Un'analisi del paradosso italiano: da più di mezzo secolo si costruiscono troppe case. a non ce ne sono abbastanza per chi ne ha bisogno. Ecco che succede quando si passa dalla programmazione alla speculazione (chiamala, se vuoi, "mercato"). E che cosa, invece, bisognerebbe fare
Il libro di Enrico Puccini è un vero e proprio saggio che auspico sia letto sia da addetti ai lavori che da amministratori locali e, non per ultimo, quanti hanno a cuore le sorti delle nostre città e i diritti sociali che devono essere resi esigibili.
Il libro di Puccini sostenuto da dati inoppugnabili ed in alcuni casi delle vere chicche, parte da un assunto assolutamente condivisibile: uscire dalla cosiddetta “emergenza abitativa” a “politiche abitative”.
Questo è il cuore della questione ed è la questione ineludibile infatti si tratta di abbandonare definitivamente le politiche emergenzialiste alle quali abbiamo assistito almeno negli ultimi 20 anni. Politiche emergenzialiste che hanno di fatto contribuito a recintare la questione abitativa all’interno del mantenimento delle politiche nel recinto dell’emergenza. Emergenza utile a continuare una dannosa, cementificazione del territorio senza produrre alcuna risoluzione della questione abitativa.
L’esempio più evidente deriva dalla questione “residence” ovvero quei luoghi, a dire il vero assai lugubri, nei quali a Roma sono stati costretti a vivere poco più di 1800 famiglie ad un costo esorbitante, fuori da qualsiasi contesto e corretta gestione, anche solo amministrativa, pari a circa 38 milioni di euro all’anno.
Come sia possibile che Roma Capitale di un Paese del G8 non sia in grado di assegnare un alloggio, nel corso di decenni, a 1800 famiglie non è il frutto di un destino cinico e baro ma di una scelta ben definita.
A Roma si è scelto di mantenere in vita una finta “emergenza abitativa” solo per inseguire e sostenere politiche urbanistiche che nulla avevano a che vedere con il fabbisogno reale e questo dal libro di Enrico Puccini si evince con estrema chiarezza e dovizia di particolari.
Ma quanto accaduto a Roma in materia di politiche abitative non è una questione circoscrivibile alla città di Roma, con altri numeri, è lo stesso atteggiamento sostenuto dalla varie amministrazioni locali, indipendentemente se di centro sinistra o di centro destra. Non vi è poi tanta differenza tra la scelta dei “residence” romani e gli alberghi o ricoveri presso strutture assistenziali, che vengono offerti, raramente, dai comuni in alcuni casi di sfratti eseguiti dove sono presenti minori. E’ un evidente sperpero di risorse pubbliche mai sufficientemente indagato, è la negazione dei più elementari diritti costituzionali.
Enrico Puccini non si ferma a ciò ma indica una interessante confronto con l’Europa. A parte la evidente e risaputa differenza di presenza di alloggi sociali tra i Paesi europei e l’Italia, Puccini ci aiuta a comprendere ancora meglio come la maggiore presenza di alloggi sociali si è associata, in Europa, con sussidi e contributi rilevanti che abbattono i canoni di locazione anche degli alloggi sociali garantendo al contempo la sostenibilità degli affitti e la possibilità di garantire le necessarie manutenzioni degli alloggi sociali, ossia della vivibilità degli stessi.
Questo stride fortemente con quanto avvenuto in Italia dove non solo la presenza di alloggi sociali è con tutta evidenza insufficiente, ma la qualità del vivere nelle case di edilizia residenziale pubblica è spesso pessima, a Roma sulla base dei dati forniti dal libro di Enrico Puccini si sostanzia in un fabbisogno di risorse da destinare alle manutenzioni di almeno 700 milioni di euro, questione che fornirebbe, anche, un formidabile volano occupazionale.
In Italia invece e al contrario del necessario assistiamo ad una miopia o vera e propria cecità, in materia di politiche abitative, al plurale perché ci sarebbe bisogno di politiche abitative che aggrediscono i vari segmenti del fabbisogno abitativo e del disagio abitativo. Come definire la, ancora, pervicace volontà di Governo, Regioni e Comuni nel perseguire la politica di sostegno all’acquisto in particolare per giovani coppie, quando a questi si offre un mercato del lavoro ad intermittenza, precario, pagato con voucher ?
Come è pensabile sostenere la sfida con la crisi economica se da una parte si tende sempre più ad immobilizzare un Paese con oltre il 70% di unità immobiliari in proprietà e dall’altra si sostengono politiche del lavoro basate oltre che sulla precarietà anche e soprattutto sulla mobilità. Basta vedere quanto successo nel comparto della scuola con professori, residenti a Palermo e magari inviati nelle valli bergamasche. Non può essere un caso che i Paesi europei dove gli effetti della crisi economica sono stati più pesanti sono Spagna, Italia e Grecia ovvero i Paesi europei dove l’incidenza degli alloggi in proprietà è più alta.
