Anno 2009, il Veneto cambia pelle. Si guarda e non si riconosce, disfatto come una donna che abbia detto troppe volte sì. E allora si reinventa, e pensa che puntando verso il cielo potrà calpestare, e sotterrare agli occhi, ciò che negli ultimi decenni ha devastato. I suoi gioielli sono li, intatti: Treviso e Vicenza, o i borghi ai quali si arriva però pagando pegno e percorrendo strade mai sufficienti al traffico, attraversando selve di capannoni tra i quali sopravvivono, incredibili, case affiancate da collinette che hanno rappresentato il primo simbolo del benessere. Sono lì intatte Asolo (prediletta da Freya Stark, amata dalla Regina Madre), o Marostica: ma sono incastonate tra fabbriche e centri commerciali, tra insediamenti produttivi che fino a ieri marciavano a pieno ritmo e oggi hanno il fiato grosso. Il Veneto uscito dalla guerra con il fango alle caviglie, con la campagna che sembrava non avere mai fine, ha ricevuto in sorte di essere il cuore produttivo d`Italia; ben pochi i Brion, i Benetton - hanno avuto l’intelligenza di fare di una fabbrica un’opera d’arte contemporanea.
Decenni di produttività e benessere esagerati hanno lasciato cicatrici insanabili: capannoni a mangiarsi le campagne, e poi le casette dal disegno elementare per sottolineare i primi soldi, e adesso case su case tutte a schiera, tutte uguali in orrendi colori pastello, per accogliere i tanti stranieri chiamati a far marciare la grande locomotiva d’Europa. Oggi, mentre quelle case tutte uguali vivono la tragedia di famiglie strangolate da mutui che non potranno più pagare perché la crisi si è mangiata i posti di lavoro, lo spietato mercato del lusso detta le sue nuove leggi: si costruisca ancora, e meglio e sempre più in alto.
La crisi c’è, anche nel Veneto: ma è qui che, richiamati dalle capitali del mondo, arrivano i grandi architetti, mettono le loro firme su progetti verticali, promettono di cambiare, e lo cambieranno, lo skyline di questa parte del Nord-Est. E’ di Aurelio Galfetti, splendida nei suoi contrasti di rosso, la Torre del Net Center, diventata la porta di Padova per chi arriva da Est: un albergo, centri direzionali, uffici. Ambitissimi i più alti dei suoi 22 piani. Quasi poco, se passerà il progetto per l’area centralissima dell’ex gasometro: Boris Podrecca ci vede una torre che sfiora i cento metri, 140 mila metri cubi, il 70 per cento residenziale. Contrastato da Legambiente, ma sembra in dirittura d’arrivo; piccola sarà al confronto, con i suoi 10 piani, la Torre della Ricerca di Paolo Portoghesi, di fianco alla quale un altro grattacielo, progettato da Vittorio Gregotti accoglierà diverse realtà del mondo della ricerca scientifica (costo previsto: 120 milioni, 130 metri, 36 piani).
Mestre, da sempre concepita in altezza, ha una grande opportunità se vuole restare sulla scia. La città che nel suo panorama mette assieme il campanile di San Marco e la Fincantieri a Porto Marghera può occupare lo spazio in centro che fu dell’ospedale (ora trasferito in periferia a firma di un’altra archistar, Emilio Ambasz) con tre torri: progetto studio Glass, idea dell’architetto Giorgio Lombardi, scomparso due anni fa. Già vedeva avanti, a un Veneto proiettato sulle nuvole, quando aveva disegnato il progetto per il concorso: il complesso è pensato per centri commerciali, residenziali, direzionali.
Punta ai cento metri, anche se c’è chi vuole tagliarne 20.
Per Jesolo Lido, Kenzo Tange aveva firmato nel 1997 un master plan degno di Dubai, con otto torri. La prima, disegnata da Carlos Ferrater e chiamata Aquileia, arriva a 90 metri con le vele, a 73 con l’appartamento all`ultimo piano. Il complesso, in piazza Mazzini, è finito e i rogiti sono in corso. In piena recessione, il primo appartamento a essere venduto è stato naturalmente il più costoso, ultimo piano, esposizione fronte mare e vista San Marco: un milione di euro per 100 metri quadri, se l’è aggiudicato un imprenditore trevigiano che, per non sbagliare, si è comprato anche quello al piano di sotto, secondo in scala di valore. Salirà fino a 90 metri, in pineta, il grattacielo dei portoghesi Nunes e Birne.
Bassano del Grappa risponde con due torri frontali, di Paolo Portoghesi: ognuna, 60 metri. Italia Nostra è sicura che se ne possa fare a meno, l’associazione La Nostra Bassano ha fatto ricorso al Tar. E’ sempre Italia Nostra, ma questa volta con Legambiente, che contrasta a Verona lo spuntare di due giganti da cento metri al posto delle ex Cartiere: il consiglio comunale ha già approvato.
Il Festival delle Città Impresa, che nasce nel contesto culturale della rivista Nordesteuropa.it, quest’anno parlerà di sviluppo verticale per le città. Troppo lontano il grido del poeta Andrea Zanzotto, che si guardava intorno e si chiedeva «chi ci salverà dal cemento?». Erano solo tre, quattro anni fa; il Veneto, nel frattempo, ha già cambiato pelle.