Quando, ad esempio, la Germania che è il motore dell’economia europea il 60% della popolazione vive in affitto e con forti sussidi all’affitto, questo dimostra la stretta correlazione tra lavoro e abitare. Uno slogan che riecheggia spesso afferma: “ Perdi il lavoro – Perdi la casa”. Casa e lavoro sono un binomio inscindibile non a caso l’innalzamento degli sfratti per morosità (incolpevole) corrisponde più o meno esattamente agli anni di crisi economica.
Nonostante ciò, in Italia, il Governo con la legge di bilancio per il 2016 ha proceduto all’azzeramento del fondo contributo affitto, riproposto anche nella legge di bilancio 2017 per gli anni fino al 2019. Quel contributo affitto che, come ben dettagliato nel libro di Enrico Puccini, dovrebbe essere uno dei pilastri per politiche abitative degne di questa definizione.
A Roma il contributo affitto ha consentito a oltre 13.000 famiglie di non cadere nel baratro dello sfratto per morosità, in Italia parliamo di 350.000 famiglie. Ora il Governo, le Regioni e i Comuni che non destinano risorse o ne destinano in forma residuale risorse a contributi per il sostegno alla locazione né perseguono seriamente il riuso dell’esistente a partire dall’enorme patrimoni del demanio civile e militare inutilizzato, scelgono la strada di aumentare il disagio abitativo, perché ancora ancorati a una strategia obsoleta che trascura il fabbisogno ma persegue la cementificazione del territorio a sostegno della rendita immobiliare e della speculazione.
Non a caso il Censimento Istat del 2011, ci dice che tra il 2001 e il 2011 in Italia si sono realizzate oltre 1,5 milioni di unità immobiliari ad uso abitativo, di queste forse meno dell’1% alloggi sociali a canoni “moderati” .
E che dire della legge sulla morosità incolpevole? Una legge che prevedeva, come giustamente sottolineato nel libro di Enrico Puccini, un percorso condivisibile ovvero la presa in carico da parte dei comuni degli sfrattati per morosità incolpevole, al fine di un accompagnamento sociale prioritariamente verso un nuovo contratto a canone agevolato, tentando di ridurre il peso delle famiglie con sfratto. La legge si basa su un contributo congruo (8000 euro ora passati a 12.000 euro) e sul fatto che i comuni stilassero un elenco delle famiglie con sfratto per morosità incolpevole per consentire ai prefetti di procedere alla graduazione degli sfratti questo per consentire ai comuni di avere il tempo necessario per l’accompagnamento sociale. Nulla di tutto questo è stato fatto anzi i Comuni, anche Roma, ha utilizzato, nella maggioranza dei casi le risorse solo per prorogare gli sfratti di qualche mese. Abbiamo, quindi, assistito ad un fallimento dovuto anche alla pretesa dei Comuni, come Roma, di limitare la definizione delle famiglie con sfratto per morosità incolpevole, applicando il decreto attuativo del ministero delle infrastrutture in maniera del tutto restringente.
Il risultato è che per il 2017 il Governo ha stanziato solo 36 milioni di euro a livello nazionale se solo rapportiamo queste risorse ai soli sfrattati per morosità del 2015 abbiamo un contributo possibile di circa 50 euro mensili, si cinquanta euro.
Il libro di Enrico Puccini non è solo una utile ed essenziale saggio, ricchissimo di dati ma affronta nella parte finale anche la questione delle proposte per politiche abitative attraverso le quali passare dall’emergenza abitativa a politiche strutturali e programmatiche basate sul fabbisogno reale come ben descritto da Enrico Puccini.
Proposte che a mio dire vanno prese in seria considerazione e credo debbano essere oggetto di approfondimento e implementazione, perché si tratta di proposte che si basano su una analisi rigorosa dei dati e del contesto vissuto dalle famiglie in disagio abitativo.
Sarebbe, infine, sbagliato catalogare, il libro di Enrico Puccini, di lettura “locale”. Quanto avvenuto a Roma, le condizioni del disagio abitativo, l’impatto urbanistico delle scelte passate e la netta necessità di procedere ad una concreta discontinuità in materia di politiche abitative, rappresentano una traccia di analisi che riveste un carattere nazionale.
Il mio auspicio e che il libro di Enrico Puccini sia letto anche al di fuori di Roma e che rappresenti un contributo scientifico per indicare un nuovo modello nazionale, regionale e comunale di politiche abitative qualificate, che non guardino, come fatto fino ad oggi, al solo fabbisogno della rendita e della speculazione immobiliare a forte impronta liberista, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti: 700.000 famiglie collocate nelle graduatorie comunali, costrette ad “abitare” una graduatoria, circa 80.000 sentenze di sfratto all’anno, il 90% per morosità, un patrimonio di edilizia residenziale pubblica composto da circa un milione di alloggi lasciati al degrado strutturale e umano, un patrimonio immobiliare demaniale civile e militare del valore di circa 60 miliardi di euro lasciato spesso vuoto, utile solo a valorizzazioni di tipo speculativo. E’ ora di invertire lo stato di cose presenti in materia di politiche abitative ed urbanistiche, il libro di Enrico Puccini è un contributo efficace e va in questa direzione. Buona lettura.
Massimo Pasquini